Ieri, nella prima parte del nostro omaggio per gli ottant'anni del mitico Woody Allen, abbiamo preso in esame i primi due decenni della sua produzione: dalle parodie demenziali degli anni Settanta alla svolta della "piena maturità" con il capolavoro Io e Annie, passando poi ai grandi classici degli anni Ottanta come La rosa purpurea del Cairo, Hannah e le sue sorelle e Radio Days (ma la filmografia di Woody comprende tantissimi altri gioielli, benché non sia stato possibile citarli tutti).
Riprendiamo ora il nostro itinerario attraverso la carriera cinquantennale del regista e sceneggiatore newyorkese con altre dieci scene memorabili tratte da alcuni dei titoli più importanti realizzati da Allen dal 1988 fino ad oggi: una produzione che non sempre è stata accolta con lo stesso, unanime riscontro critico del periodo precedente, ma che nondimeno, fra un paio di perdonabili passi falsi (una "trasferta romana" non proprio impeccabile), ci ha regalato comunque moltissime, meravigliose pagine di cinema, talvolta sottovalutate e a maggior ragione degne di essere ricordate. E ancora una volta, tanti auguri caro Woody!
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"Chiusi il libro e provai uno strano miscuglio di malinconia e di speranza; e mi chiesi se il ricordo è qualcosa che hai o qualcosa che hai perduto."
11. Un'altra donna: un bacio appassionato
Un'autentica perla, rimasta talvolta un po' nascosta fra i numerosi cult movie firmati da Woody negli anni Ottanta, ma da annoverare fra i massimi esiti del cinema alleniano. Secondo film di impronta bergmaniana del regista newyorkese, a dieci anni di distanza da Interiors, Un'altra donna, del 1988, costituisce un viaggio nell'anima e nei ricordi di Marion Post, una professoressa di filosofia cinquantenne (superbamente interpretata da una splendida Gena Rowlands) costretta per la prima volta a tracciare un bilancio della propria esistenza, fra illusioni e rimpianti. Particolarmente toccante la parte finale del film, quando Marion, attraverso le pagine del romanzo scritto da un suo ex corteggiatore, Larry Lewis (Gene Hackman), rievoca con nostalgia il ricordo di un antico sentimento subito represso, e sublimato in un fugace bacio durante una giornata di pioggia.
"Be', questo farei io: costituirsi. Perché così la sua storia assume proporzioni tragiche, perché in assenza di un Dio o che altro, lui è costretto ad assumersi quella responsabilità: allora si ha la tragedia." "Ma questa è fiction, questo è cinema per me; insomma, lei vede troppi film, e io sto parlando della realtà."
12. Crimini e misfatti: delitto e castigo
Uno dei vertici assoluti del cinema alleniano: una riflessione altissima sul senso morale dell'individuo, sul Bene e sul Male, sulla fede e sul peccato, sul delitto e sul castigo. Una riflessione filosofica veicolata attraverso una perfetta fusione fra dramma e commedia, in un film pervaso da un'ironia amarissima e da un lucido disincanto nei confronti delle sorti della società. È Crimini e misfatti, capolavoro di Allen del 1989, in cui due diverse storyline, quella legata al documentarista Cliff Stern (Woody Allen) e quella relativa al rinomato oculista Judah Rosenthal (Martin Landau), colpevole di un terribile delitto, procedono in parallelo fino all'epilogo: allora, in quell'ultima scena, Cliff e Judah si incontrano per la prima volta, affrontando una conversazione sulla responsabilità etica di ciascun essere umano. E il loro dialogo si attesta fra le pagine più dense e significative della produzione di Allen.
"Vedi quella stessa lucentissima lassù? Per quanto ne sappiamo, quella stella è sparita un milione di anni fa, e la sua luce ha impiegato un milione di anni per raggiungerci."
13. Ombre e nebbia: la perfezione di un momento
Un altro titolo forse meno noto nella filmografia di Woody Allen, ma di indiscutibile valore: è Ombre e nebbia del 1991, delizioso omaggio al cinema espressionista tedesco, e in particolare ai classici di Fritz Lang, in cui la caccia a un misterioso serial killer in una cittadina mitteleuropea funge da pretesto narrativo per costruire un "castello dei destini incrociati", a metà strada fra realtà, fantasia e sogno. Opera fra le più inventive e libere di Allen, Ombre e nebbia ci regala un momento di inestimabile poesia: la conversazione fra lo sventurato Kleinman (Woody Allen) e l'artista circense Irmy (Mia Farrow), intenti a contemplare la luce di una stella nel momento in cui la nebbia si dirada, aprendo così lo spiraglio ad una fugace prospettiva di felicità.
"Credimi, sto benissimo, e sono felice per questa sera. Dove andiamo?" "A vedere il Don Giovanni." "La storia di un Don Giovanni? Stronzi fottuti Don Giovanni... dovrebbero tagliargli il fottuto arnese!"
14. Mariti e mogli: una donna sull'orlo di una crisi di nervi
Una "doppia coppia" alle prese con le crepe del matrimonio: in Mariti e mogli, uscito nel 1992, Woody Allen e Mia Farrow dividono per l'ultima volta lo schermo prima della loro burrascosa separazione, interpretando i ruoli di Gabe e Judy Roth, due coniugi profondamente turbati dalla notizia che i loro migliori amici, Sally (Judy Davis) e Jack (Sydney Pollack), all'improvviso hanno deciso di lasciarsi. Acuta e pungente disamina delle dinamiche matrimoniali, fra insicurezze e tentazioni, Mariti e mogli è servito da una formidabile squadra di attori, fra i quali a distinguersi è soprattutto una strepitosa Judy Davis, ottima interprete alleniana, che per questo film si aggiudicò la nomination all'Oscar come miglior attrice supporter: basti vederla nella scena esilarante in cui la sua Sally si accinge ad uscire per andare all'opera insieme ad un corteggiatore, ma non può fare a meno di telefonare all'ex marito e ricoprirlo di insulti, finendo in preda a una crisi di nervi.
"Questa è la cosa più eccitante che è accaduta nel nostro matrimonio!" "Sì, troppo eccitante! Non ne ho bisogno. A me piacciono cose tipo la pesca, la giornata del papà, o sai, quando vedemmo Bing Crosby sulla Fifth Avenue... non ho bisogno di un omicidio per ravvivare la mia esistenza."
15. Misterioso omicidio a Manhattan: il ricatto telefonico
È possibile rendere un murder mystery apparentemente semplice un piccolo capolavoro di comicità, malinconia e romanticismo? Ebbene, Misterioso omicidio a Manhattan è proprio questo: un film che si sviluppa come un giallo, non rinuncia agli spunti di ironia tipici del cinema di Woody Allen e in più regala agli spettatori il brivido di rivedere insieme, fianco a fianco, Woody e la sua ex partner e musa Diane Keaton. Realizzato nel 1993, Misterioso omicidio a Manhattan gode di un meccanismo narrativo perfetto e costituisce una miniera di gag e di battute da manuale, inclusa la singola scena forse più divertente nell'intero repertorio di Allen: quella in cui i coniugi Larry e Carol Lipton (Woody e Diane), insieme a una coppia di amici e con la supervisione dell'abile Marcia Fox (Anjelica Huston), tentano di smascherare un presunto assassino con un trabocchetto telefonico che non risulterà del tutto impeccabile...
"Hai pensato a quello che ho detto che sento per te?" "Non parlare!" "Ma io voglio esprimere il..." "Non parlare! No!" "Voglio dirti solo poche cose..." "Non parlare! No, no, non parlare, ti prego! Ti prego, non parlare! Ti prego, non parlare!"
16. Pallottole su Broadway: "Don't speak!"
La produzione di Woody Allen, anche nella prima metà degli anni Novanta, ci ha regalato un gioiello dietro l'altro; e subito dopo Misterioso omicidio a Manhattan, nel 1994 ecco arrivare un'altra commedia gustosissima e dal ritmo infallibile: Pallottole su Broadway. Ambientato nel mondo del teatro nei ruggenti anni Venti, il film vede John Cusack nei panni di David Shayne, un ambizioso drammaturgo che si prepara a debuttare a Broadway: ma l'allestimento del dramma lo costringerà a scendere a compromessi con il suo finanziatore, un boss della Mafia, e con gli eccentrici interpreti dello spettacolo. E a rubare la scena, all'interno di un cast di primo livello, è senz'altro una spassosissima Dianne Wiest nella parte di Helen Sinclair, primadonna del palcoscenico con atteggiamenti alla Norma Desmond e un eloquio a dir poco enfatico. La Wiest, che per Pallottole su Broadway ottenne il premio Oscar come miglior attrice supporter (la sua seconda statuetta in questa categoria grazie a Woody Allen, dopo l'Oscar vinto otto anni prima per Hannah e le sue sorelle), è l'asso nella manica del film; e la frase "Don't speak!" ("Non parlare!"), ripetuta ossessivamente e con tono altisonante al malcapitato corteggiatore David, è un tormentone da standing ovation.
"Dimmi solo una cosa: è stata l'unica o ce ne sono state altre?" "No, Amy Pollack è stata l'unica, che Dio mi fulmini adesso se mento!" "Tu sei ateo, Harry!" "Be', siamo soli nell'universo, vuoi darmi la colpa anche di questo?"
17. Harry a pezzi: scene da un matrimonio
Tra ironia, geniali inserti surreali (la visita all'Inferno o la Morte che bussa alla porta, trovando però l'inquilino sbagliato), suggestioni bergmaniane (la citazione de Il posto delle fragole) e inevitabili echi autobiografici (la dolorosa separazione da Mia Farrow e il conseguente clamore mediatico), Harry a pezzi, diretto e interpretato da Woody Allen nel 1997, rappresenta un ideale compendio dello stile e della poetica alleniana del decennio: l'instabilità dei rapporti sentimentali, le nevrosi quotidiane e le piccole tentazioni erotiche. Incentrato sulla figura dello scrittore Harry Block (un potenziale alter ego di Allen) e arricchito da una parata di celebri attori, Harry a pezzi è ricchissimo di trovate e di sequenze cult. E nel campionario di "donne sull'orlo di una crisi di nervi" del cinema di Allen, oltre a un'esplosiva Judy Davis, non si può non ricordare la ferocissima sfuriata (esilarante, malgrado tutto) della psicologa Joan (Kirstie Alley) dopo aver scoperto l'infedeltà del marito Harry, alla portata d'orecchio di un povero paziente...
"Sarebbe appropriato se io venissi preso e punito: almeno ci sarebbe un qualche piccolo segno di giustizia. Una qualche piccola quantità di speranza di un possibilie significato."
18. Match Point: assassinio sulle note di Verdi
Quando, nel 2005, in molti avevano già bollato il nostro Woody Allen - un po' troppo frettolosamente - come un regista in declino, il cineasta newyorkese stupì tutti con la sua trasferta a Londra per uno dei film più particolari della sua produzione: Match Point. Improvvisa virata sui sentieri del dramma e del noir, questo intrigante thriller psicologico influenzato dall'opera di Fedor Dostoevskij torna ad affrontare i temi già trattati in Crimini e misfatti attraverso il racconto della scalata sociale di Chris Wilton (Jonathan Rhys-Meyers), un giovane e affascinante maestro di tennis, in una famiglia dell'alta borghesia londinese. Probabilmente il miglior film di Woody Allen degli ultimi due decenni, Match Point raggiunge la sua climax narrativa nella scena del duplice omicidio commesso da Chris: un serrato crescendo di tensione, in cui la musica dell'Otello di Giuseppe Verdi sublima la tragica fatalità delle decisioni del protagonista.
"Ecco che cos'è il presente: è un po' insoddisfacente, perché la vita è un po' insoddisfacente!"
19. Midnight in Paris: alla ricerca dell'epoca d'oro
Dopo il trittico londinese e la fortunata parentesi spagnola di Vicky Cristina Barcelona, nel 2011 Woody Allen ha ambientato a Parigi il suo film più apprezzato dell'ultimo decennio: Midnight in Paris. Accolto da un clamoroso responso di critica e di pubblico e ricompensato con il premio Oscar per la miglior sceneggiatura (il quarto Oscar nella carriera di Allen), Midnight in Paris è un'opera sospesa fra realtà e fantasia, in cui la magia delle notti parigine offre allo sceneggiatore americano Gil (Owen Wilson) la possibilità di concedersi un tuffo in un passato idealizzato, fra tutte le grandi personalità culturali della Parigi degli anni Venti, in compagnia della misteriosa e sensuale Adriana (Marion Cotillard). Opera malinconica sull'illusione e il disincanto, pervasa da un avvolgente romanticismo, Midnight in Paris sintetizza il senso della propria riflessione nella sequenza della conversazione fra Gil e Adriana a proposito di una presunta "epoca d'oro", che forse non è mai esistita, se non nei nostri sogni...
"C'è un limite ai traumi che una persona può sopportare prima di mettersi ad urlare in mezzo alla strada..."
20. Blue Jasmine: le lacrime amare di Jasmine Francis
In una filmografia che, come abbiamo avuto modo di ricordare, ci ha regalato alcuni fra i più stupefacenti personaggi femminili del cinema moderno, uno dei più indelebili ritratti dipinti da Woody Allen è senza dubbio quello di Jasmine Francis, protagonista nel 2013 del bellissimo Blue Jasmine. L'ironia, in questo caso, offre solo un esile riparo contro il dramma che travolge in pieno Jasmine, costretta a farsi ospitare dalla sorella Ginger (Sally Hawkins) dopo lo scandalo che ha affondato suo marito, l'uomo d'affari Hal (Alec Baldwin), strappando la donna da un'esistenza di privilegi a Park Avenue. Blue Jasmine è il crudele resoconto della progressiva disillusione di Jasmine, e si chiude con un raggelante piano sequenza in cui una magnifica Cate Blanchett, premiata con l'Oscar come miglior attrice, si siede da sola su una panchina e, ormai del tutto incapace di accettare la realtà, si rifugia in un mondo 'altro', frutto della propria follia, mentre in sottofondo - e nella testa di Jasmine - risuonano le malinconiche note di Blue Moon.