Homecoming è il vero esordio di Julia Roberts nel mondo della serialità, almeno da protagonista, visto che si era sempre limitata a singoli episodi in vari show sin dai tempi di Miami Vice, fino a Murphy Brown e Law & Order - I due volti della giustizia (ma tutti ricorderanno l'episodio di Friends che l'ha vista Guest Star nel 1996). Nella serie di Sam Esmail per Amazon Prime Video è invece la dottoressa Heidi Bergman, impiegata in una divisione segreta del governo che si occupa di assistere i soldati nella loro transizione verso la vita da civili. Un ruolo che diventa duplice nella complessa architettura della serie, che si sviluppa su due piani temporali diversi e porta l'attrice a interpretare due momenti diversi della vita del suo personaggio.
Di questo approccio, dell'ispirazione della serie - qui potete leggere la nostra recensione dei primi episodi di Homecoming e di come abbia affrontato il passaggio verso il mondo delle serie TV abbiamo parlato con Julia Roberts e l'autore Sam Esmail nel nostro incontro di Londra, nel corso di una giornata di full immersion nel mondo degli show di punta targati Amazon Studios, quelli che vedremo da qui in avanti sul servizio streaming del colosso dello shopping, Prime Video. Sorridente e puntuale nelle risposte, l'attrice è sembrata a suo agio nel raccontare la sua Heidi così come nell'interpretarla, esordendo con un "Non state morendo dalla voglia di sapere cosa accade?!" nello scoprire che noi giornalisti avevamo avuto modo di visionare soltanto i primi quattro episodi di Homecoming.
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L'origine di Homecoming
Ci potete dire qualcosa in più riguardo l'ispirazione per questa serie così paranoica, che ricorda un certo tipo di thriller anni '70 come quelli di Alan J. Pakula o Brian De Palma?
Sam Esmail: È quello che ho pensato ascoltando le prime volte il podcast, mi ha colpito quell'atmosfera di paranoia e come si concentrava molto sui personaggi. Un regista come De Palma è tra le ragioni che mi hanno spinto a fare il filmaker, mi faceva impazzire guardare ognuno dei suoi film e li riguardo in modo ossessivo per ammirare una particolare sequenza o una inquadratura specifica. E i thriller politici di Pakula, con le musiche così iconiche di Michael Small, sono veri e proprio capolavori per me e mi sono rivolto a quelle atmosfere quando si è presentata l'occasione di girare Homecoming, volevo catturare il loro tono il più possibile. Ovviamente siamo in tempi diversi, la tecnologia e la società hanno sicuramente a che fare con questo senso di inquietante paranoia che proviamo oggi, penso che sia qualcosa che si percepisce nell'aria e si ricollega con l'atmosfera del genere.
Julia Roberts: Posso dire solo una cosa su Alan J. Pakula e Sam Esmail, avendo avuto la fortuna di lavorare con entrambi: non troverete nessun altro così coinvolto nel metterti a disagio. Ma sono anche le persone più gentili e felici con cui abbia lavorato, ed è interessante che tale gioia nel lavorare con loro derivi dalla loro capacità di mettere le persone così a disagio.
Come mai avete deciso di raccontare questa storia sui veterani e i militari in generale?
Sam Esmail: C'è un aspetto interessante del podcast, ovvero se tu avessi la possibilità di cancellare un trauma piuttosto che affrontarlo, che faresti? E quali sarebbero le implicazioni morali di ciò, come le affronteresti se fossi la terapista incaricata di seguire queste persone? E che tipo di società sarebbe una in cui si può prendere una pillola e cancellare ogni esperienza negativa? Sono le domande che i nostri autori hanno tenuto in mente in tutte le loro implicazioni nel condurci al finale di stagione.
Quanto si è ispirata al podcast e in particolare al lavoro di Catherine Keener
Julia Roberts: Se solo fossi stata in grado di ispirarmi al lavoro di Catherine al 100%, l'avrei fatto. Perché è una mia grande amica, una grande attrice ed ha una voce meravigliosa, con quel modo così particolare di seguire il flusso di una frase. Ma non ne sarei stata capace e abbiamo cercato di estrapolare nuovi concetti da diverse idee di questi personaggi, non è stato un semplice ri-raccontare il podcast, ma una reinterpretazione di alcune delle cose che avvengono, con i personaggi che seguono percorsi diversi, cercando di fare qualcosa di nostro e originale.
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Sul set di Homecoming
Ci dite qualcosa anche dei colori scelti per la serie?
Sam Esmail: Anche per questo aspetto ci siamo ispirati a quei classici degli anni '70. Volevamo avere quel tipo di palette di colori, anche se devo dire che da questo punto di vista siamo stati molto ispirati dalle scelte della nostra scenografa Anastasia White. Quello che abbiamo voluto fare, insieme al direttore della fotografia Tod Campbell, è di distinguere chiaramente le due linee temporali: le sequenze nel 2018 sono più colorate, più sature, mentre quelle nel futuro, nel 2022, sono più piatte e slavate, per accrescere quella sensazione che manchi qualcosa, che il suo mondo sia un po' più piccolo. È un qualcosa che abbiamo definito sin dall'inizio, da quando abbiamo parlato del look generale della serie.
In Homecoming ci sono diverse scene al telefono. Come ci avete lavorato?
Sam Esmail: Le telefonate tra Julia e Bobby Cannavale sono state incredibili, hanno fatto realmente delle telefonate.
Julia Roberts: Sam ti fa andare sul set anche se non sei nella scena, anche se sei fuori campo. Ti fa sedere in un'altra stanza per fare la telefonata. A volte c'erano dei monitor che ti permettevano di vedere cosa accadeva nell'altra stanza, a volte ne eri all'oscuro. E penso che sia fantastico che faccia una cosa del genere.
Sam Esmail: Ci può essere un supervisore alla sceneggiatura o qualcun altro che legge le battute dell'interlocutore, o si possono usare altri mezzi per fare un lavoro del genere, ma secondo me in questo modo viene a mancare quell'energia che si crea tra i due attori. Sono scene importanti, in cui penso che sia importante che ognuno dei due fornisca stimoli all'altro. È come se avessero girato realmente la scena insieme, anche se non erano fisicamente sul set insieme.
Julia Roberts: Ed è stato così strano quando alla fine siamo stati in scena insieme! Ci eravamo incontrati, ovviamente, ma non avevamo mai condiviso lo spazio sullo schermo, e quando finalmente lo abbiamo fatto, è stato strano.
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Julia Roberts, dal cinema alla TV... e ritorno
La popolarità delle serie è in crescita e stanno prendendo sempre più il posto dei film. Com'è lavorare in una serie rispetto a un film?
Julia Roberts: Posso dire com'è costruire un personaggio con più tempo a disposizione, che è il tempo che si aveva nel fare film quando ho iniziato a lavorare per il cinema. Nella prima parte della mia carriera si aveva più tempo, potevo lavorare a un personaggio da tre a sei mesi. Ma non è il modo in cui si lavora oggi, è tutto molto più veloce. Ed è bello avere il tempo per creare ed espandere il personaggio. Homecoming è composta da episodi di mezz'ora e mi aiuta avere tutti quelli piccoli compartimenti separati, di avere tutti i pezzi a disposizione per ogni singolo episodio, ma lavorarci in modo che ognuno sia connesso a tutti gli altri. Per me, come attrice, non è stato molto diverso dal lavorare a un film e un elemento importante è stato che Sam ha diretto in prima persona tutti gli episodi, perché avevo bisogno di sapere di essere in sintonia dal punto di vista artistico con il regista, senza dover ricominciare da zero per ogni nuovo episodio. Questo è l'aspetto che ha reso l'esperienza incredibile per me.
Lei è anche produttrice di Homecoming, com'è stata l'esperienza?
Julia Roberts: Mi sa che tanti giornalisti si stanno accorgendo solo ora del fatto che ho una casa di produzione. Quando produci qualcosa riesci a esserci sin dalle basi, mentre come attrice molte delle cose che ti arrivano sono già avviate e non hai una visione ampia del progetto. Mi piace invece poter far parte dei giochi in una fase preliminare del processo produttivo, perché mi piace il gioco di squadra e non apprezzo essere per conto mio.
È più difficile il lavoro di produzione per una donna oggi a Hollywood?
Julia Roberts: Non sono mai stata un produttore uomo, quindi non so fare un confronto realistico. Penso però che stiamo cercando una nostra voce, ma è un argomento molto complesso che richiederebbe un diverso approfondimento. Posso dire, però, che dei passi sono stati fatti ed è importante.
Molti suoi fan la vorrebbero vedere in una commedia, in una serie come Il matrimonio del mio migliore amico - 20 anni dopo...
Julia Roberts: Beh, quello che molti non hanno capito è che questa serie è il seguito de Il matrimonio del mio migliore amico (ride). Quello è il film preferito di Sam tra quelli che ho girato, per questo quando si è iniziato a cercare l'interprete per il mio fidanzato, ha proposto Dermot Mulroney. Ne sono stata felice perché è mio amico, ed è molto ironico e perfetto per la serie, una specie di versione "chi la fa l'aspetti" di quello che era il nostro rapporto in quel film.
Oltre a Homecoming, è in arrivo Ben is Back. Cosa significa per lei essere coraggiosa nelle sue scelte?
Julia Roberts: Mi dà la possibilità di esaminare personaggi che sono in situazioni diverse dalla mia, che è quello che da attrice mi interessa fare, non voglio dipingere versioni diverse di me stessa, ma scovare informazioni sugli altri, su come funzionano e come vivono le loro esistenze. È una delle cose migliori di essere una persona creativa e questo guida la mia vita e le mie scelte. E penso di essere stata molto fortunata con i due ruoli che ho interpretato nell'ultimo anno.