Oltre al valore artistico, c'è il valore tecnico. Anzi, tecnico-tattico, se vogliamo fare un parallelo calcistico. Perché il cinema è sì arte, ma è anche un'industria capace di muovere cifre importanti (a dispetto di ciò che l'opinione generale può pensare), fondamentali per l'intero settore. Allora, se il 2023 si è chiuso con cifre in netta crescita rispetto al triennio 2020-2022 (qui la nostra analisi), il 2024 si apre alla grande, e con una sorpresa: uscito il 1 gennaio, Il ragazzo e l'airone di Miyazaki (qui la recensione) è il film più visto, sfiorando i 4 milioni in appena otto giorni di programmazione. Un successo emblematico, e forse sintomatico dello stato di salute delle nostre sale in relazione alla concezione che il pubblico ha (o può avere del grande schermo).
Se il 2023 è stato l'anno di C'è ancora domani, di Barbie, di Oppenheimer (100 milioni in tre), è perché lo spettatore, dopo la comodità istantanea dello streaming, ha (ri)cominciato ad alzare lo sguardo, preferendo visioni d'esperienza e di qualità. Quello di Miyazaki, dunque, è un discorso che prosegue in merito al nostro panorama, rafforzando le buone percezioni avute la scorsa stagione. Un successo che va doppiamente celebrato, quindi. Se un film che incassa è sempre qualcosa di positivo, è doveroso rimarcare quando un titolo di oggettiva qualità (o d'autore, se vogliamo) riesce ad ottenere un riscontro economico. Soprattutto, se consideriamo quanto il botteghino italiano sia tipicamente standardizzato e orientato (almeno fino a qualche anno fa) verso la commedia (che oggi stenta) o verso i grandi blockbuster americani.
Il ragazzo e l'airone di Hayao Miyazaki e i nuovi paradigmi animati
Tra l'altro, quello di Il ragazzo e l'airone è un trionfo sintomatico anche dal punto di vista 'animato'. Da diversi anni, infatti, l'egemonia Disney e/o Pixar sembra aver perso l'abbrivio, perdendo per strada sia gli incassi sia i premi più importanti dell'anno. Come nel caso dei Golden Globes. La vittoria di Miyazaki, come Miglior Film Animato ai Globes 2024, è in parte inaspettata quanto esplicativa: non solo l'ha spuntata su Wish e su Elemental (Disney, appunto), ma è riuscito ad imporsi sul favorito Spider-Man: Across the Spider-Verse. È chiaro che la poetica attuale, per quanto riguarda l'animazione, si sta sensibilmente spostando verso evidenze forse meno rumorose ma, qualitativamente parlando, sicuramente più clamorose.
Lo Studio Ghibli è quindi un esempio, riuscendo ad essere trasversalmente rilevante in una formula narrativa (nonché spirituale, se vogliamo) che aggancia una platea che va da 0 a 99 anni. La stessa peculiarità che ha (o che aveva) la Disney Pixar. Due modi di pensare e di raccontare, due visioni artistiche che vivono in relazione alle rispettive strutture: da una parte l'Oriente, dall'altra l'Occidente. E se l'arte ha anche il compito di anticipare o raccontare lo stato generale delle cose, non è un caso che la crisi dei valori occidentali sia acutizzata dal forte impatto che stanno avendo le opere orientali sull'immaginario collettivo di un pubblico sempre più grande (Suzume di Makoto Shinkai è un altro esempio).
Il ragazzo e l'airone, la spiegazione del finale: la drammatica bellezza di un mondo squilibrato
Un successo d'autore tutt'altro che isolato
Tornando in Italia, e tornando a parlare di sintomatologia del botteghino, il riscontro de Il ragazzo e l'airone non è un caso isolato, anzi. Pur con altri numeri, sono diversi i film lontani dal circuito mainstream ad aver raccolto ottimi incassi. Foglie al vento di Aki Kaurismäki viaggia intorno al milione di euro, mentre Un colpo di fortuna di Woody Allen ha superato i due milioni. Media strepitosa anche per un altro capolavoro, ovvero Perfect Days di Wim Wenders, capace di incassare quasi 700 mila euro (tutti e quattro i film, compreso Il ragazzo e l'airone, sono distribuiti da Lucky Red). Numeri importanti, se messi in relazione al numero di sale a disposizione in un periodo dell'anno tradizionalmente ingolfato.
Cosa vuol dire? Che parallelamente all'offerta generalizzata e di cartello (fondamentale per gli esercenti, per gli addetti ai lavori, per la filiera tutta), gli spettatori italiano hanno intrapreso una rivalutazione dello spazio cinematografico, dedicando tempo (e spendendo soldi) per quelle opere di forte necessità e di forte valore che, una decina d'anni fa, venivano captate solo da un numero ristretto di appassionati (Si alza il vento, uscito nel 2013, incassò appena 1 milione). Perciò, il successo di Hayao Miyazaki fa ben sperare: dopo decenni stantii, e dopo un triennio mozzato dalle chiusure, il grande cinema è tornato ad essere protagonista nel luogo dove merita di stare, senza nessun artificio e senza nessuna escamotage promozionale. Del resto, ciò che conta è la contestuale qualità di un film, e il (nostro) pubblico sembra essersene definitivamente accorto.