Nei miei viaggi ho imparato che ci sono due categorie di dei. Coloro che fanno del male e coloro che non fanno niente. Devo ancora decidere quale sia più degna della mia collera
Gorr, il Macellatore di Dei è uno dei migliori villain mai apparsi sulle pagine a fumetti della Casa delle Meraviglie. Nato all'interno del rilancio editoriale Marvel Now! e creato da Jason Aaron, il personaggio nemesi di Thor vive di una forza concettuale potente e raffinata, di un feroce fascino collerico e di una missione vitale che lo completa e totalizza. Tra la tavole di Esad Ribic si muove su tre piani temporali differenti, massacrando ogni divinità sulla sua strada, smembrandole e dissanguandole senza pietà, guidato da un rancore millenario, cieco e inesauribile. Una creatura dell'odio che dell'odio ha fatto la sua arma, impugnandola in una crociata universale volta al massacro senza eccezioni di ogni dio esistente o esistito. Un personaggio complesso e attraente che trova nelle sue convinzioni senso di esistere e combattere, ricco di connaturate ed elaborate contraddizioni che lo rendono "umano" e "divino" allo stesso tempo, una figura completa e mai banale, di grande impatto. L'uscita di Thor: Love and Thunder di Taika Waititi al cinema, dove sarà interpretato da Christian Bale, è l'occasione giusta per parlarne.
Le origini del Macellatore
Abitante di un mondo arido senza nome, prima di diventare il Macellatore di Dei Gorr era marito e padre di famiglia. Un buon uomo devoto alle divinità del suo pianeta, unica via di fuga da una vita di condanne e sacrifici. "L'oppio dei popoli", diceva Marx riguardo le religioni, e in effetti le preghiere di Gorr, di sua moglie e dei suoi figli erano il solo anti-dolorifico per l'anima in una terra senza verde, perennemente illuminata da un sole intramontabile, senza piogge, senza futuro. Vagavano senza meta, per fuggire da invasori senza nome, rifugiandosi all'interno di salvifiche caverne che potevano nasconderli e proteggerli dal caldo infernale e dalla disidratazione. Pregavano e speravano, finché un giorno la moglie di Gorr venne uccisa da un crollo improvviso di una grotta e il figlio morì di malattia. Nessun dio era intervenuto nonostante le preghiere e, quando anche la sua ultima figlia morì, crebbe in lui una rabbia montante che lo rese blasfemo. Secondo le usanze del suo popolo, i corpi dei defunti dovevano restare a marcire e bruciare nel deserto, sotto gli occhi degli dei che tutto vedevano. Tutto, tranne la sofferenza.
Continuò a girovagare solitario a lungo, Gorr, poi d'un tratto successe: le divinità gli apparvero davanti in tutta la loro magnificenza, in tutto il loro splendore. Stavano combattendo: una coperta da un'armatura dorata, l'altra - ormai morente - nera come la notte. Sopraffatta dalla seconda e trafitta in petto, guardando Gorr la prima divinità gli chiese aiuto. "Aiuto? A me? Come osi chiedere aiuto a me?!". Mai nessuna preghiera era stata ascoltata. Mai nessun intervento per salvare la sua famiglia. Mai nessun Dio a proteggerlo. Percependo allora l'odio senza compromessi di Gorr, la lama nera che aveva trafitto la divinità dorata lo scelse come sue nuovo araldo, impossessandosi indirettamente di lui, corrompendolo nel profondo e dandogli il potere di sterminare ogni dio dell'universo. Quello dorato fu il primo e ne seguirono molti altri, per molti secoli, fino all'incontro con Thor, il solo in grado di tenergli testa e tentare di fermare lo sterminio degli immortali.
Gorr il Misoteista
Quella di Gorr è una parabola di perdizione. La religione e la fede sono al centro del racconto, non in chiave negazionista. Se gli dei non fossero esistiti, il Macellatore non avrebbe mai potuto nascere. Ma gli dei esistono eccome, nell'Universo Marvel, ma a parte i più virtuosi sono pochi coloro che rispondono alle chiamate d'aiuto, che mettono al servizio dei mortali il loro potere. Con Gorr, Aaron apre una riflessione non scontata sull'intervento divino, demitizzando la cieca fede in qualcosa o qualcuno di più grande, più forte o più saggio di noi. Non una storia ateista, dunque, che nega l'esistenza di un potere superiore, ma misoteista, che quello stesso potere lo aborra, lo definisce inutile, sopravvalutato, disinteressato. Pone le divinità in cima a una piramide gerarchica sociale dove tutto ciò che è più in basso di loro poco conta, praticamente nulla. Gorr generalizza guidato da un'inguaribile sete di sangue e vendetta, prospettando un mondo privo di dei, Prometeo dell'era dell'uomo senza più immortali. La perdizione del personaggio è però riscontrabile nelle contraddizioni che lo hanno generato.
Per divenire Macellatore ha dovuto usufruire di un potere divino. Per compiere la sua missione ha dovuto scegliere l'immortalità. La sua vendetta non guarda in faccia nessuno, nemmeno gli dei saggi e interventisti. Non ha "fuoco da donare" all'umanità universale ma solo collera e rancore. Un essere corrotto nel cuore da quello stesso potere che aveva creduto potesse salvarlo e renderlo finalmente libero. Un uomo buono e devoto trasformatosi in una spietata divinità della morte, divenendo il "suo peggior nemico": il cattivo. Fa pensare, Gorr. A quanto sia facile passare da vittima a carnefice e a quanto ingenui si possa essere nel giustificare le proprie azioni "per un bene superiore". È un qualcosa di adattabile a tutto, a ogni battaglia nata per una giusta motivazione e divenuta poi folle, esasperata, senza più dignità d'essere, senza uno scopo che non sia l'estinzione dell'altro, la totale sopraffazione. Anche l'anima più piccola e indifesa può trasformarsi in una bestia, se spinta all'angolo, se costretta a reagire; fino a che piccola e indifesa non lo sarà più e sarà lei stessa a spingere all'angolo gli altri, anche se immortali e onnipotenti, senza considerarli degni di restare in vita.
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Oro e nero, amore e tuono
Data la profondità caratteriale e narrativa di Gorr, la paura principale legata alla sua trasposizione in Thor: Love and Thunder era quella di un imbastardimento in chiave commedia di questi marcati tratti drammatici, misoteisti, emozionali. Sono diversi gli elementi in cui il film diverge dall'opera originale, soprattutto nel cuore del cinecomic rispetto a quello del fumetto, ma per quanto riguarda la scrittura e l'interpretazione cinematografica di Gorr ci troviamo davanti a un vero miracolo. Pure se costretto a un cambio di look obbligato per una somiglianza abbastanza decisa con il Voldemort di Harry Potter, Christian Bale si conferma un attore straordinario e versatile nel ruolo, capace di restituire tutto il baglio disperato e iracondo di Gorr in un'interpretazione sofisticata e sentita, anche grazie a una scrittura ragionata sul dovuto peso specifico drammaturgico rispetto a un contraltare tonale più esilarante rimesso invece in mano a Thor e ai suoi "Asgardiani della Galassia". L'equilibrio formale è per questo evidente e tutta la parte più spassosa è controbilanciata perfettamente dal venefico voto di Gorr, a cui è rimessa serietà e austerità al contrario di siparietti anche molto gigioneggianti del gruppo del suo avversario - nonostante poi la tematica della malattia legata a Jane Foster. Ma va bene così e, anzi, è giusto, perché rispecchia per intero a da vicino quel confronto metaforico iniziale tra Lama Dorata e Lama Nera nella run di Aaron. Luce e ombra, quindi, insieme all'Amore e ai tuoni che rendono davvero imperdibile il nuovo cinecomic Marvel, foriero di uno dei più grandi villain cinematografici mai apparsi nel MCU.