Fortunata e la prigione della povertà

Enfatico e urlato, il nuovo film di Castellitto ci porta nella periferia romana per raccontare di esistenze sfortunate, a dispetto del nome della protagonista.

Fortunata: Stefano Accorsi, Jasmine Trinca e il regista Sergio Castellitto sul set del film
Fortunata: Stefano Accorsi, Jasmine Trinca e il regista Sergio Castellitto sul set del film

A Cannes 2017 non ci sono film italiani in concorso, un'eventualità che, quando si verifica, fa urlare allo scandalo molti addetti ai lavori del nostro paese. Ma va detto che l'Italia non è affatto assente dal Festival francese, con diversi titoli nelle sezioni parallele, da Un Certain Regard alla Quinzaine des Realizateurs ed addirittura l'apertura della Semain de la Critique con il bellissimo Sicilian Ghost Story. Tra questi, nella principale delle sezioni parallele di Cannes 2017, troviamo il nuovo lavoro di Sergio Castellitto.

Si tratta di Fortunata, un nuovo lavoro che il regista ha realizzato partendo da una sceneggiatura della moglie Margaret Mazzantini, proseguendo una collaborazione ormai consolidata. Un film che vede Jasmine Trinca nel ruolo che dà il titolo all'opera, affiancata da alcuni partner maschili di tutto rispetto, dall'ormai lanciatissimo Alessandro Borghi a Edoardo Pesce e Stefano Accorsi, e che racconta di una periferia povera e di esistenze sofferte.

Fortunata, di nome ma non di fatto

Fortunata: Stefano Accorsi e Jasmine Trinca in una scena del film
Fortunata: Stefano Accorsi e Jasmine Trinca in una scena del film

Giocano molto, la Mazzantini e Castellitto, con il nome della protagonista, mettendo al centro del racconto una donna dalla vita difficile, sempre in lotta per ottenere qualcosa. Fortunata è infatti una parrucchiera a domicilio, una madre single che si barcamena tra gli impegni di lavoro e la figlia di otto anni, impegnandosi giorno dopo giorno con una forza di volontà che le è data dal saper restare attaccata ad un piccolo, grande sogno: quello di aprire il proprio salone in cui praticare la professione. È un sogno che la impegna molto, che condivide con l'amico di infanzia Chicano, e che rappresenta l'unica via di fuga da una realtà fatta di povertà e delusioni continue, che li fa sentire abbandonati e intrappolati e li tiene lontani da una felicità che pensano di meritare.

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La Roma di Castellitto

Fortunata: Jasmine Trinca in un momento del film
Fortunata: Jasmine Trinca in un momento del film

Una realtà che in Fortunata è localizzata nella periferia di Roma, ma che rappresenta una situazione presente in tante province del nostro paese, in cui l'antagonismo tra chi subisce la povertà dilagante e le istituzioni si fa sempre più esacerbato. Una realtà, però, meglio descritta in molti altri lavori degli ultimi anni che nel film di Castellitto, da Lo chiamavano Jeeg Robot a Non essere cattivo o Il più grande sogno: l'analisi del regista si rivela infatti superficiale e stereotipata, procedendo tra snodi narrativi, e alti e bassi emotivi, bruschi e poco credibili, calcando troppo la mano sulle situazioni e i drammi, sui tic e vizi dei suoi protagonisti con i quali si fa molta fatica ad empatizzare.

Urlando contro il cielo

Fortunata: Alessandro Borghi in una scena del film
Fortunata: Alessandro Borghi in una scena del film

Se infatti fanno fatica i protagonisti di Fortunata a rendere reali i propri personaggi non è tanto per demeriti propri, quanto per mancanze di uno script poco ispirato, per una scrittura che sceglie di assestare i suoi colpi senza costruire un vero legame emotivo tra lo spettatore e le figure che animano la storia. Se la Trinca si sforza di salvare il salvabile, dando forza d'animo e vigore fisico alla sua Fortunata, è Alessandro Borghi il membro del cast a fare la figura migliore con il suo bipolare e tossicodipendente Chicano, confermando un talento di cui tutti ormai siamo certi, a dispetto di un'acconciatura improbabile che ci aveva già stupiti nel corso della scorsa edizione della Mostra di Venezia, quando le riprese erano in corso. Va molto peggio ad altri comprimari, a cominciare da uno Stefano Accorsi che ricade in difetti del passato che sembravano superati dopo Veloce come il vento.

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Sulla base di una selezione musicale banale che spazia dai The Cure a Vasco Rossi, si urla tanto in Fortunata, si creano contrasti continui e veementi, ottenendo l'effetto di spingere lo spettatore lontano dalla realtà che gli viene raccontata piuttosto che immergercelo. Tra le tante sfortune della protagonista, c'è anche quella di non vedere la sua drammatica storia raccontata come avrebbe meritato.

Movieplayer.it

2.0/5