I Am the Pretty Thing That Lives in the House: Un buon film per Halloween grazie a Netflix

La piattaforma di streaming ci regala un bel pezzo di cinema di genere, presentando (quasi) in esclusiva l'opera seconda del figlio d'arte Oz Perkins.

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La giovane Lily viene assunta come badante per occuparsi di Iris Blum, scrittrice di successo ormai immobilizzata a letto. Col passare del tempo, Lily comincia a sospettare che Iris, autrice di romanzi horror, si sia ispirata ad un vero omicidio avvenuto nella propria casa per il suo libro più famoso. Mentre la giovane indaga sulla misteriosa Polly, che Iris menziona regolarmente, si fa però sempre più viva la sensazione che qualcosa di sovrannaturale si aggiri nei corridoi dell'abitazione...

Tale padre, tale figlio

Chi era al Torino Film Festival lo scorso anno avrà forse visto il film horror The Blackcoat's Daughter (allora intitolato February), una storia tutta al femminile con protagonista Emma Roberts. Quello era il lungometraggio d'esordio del regista Oz Perkins ("presente" al festival anche con un altro film, The Girl in the Photographs, di cui era solo sceneggiatore), un cineasta che ha il brivido nel sangue, letteralmente. Egli è infatti il primogenito di Anthony Perkins, il mai dimenticato Norman Bates di Psycho, e ha mosso i primi passi nel cinema come attore interpretando proprio Norman da giovane, nel deludente Psycho II. Da allora ha recitato in altre produzioni cinematografiche e televisive slegate dal genere "di famiglia", come La rivincita delle bionde, Alias e Non è un'altra stupida commedia americana, prima di tornare ad atmosfere da brivido scrivendo le sceneggiature dei thriller Removal e Fredda è la notte.

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February: una scena tratta dal film
February: una scena tratta dal film

Infine, nel 2015 è avvenuto il passaggio definitivo dietro la macchina da presa con il suddetto The Blackcoat's Daughter, una pellicola affascinante e ambiziosa ma anche, a detta di chi scrive, un po' troppo teorica, ossessionata dal proprio pedigree di genere e poco attenta alla psicologia dei personaggi. In ogni caso è stato un debutto a suo modo forte, abbastanza solido da lanciare Perkins come nome da tenere d'occhio e conquistare il sostegno produttivo di Netflix per la sua opera seconda, I Am the Pretty Thing That Lives in the House, che ha debuttato al Festival di Toronto il mese scorso e adesso può spaventare tutti gli utenti della piattaforma di streaming, giusto in tempo per Halloween. Una scelta azzeccata, poiché il film fa quello che ha già fatto in aprile Hush - il terrore del silenzio di Mike Flanagan, vale a dire proporre un'alternativa valida al catalogo horror "classico", piuttosto fiacco, di Netflix.

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Non entrate in quella casa

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Come nel film precedente, Perkins concentra l'azione in un unico luogo, ancora più limitato rispetto al collegio innevato di The Blackcoat's Daughter. Questa volta siamo in una casa che sembra uscita dalla prosa di Shirley Jackson, nome imprescindibile della narrativa del brivido e autrice del celeberrimo romanzo L'incubo di Hill House, da cui Robert Wise ha tratto il suo capolavoro Gli invasati. L'influenza della scrittrice è evidente sia nella figura di Iris, presenza breve ma memorabile affidata all'attrice Paula Prentiss (scelta in quanto amica di famiglia), che nella struttura narrativa, che prende in prestito un meccanismo il cui uso dovrebbe suggerire ai conoscitori di genere dove andrà a parare il racconto. Non che ciò sia un difetto, anzi: Perkins gioca abilmente con le aspettative del pubblico, creando una suspense graduale ed ipnotica che si avvia inesorabilmente verso una risoluzione che è contemporaneamente prevedibile e sorprendente. Il risultato è forse meno impressionante sul piano tecnico rispetto all'esordio di Perkins, ma più coinvolgente, anche toccante, a livello narrativo e recitativo.

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"Quella cosa bella che vedete sono io..."

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Un'altra caratteristica sopravvissuta al passaggio a Netflix è la predominanza di ruoli femminili, o meglio di un ruolo femminile, dato che la pellicola è sostanzialmente dominata da Lily (Iris è quasi un cameo, così come l'unica presenza maschile di rilievo, che ha il volto di Bob Balaban). Occorreva quindi trovare un'attrice capace di reggere sulle proprie spalle un intero film di 90 minuti, con un misto di grazia, innocenza e terrore. Tre caratteristiche che emergono nei momenti giusti dalla performance di Ruth Wilson, un miscuglio di intensità e vulnerabilità che ci seduce dalla prima inquadratura fino al malinconico epilogo. Per chi è in astinenza da The Affair, la cui terza stagione inizierà in America il 20 novembre, questo è un ottimo modo per ricordarci quanto l'attrice inglese meriti molta più attenzione rispetto ad altri volti più noti ma anche più vacui.

Movieplayer.it

3.5/5