Heroes - Stagione 3, episodio 17: Cold Wars

Ancora un episodio non esaltante dal punto di vista della trama che serve solo da riepilogo per spiegare meglio lo scenario dell'azione e collocare i personaggi su uno scacchiere già visto e rivisto più volte durante la serie.

Lo spettatore attento alle dinamiche della serie non sarà rimasto di certo sorpreso da questo episodio, sicuramente d'azione, ma che poco aggiunge alla trama e che resta ormai ancorato saldamente alla parabola discendente che sta caratterizzando questa terza stagione di Heroes. Nello specifico, tutto ciò che accade in Cold Wars è semplicemente il racconto fatto attraverso i ricordi di Noah Bennet, ricordi che descrivono le modalità con cui quello che era l'uomo della Compagnia diventa uomo del Governo, teoricamente al servizio di Nathan Petrelli, ma in realtà diretto esecutore degli ordini del gelido cacciatore di eroi, Danko.
Attraverso questa rivisitazione del passato assistiamo ad una spiegazione del piano del senatore Petrelli e apprendiamo del suo intento primario: segregare le persone dotate di poteri per tenere al sicuro il mondo e tentare di trovare una cura che li riconduca ad una vita normale. Progetto di cui eravamo già al corrente, ma che dimostra ulteriormente i problemi narrativi in cui si sta imbattendo la serie sin dalla pausa forzata dovuta, durante la scorsa stagione, allo sciopero degli sceneggiatori.
I ricordi di Noah, tranne forse la rivelazione finale a cui giungeremo più avanti (ma che comunque non ha l'effetto sorpresa sperato perché facilmente ipotizzabile dall'inizio), non costituiscono quindi fonte di informazioni utili per lo spettatore e ci lasciano con la sensazione di aver assistito ad un altro episodio sfruttato male e poco incisivo.

Alla fine della puntata precedente avevamo assistito al rapimento di Noah da parte di Matt, Peter e Mohinder e nell'apertura di Cold Wars comprendiamo che il piano è in realtà stato elaborato da Matt con la riluttanza evidente di Mohinder e l'accettazione di Peter, consapevole della mancanza di alternative alla violenza. L'idea è penetrare nella mente di Bennet per scoprire il piano e il modus operandi degli agenti sguinzagliati da Nathan contro gli eroi.
Il primo ricordo di Noah risale a cinque settimane prima ed è una conversazione avvenuta su di una panchina con Angela Petrelli. La donna, anche se dispiaciuta, congeda Noah e come ricompensa per tutti i servizi resi alla Compagnia gli consegna una busta chiusa contenente una somma in denaro come buonuscita e un orologio d'oro. Ma l'ormai baby pensionato Noah non ha intenzione di adattarsi a seguire il consiglio di Angela e di lasciar perdere la missione della Compagnia, che ricordiamo essere quella di nascondere agli occhi del mondo le persone dotate di abilità speciali e di tenere incarcerati solo quegli elementi più pericolosi per la società.
E infatti, e questo lo apprendiamo durante la seconda intrusione di Matt all'interno della mente di Bennet, quando quattro settimane prima arriva Nathan a fargli visita, Noah accetta immediatamente di collaborare con il governo, anche se contesta la decisione del giovane senatore di aver rivelato un segreto tanto pericoloso. Il passo successivo di Noah è mostrare a Nathan il lavoro svolto durante i suoi vent'anni di attività e a questo scopo lo conduce in un magazzino dove sono custoditi centinaia di fascicoli contenenti informazioni, armi e denaro.
L'ubicazione di tale locale e la combinazione del lucchetto che lo tiene chiuso ovviamente vengono a conoscenza anche di Matt che immediatamente le segna su un foglio, così da poter impossessarsi di materiale prezioso per la loro resistenza.
Mohinder, però, contrario sin dall'inizio all'operazione su Bennet, continua a fare opposizione adducendo come motivo lo stress fisico e psicologico inferto al prigioniero e accusa Matt sostenendo che le intenzioni dell'ex poliziotto sono solo legate alla vendetta per la morte di Daphne. Tra i due scoppia una lite furiosa e Peter, per controllare se le informazioni nella mente di Noah sono realmente attendibili, decide di recarsi al magazzino e lascia da soli i suoi due amici a continuare l'interrogatorio.
Matt, infatti, insiste e recupera il ricordo del primo incontro tra Bennet e Danko all'interno dell'edificio 26, quartier generale dei "cacciatori", incontro che mostra la palese incompatibilità tra i loro metodi operativi e che si conclude con la consapevolezza da parte di Noah di non essere lui il capo, ma solo esecutore degli ordini di Danko.
Alla fine del colloquio, Bennet sale su un taxi e alla guida chi può esserci se non Mohinder Suresh? Coincidenza? Caso? Incontro voluto da Noah? Non lo sappiamo, però di certo Bennet mette al corrente lo scienziato delle intenzioni di Nathan, ma il ricordo si interrompe prima che Mohinder possa dare una qualsiasi risposta e ciò scatena l'ira di Parkman convinto che l'ostilità di Suresh verso la lettura della mente di Bennet non sia dettata da motivi umanitari, ma era volta ad evitare che i suoi compagni d'avventura scoprissero che lui era già a conoscenza di quanto stava per accadere. Lo scontro fisico tra i due è inevitabile e Noah, ormai non più sotto l'effetto del narcotico, ne approfitta, si libera dalle corde e scappa.
Intanto Peter è giunto al magazzino, ma mentre è intento a rovistare tra l'attrezzatura di Bennet viene avvistato da una telecamera di sorveglianza e Danko invia subito una squadra per arrestarlo, cosa non semplice perché il giovane appena si accorge dell'arrivo dei militari fugge via in volo e ritorna al motel dove soggiorna con gli amici giusto in tempo per riacciuffare il fuggitivo Noah e riportarlo in camera così da proseguire l'interrogatorio.
Matt ancora una volta si fa strada tra i ricordi dell'uomo e riesce a "vedere" il momento in cui Bennet si reca a casa di Danko per assicurargli la sua più totale collaborazione e dedizione, ma la cosa utile per Parkman è soprattutto venire a conoscenza dell'ubicazione dell'appartamento perché in questo modo può inviare Peter sul posto per poter sistemare definitivamente la questione con Danko.
Peter parte in volo nonostante Noah lo metta in guardia sulla pericolosità dell'operazione, ma non è l'unico problema che i nostri ribelli si trovano ad affrontare. Una squadra speciale, infatti, ha rintracciato il motel dove sono rifugiati e si sta recando sul posto per arrestarli tutti.
Bennet a questo punto gioca la sua ultima carta e rivela a Parkman che Daphne non è morta, ma solo ferita e prigioniera all'interno dell'edificio 26. Matt per avere la conferma di ciò legge ancora una volta nella mente dell'uomo e scopre che sta dicendo la verità. Ma i militari sono ormai giunti, Mohinder per guadagnare tempo prezioso li affronta e viene catturato, ma è tutto inutile perché dopo qualche istante anche Matt viene circondato e arrestato.

Peter, arrivato a casa di Danko, affronta finalmente faccia a faccia il proprio aguzzino, ma l'arrivo di Nathan provvede ad interrompere la sua azione. Nulla di fatto quindi, il giovane Petrelli è costretto a fuggire, ma ancora una volta arriva provvidenzialmente in tempo per liberare Matt, scortato fuori dal motel dai soldati.
Sorte peggiore è invece quella di Mohinder che, prigioniero ormai di Nathan, si trova incatenato nelle celle dell'edificio 26. Petrelli gli chiede di collaborare per portare a termine gli studi cominciati alla Pinehearst per sottrarre le abilità speciali e rendere normali coloro che le possiedono. Il rifiuto di Mohinder e il proseguire nella resistenza, sostiene Nathan, ha un unica conclusione: la condanna a morte di tutti i mutanti.
Mohinder dovrà quindi decidere se aiutare il senatore con i suoi studi e conoscenze o resistere nella lealtà verso i propri amici.

Ma torniamo a Bennet che è finalmente libero e sembra aver guadagnato la fiducia di Danko, però sul finire dell'episodio abbiamo forse la rivelazione più interessante quando Noah si siede ancora una volta su una panchina dove è già accomodata una donna: Angela Petrelli.
Il loro piano è quindi riuscito, Noah è infiltrato nell'organizzazione governativa e obbedisce in realtà agli ordini della matriarca di casa Petrelli nel tentativo di proseguire la missione della Compagnia.
L'epilogo di Cold Wars riguarda però ancora una volta Matt e Peter che si trovano nello studio che fu di Isaac Mendez a New York. Parkman ha appena finito di dipingere il futuro e i quadri mostrano lui stesso chiaramente in missione suicida e probabilmente causa di una nuova, disastrosa esplosione che sconvolgerà il futuro del mondo. E' necessaria, quindi, l'ennesima corsa contro il tempo per evitarla, ma ormai abbiamo il timore che questo espediente narrativo abbia esaurito il suo fascino.