Scrivere un articolo breve sugli 80 anni di Francis Ford Coppola non è un'impresa facile. La sua vita e soprattutto la sua carriera sono come la produzione di Apocalypse Now, e proprio da quel film sono state profondamente segnate. Un processo tormentato e una visione ben precisa, ostacoli a non finire e la persecuzione di una idea registico-linguistica contro tutto e tutti, che a lungo termine lo ha pagato. Già all'inizio degli anni Ottanta molta critica lo dava per finito, invece Coppola, uno dei registi più importanti della storia, arrivato ai suoi di ottanta, annuncia due progetti larger-than-life: la produzione di un film che ha nel cassetto da decenni, quel Megalopolis che prende il nome dal luogo di cui è Duca dal 1999, e soprattutto l'annuncio che proprio Apocalypse Now avrà una sua versione definitiva per il quarantennale, Apocalypse Now Final Cut, che sarà presentata a Tribeca. Non male per questo anziano signore di origine materana che deve il suo secondo nome all'azienda automobilistica per cui lavorava suo padre quando è nato.
Francis Ford Coppola e la New Hollywood
Curiosità e giochini a parte, come spiegare alle giovani generazioni la ragione per cui proprio Francis Ford Coppola, con i suoi alti e bassi al botteghino, è così fondamentale? Forse sarà il caso di iniziare a dire cosa è la New Hollywood, per davvero. Perché non è solo sul fronte della sperimentazione tecnica che quel cinema si è fondato, ma anche e soprattutto sull'innovazione contenutistica - e Francis è uno scrittore grande, anche di film poi non diretti da lui. Negli anni Sessanta la TV spadroneggiava nelle case degli americani e la gente al cinema non ci andava quasi più. Un manipolo di giovani registi ambiziosi volle prendere la situazione in mano e affrontare tematiche che prima non venivano trattati, guerra e antimilitarismo, critiche e riflessioni sulla società contemporanea, le sue origini e la sua politica, il disagio giovanile e il ruolo della donna che si inserivano in tutto questo, solo per citarne alcuni. Coppola è, in questo senso, un pilastro di questa Nuova Hollywood. Ed è curioso che, con l'avvento oggi di ulteriori nuove piattaforme, siano ancora quei medesimi nomi a dare un contributo significativo affinché il progresso della tecnica rappresenti nuove opportunità e non ostacoli alla produzione filmica. Francis Ford Coppola non ha contribuito a questa rivoluzione solo con i suoi film, ma ha soprattutto prodotto e sceneggiato moltissime altre pellicole, lasciando ogni volta una significativa impronta del suo modo di essere: sincero, schietto, senza compromessi narrativi. Spigoloso a volte, benevolo per lo più, capace di tratteggiare con una sola, epica frase, un carattere. Molti non sanno, per esempio, che mentre dirigeva il padrino, metteva anche mano e sistemava lo script di Come eravamo, dando un'imprinting di quel romanticismo senza confini e senza gioia che ritroveremo anni dopo in Dracula di Bram Stoker.
Il Padrino: ovvero, a cosa pensi se dico Francis Ford Coppola?
Non ci crederete, ma nello stendere questo articolo il timore reverenziale era fortissimo, pertanto siamo andati in giro a fare questa domanda alla gente comune, nei bar e sulla metropolitana di Roma. Il padrino è stata la risposta più frequente, seguita da Dracula e solo in terza battuta da Apocalypse Now. Altra incredibile curiosità: quest'uomo è stato capace di creare capolavori anche quando non ne aveva voglia. Già, perché Il Padrino non era un progetto di Coppola. Gli fu assegnato dopo essersi aggiudicato il suo primo Oscar, per un film, Patton, Generale d'acciaio, che quasi nessuno nomina mai. La Paramount vide in questo giovane autore italo-americano la figura ideale per portare sul grande schermo la saga della famiglia Corleone, visto che Sergio Leone, Arthur Penn ed Elia Kazan avevano già rifiutato. Mille tribolazioni hanno costellato la produzione di quello che, in seguito, l'American Film Institute ha sancito essere il secondo miglior film della storia del cinema (il primo è Quarto potere): dal fatto che la scelta di Marlon Brando fu tenacemente osteggiata dalla major, in quanto era un attore che "problematico" (in effetti Marlon Brando rifiutò l'Oscar per protestare contro ciò che Hollywood stava combinando nelle riserve dei nativi), alla costosissima decisione di girare a Catania scene che avrebbero potuto essere allestite in studio, passando per Al Pacino che era "troppo basso" e poco conosciuto.
Francis Ford Coppola ha preso il romanzo di Mario Puzo, lo ha fatto suo ben sapendo di cosa stava parlando, lo ha infarcito della crudezza e della semplicità delle sue immagini. Perché al contrario di suoi amici e colleghi come Steven Spielberg e George Lucas, Coppola ha sempre fatto della pulizia nella composizione dell'immagine la sua cifra stilistica. Il largo utilizzo di effetti speciali lo ha lasciato a loro, preferendo, anche quando la storia lo richiedeva, la soluzione artigianale e meccanica a quella digitale. La sontuosità, nell'immagine coppoliana, sta nella fotografia di lussuriosa bellezza e fulgore, nella composizione di un'inquadratura inconfondibile, nell'utilizzo della macchina da presa sempre e solo a scopo narrativo, mai alla ricerca di un virtusiosmo di troppo. E, naturalmente, di un montaggio che esploderà in tutta la sua grandezza grazie alla collaborazione con Walter Murch. Mai ha preso in giro il suo spettatore ponendogli davanti agli occhi belle lucciole decorative: il suo è un cinema sincero, che semmai ricerca nella scrittura e nei dialoghi l'emozione e lo spiazzamento.
Il Padrino: 10 elementi di un capolavoro che non si può rifiutare
Apocalypse Now: l'immensità dell'immagine narrativa
Nella triade dei film più noti di Francis Ford Coppola, è Apocalypse Now il suo vero amore. Gli altri due sono stati realizzati per accordi con la Paramount e per ripagare un ingente ammontare di debiti. Certo, definire Dracula un film alimentare è pazzesco, se si pensa alla pellicola di strabordante bellezza che ne è uscita fuori.
Non staremo qui a spiegare perché Apocalypse Now è uno dei film più belli e sontuosi di sempre: ci limiteremo a invidiare moltissimo chi lo vedrà per la prima volta e avrà negli occhi quello stupore e la pienezza di quelle immagini. No, non è vero: li abbiamo anche noi, ogni volta che lo rivediamo. La genesi, la produzione, le riprese del film furono agitatissime. Contrasti con la produzione, la decisione di andare a girare nelle Filippine, i tifoni che distrussero il set, Marlon Brando sempre più ingestibile... il cast, la troupe e lo stesso Coppola che caddero in depressione e si diedero al consumo eccessivo di droghe. L'alcolismo di Martin Sheen che gli fece avere un infarto durante le riprese. Mai i parallelismi con Cuore di tenebra e quanto riportato sullo schermo si sono riflessi nella realtà così tanto. Il budget che raggiunse quasi tre volte la cifra pattuita e mandò sul lastrico lo stesso Coppola, che partecipava attivamente con la sua casa di produzione, la Zoetrope. Da quel momento in poi il nostro, che arrivò a tentare il suicidio, all'anoressia e quasi al divorzio dall'amata Eleanor, ebbe cifre esorbitanti di debiti da ripagare.
Eppure ciò che ne è scaturito è come un gioiello fatto di viva fiamma ardente, qualcosa che scotta e attrae, che regala un piacere sensuale e un incredibile stimolo intellettuale. Con l'utilizzo della celeberrima The End dei Doors, con quello che è probabilmente il montaggio più riuscito della storia del cinema, con la fotografia del nostro Vittorio Storaro... e con effetti speciali. Questa volta tanti, magniloquenti, effetti speciali. Con un duello attoriale di imbarazzante intensità emotiva. Apocalypse Now: croce e delizia, la creatura perfetta e ancora perfettibile (quanto manca a Tribeca?), il progetto per cui valeva la pena giocarsi tutta la vita. La storia lo ha ripagato, ha ripagato quella sincerità autorale di cui parlavamo, quella non accettazione del compromesso, quel rispettare in primis il proprio disegno e le proprie capacità artistiche. Non è da tutti, anche molti altri grandi avrebbero ceduto.
Invece Coppola ha donato al mondo la visione che nutre, che disturba, che non lascia il tempo del batter d'occhi (In un batter d'occhi è il libro di Walter Murch che racconta questo film eia montaggio in genere. Procuratevelo e leggetelo, ci ringrazierete), o non permette che ci sia.
Ho attraversato gli oceani del tempo per trovarti: Dracula il vampiro secondo Francis Ford Coppola
Lo abbiamo detto: Dracula serviva a ripagare i debiti. Quelli che, con le aspettative disilluse con Cotton Club, non erano ancora stati esauriti. Ma prima di Coppola, l'immaginario comune del vampiro era legato a Bela Lugosi per i più cinefili e a horror di basso livello per tutti gli altri. Il Nosferatu, principe della notte di Werner Herzog aveva tentato di dare una visione differente del vampiro, ma restava complicato e poco mainstream. Dopo aver radunato un cast stellare (su tutti, Gary Oldman mai così fascinoso, e Winona Ryder entrata in squadra dopo aver rifiutato il ruolo ne Il padrino - Parte terza che andò a Sofia Coppola), il regista di Detroit trasforma il romanzo epistolare di Bram Stoker in un'altra opera sontuosa e sensuale, arricchendola di omaggi al cinema stesso.
In un film dell'Industria il Vampiro diventa un mostro affascinante e ricco di sfumature psicologiche, approfondendo quel discorso sulla follia, sul male che si impossessa dell'anima, sulla poetica del cattivo e il fascino che ha sugli altri che ha sempre attraversato la carriera di Coppola. Il film ha surclassato ogni pronostico al botteghino e ha consentito a Francis di salvare la Zoetrope. Non solo: ha fatto da apripista per un cinema che ha voluto recuperare i grandi GUB ottocenteschi, sorprendendo il pubblico che si aspetava un horror d'autore e si è ritrovato uno dei film più romantici di sempre, al solito pieno di frasi indimenticabili pronunciate praticamente da ogni personaggio, comprimari compresi. Sulla scia di questo successo, Coppola ha anche prodotto Frankenstein di Mary Shelley, ma non avendo la sua "mano", il film è lontanissimo dai livelli di Dracula.
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Come puoi davvero capire il cinema di Francis Ford Coppola
Abbiamo omaggiato sin qui ciò che di più famoso esiste se si parla di Francis Ford Coppola. Eppure il suo vero cinema non è questo. La conversazione, con un giovane Gene Hackman, Peggy Sue si é sposata e soprattutto Tucker, un uomo e il suo sogno. Questa è la vera trilogia per capire cosa passa nella testa di Coppola. Passando poi per I ragazzi della 56a strada, con i giovanissimi talenti che saranno, alcuni purtroppo deceduti prematuramente.
E ancora Rusty il selvaggio, che consacrò Mickey Rourke, Giardini di pietra, Giardini di pietra, che lo fa tornare in Vietnam, fino ad arrivare a Jack, in cui con un Robin Williams al fulmicotone, tratta il tema del ritardo mentale in uno stile coraggiosamente grottesco, aspramente criticato dal pubblico
È qui che si ravvisa la vara poetica di Coppola, il suo vero cinema, il suo essere. Tucker diventa quasi la metafora in piccolo delle sue tribolazioni, dai problemi legali al perseguimento di un progetto, senza mai smettere di crederci. La conversazione è semplicemente il suo animo trasposto su pellicola. Curioso che molti attori, Keanu Reeves compreso, abbiano poi dichiarato di essersi pentiti di aver lavorato con lui. Per noi, in questa summa troppo breve e troppo indegna, l'unico fatto importante è che Francis Coppola ci sia. Che esista e che abbia annunciato di voler girare di nuovo. A dimostrazione che la vita non è finita ed è pure lontana dal capolinea.