Il 1° ottobre 1991 arrivò in Italia uno dei prodotti più rivoluzionari del piccolo schermo americano: I Simpson, la serie animata che, grazie alla collaborazione fra Matt Groening, James L. Brooks e Sam Simon, aveva iniziato a conquistare il pubblico statunitense quasi due anni prima, dopo aver avuto una prima vita sotto forma di brevi intermezzi all'interno del Tracey Ullman Show. Ancora oggi è un fenomeno inarrestabile: oltre alla serie vera e propria, giunta alla ventisettesima stagione, esiste il lungometraggio cinematografico I Simpson - il film, senza dimenticare i fumetti, i videogiochi, varie altre forme di merchandising e persino le attrazioni nei parchi divertimenti (principalmente quello della Universal in Florida).
E sebbene a detta dei più la qualità media dello show si sia abbassata nel corso degli anni (convenzionalmente si tende a collocare questo "inizio della fine" intorno alla nona o decima stagione), la famiglia gialla di Springfield rimane una fonte solida di intrattenimento nel mondo intero, tant'è che quando la rivista inglese Empire ha stilato sul suo sito internet la lista delle migliori serie di sempre, I Simpson si è piazzata al primo posto. Noi non ci spingiamo fino a quel punto, ma nel campo dell'animazione, lontano dai prodotti live-action, sentiamo di poter affermare che, nonostante tutto, la creatura prediletta di Groening rimane imbattibile. Ecco i motivi principali.
1. È per tutti
In America I Simpson va in onda in prima serata, nel blocco di programmazione che la Fox ha battezzato Sunday Funday (precedentemente, quando tutte le serie di quella fetta di palinsesto erano animate, si chiamava Animation Domination). Questo suggerirebbe che lo show si rivolga prevalentemente ad un pubblico più adulto, ed è vero che spesso e volentieri sono state trattate tematiche non proprio adatte ai piccoli (il titolo di un celeberrimo episodio, Il Nonno contro l'incapacità sessuale, la dice lunga). In realtà rimane un prodotto fruibile da spettatori di tutte le età, con gag calibrate per diverse fasce anagrafiche, dallo slapstick più elementare a giochi di parole e riferimenti alla cultura popolare che verranno colti soprattutto da utenti più maturi. È questa la differenza maggiore tra I Simpson e altre serie animate "adulte" come I Griffin e South Park, che si rivolgono essenzialmente ad un target più specifico e a suo modo limitato (questo vale soprattutto per I Griffin, dove l'esito comico di molte gag richiede da parte del pubblico una conoscenza enciclopedica della cultura popolare americana non tanto diversa da quella del creatore Seth MacFarlane). Inoltre, a differenza degli imitatori, la serie di Groening ha un cuore che batte in continuazione, senza cedere al cinismo o alla cattiveria gratuita.
2. Cinefilia
L'approccio generalista dello show è riscontrabile anche nel modo in cui adopera il meccanismo obbligatorio della citazione cinematografica (e ogni tanto anche televisiva), omaggiando e/o parodiando liberamente ogni tipo di film, da classici come Casablanca e Il padrino a blockbuster di successo come Transformers, senza che l'ammiccamento abbia la meglio su tutti gli altri ingredienti dell'episodio. E questa cinefilia è sempre esibita con rispetto ed ammirazione, con alcuni titoli che fanno capolino ripetutamente: i produttori hanno affermato in un'intervista che lo spettatore potrebbe, in teoria, ricostruire l'intera trama di Quarto potere a partire dalle citazioni simpsoniane, e lo stesso vale sia per la trilogia de Il padrino che per alcuni film di Stanley Kubrick (al quale è stato dedicato un episodio speciale). E pensare che c'è ancora chi dice che i cartoni animati sarebbero diseducativi.
3. Homer e Bart
In fondo in fondo si vogliono bene, ma è sempre un grande piacere vedere il padre strangolare il figlio chiamandolo "bacarospo". Parliamo dei due maschi della famiglia, Homer e Bart, rispettivamente un fannullone patentato e l'enfant terrible per eccellenza (d'altronde il nome del ragazzo è un anagramma di brat, "monello"). Da soli o in tandem, questi due sono al centro di molte delle gag più riuscite e in molti casi il nucleo emotivo dello show. Tutto questo senza dimenticare il loro impatto culturale, che nel caso del patriarca si estende fino all'evoluzione della lingua inglese: dal 2001, l'Oxford English Dictionary contiene anche la parola "D'oh!", celebre esclamazione di Homer dopo aver commesso una qualunque sciocchezza.
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4. Harry Shearer
Senza nulla togliere all'ottimo doppiaggio italiano, uno dei piaceri maggiori legati alla serie è vederla in lingua originale per ammirare il talento del cast principale, dal momento che tutti i doppiatori fissi - eccetto Yeardley Smith, la voce di Lisa - interpretano almeno cinque personaggi a testa. E al di fuori della famiglia Simpson vera e propria, il contributo più notevole è quello di Harry Shearer, veterano delle commedie di Christopher Guest, che in sede di interviste ama affermare che presta regolarmente la sua voce a una dozzina di personaggi, "con l'aggiunta di Dio, Satana e Hitler per arrotondare". Per l'esattezza, i personaggi fissi doppiati da Shearer sono, tra gli altri, Mr. Burns, Smithers, Kent Brockman, Ned Flanders, il reverendo Lovejoy, Otto, il direttore Skinner e il dottor Hibbert. Un bel gruppetto, che ha rischiato di subire alterazioni lo scorso anno, quando Shearer - da anni apertamente critico nei confronti della qualità della serie, a partire dal controverso episodio Il direttore e il povero - annunciò di voler lasciare il programma per una disputa contrattuale. Per fortuna la situazione è stata risolta, perché senza di lui, forse più di ogni altro doppiatore con l'eccezione di Dan Castellaneta (la voce di Homer), la serie non sarebbe la stessa.
5. Le guest star
Altro motivo per vedere lo show in originale: gli ospiti, che spesso e volentieri interpretano "se stessi" con deliziosa autoironia, consapevoli del fatto che la parodia nasce con intenzioni positive (l'esatto contrario di South Park, dove le celebrità vengono figurativamente - e anche letteralmente - massacrate e ogni episodio si apre con la precisazione che le voci famose sono tutte imitazioni pessime). Tra queste comparsate è impossibile non menzionare divi come Mel Gibson, Mark Hamill o Leonard Nimoy, ma anche politici del calibro di Al Gore e Tony Blair (la partecipazione di quest'ultimo costrinse lo showrunner Al Jean a registrare le battute in appena quindici minuti, all'interno della residenza dell'allora Primo Ministro inglese). Ma vi sono anche molti attori che, o per una puntata sola o per episodi multipli nel corso degli anni, hanno prestato la voce - inizialmente con uno pseudonimo, come fecero Dustin Hoffman e Michael Jackson - a personaggi creati appositamente per lo show, come la madre di Homer doppiata da Glenn Close o l'impareggiabile Telespalla Bob interpretato da Kelsey Grammer. Uno di questi ospiti ricorrenti, Joe Mantegna, è talmente affezionato al suo personaggio - il gangster Tony Ciccione - che si è fatto promettere dai produttori che non verrà mai sostituito da un altro doppiatore.
6. Autocritica
Considerato il suo spirito irriverente, non sorprende che I Simpson frequentemente prenda di mira la propria casa, il canale Fox, con frecciatine più o meno velate nei confronti della qualità media dei suoi programmi e altre caratteristiche. Più inaspettato, invece, il fatto che la serie rifletta su se stessa, in chiave autoironica. Di solito ciò accade in occasioni di puntate speciali come gli episodi-anniversario, dove le regole classiche vengono infrante, ma può capitare che aspetti discutibili dello show vengano problematizzati anche nelle storie regolari. Un esempio recente è la ventiseiesima stagione, contenente un episodio tutto incentrato su Apu e il presunto ritratto negativo dell'India che emerge dalla sua caratterizzazione (d'altronde lo stesso Hank Azaria, che gli presta la voce, ha affermato che il personaggio è nato in modo abbastanza caricaturale). Il tutto realizzato con una sincerità che ne I Griffin e affini manca quasi del tutto, nonostante la presenza di gag apparentemente autoriflessive.
7. Halloween
Anche nelle annate più deboli, gli speciali di Halloween rimangono una garanzia di intrattenimento, tra citazioni e svolte macabre che, in quanto fuori dalla continuità regolare della serie, non risparmiano nessuno. Da Bart che ha un gemello cattivo in soffitta a Maggie che in realtà è la figlia dell'alieno Kang (presenza fissa di questi episodi insieme al collega Kodos), il mondo che conosciamo viene stravolto con gioia e brio all'insegna del brivido e del divertimento. Memorabili anche le variazioni della celebre sequenza d'apertura e dei titoli di coda, dove i nomi di cast e troupe vengono alterati in chiave horror (più o meno fissi quelli dei creatori, che diventano per esempio Rat Groening e James Hell Brooks). E a proposito dell'apertura...
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8. La sigla
Efficace e imprescindibile, lo spezzone che inaugura ogni singolo episodio - con minime variazioni nell'arco di 27 stagioni, principalmente un accorciamento per questioni di durata e un upgrade in occasione del passaggio all'alta definizione - è un piccolo gioiello, sia per le immagini che riassumono in modo ideale lo spirito della serie e le personalità dei protagonisti (in primis la celebre gag di Bart alla lavagna) che per il motivetto composto da Danny Elfman, il musicista di fiducia di Tim Burton e Sam Raimi. Lo stesso Elfman, che ha firmato colonne sonore indimenticabili per il cinema (Edward mani di forbice, Spider-Man) e conquistato tre nomination all'Oscar, ha affermato in almeno un'occasione che molto probabilmente sulla sua lapide la sua carriera verrà menzionata con un solo esempio: "Ha scritto la sigla de I Simpson". Decisamente niente male come epitaffio.
9. La gag del divano
Anche i più incalliti detrattori delle stagioni recenti dello show concordano su una cosa: le puntate in sé possono essere mediocri, ma uno dei capisaldi della sequenza d'apertura rimane epocale. Stiamo parlando della cosiddetta couch gag, il siparietto del divano, con tutta la famiglia seduta davanti alla TV. Nei primi anni si alternavano una manciata di varianti, con qualcosa di più insolito per gli episodi di Halloween, ma da alcuni anni a questa parte la realizzazione di questa gag visiva, che è stata oggetto di parodia anche all'interno della sequenza stessa (il fumettaro la commenta con la sua celebre frase ad effetto: "Worst. Couch gag. Ever."), si è trasformata in una vera e propria arte, tra omaggi a film e serie TV di successo (Lo Hobbit, Il trono di spade, la filmografia di Hayao Miyazaki) e la partecipazione creativa di artisti - cinematografici e non - del calibro di Guillermo del Toro e Banksy. In occasione di queste ospitate dietro le quinte la couch gag viene addirittura postata con qualche giorno di anticipo sul canale YouTube di Animation Domination, acquistando effettivamente lo statuto di cortometraggio a sé.
10. Grattachecca e Fichetto
Ci ha provato anche South Park con i personaggi di Terrance e Philip (Trombino e Pompaduro in italiano), ma l'esempio ineguagliabile di serie all'interno della serie con chiare intenzioni satiriche rimane quello di Itchy & Scratchy, ossia Grattachecca e Fichetto. Nato come risposta alle critiche sui contenuti "indecenti" de I Simpson, questo cartoon ultraviolento su un gatto che si fa continuamente smembrare da un topo mette alla berlina i preconcetti su quello che una serie animata può o non può mostrare, con risultati esilaranti. Inoltre, per la gioia dei cinefili, molte delle citazioni più carine fanno capolino proprio negli sketch di Grattachecca e Fichetto, da Fantasia a Le iene, fino ad arrivare alla sequenza d'apertura del film che cita 2001: Odissea nello spazio e West Wing.