Fantozzi compie 40 anni. Era il (lontano?) 1975 quando questo omino, epitome del lavoratore medio, a metà fra la classe operaia che si stancava in fabbrica e l'impiegato "borghese ma non posso" che si lasciava ingrigire in ufficio, faceva capolino al cinema e nella cultura degli italiani. Meschino e tapino, sempre in continua lotta per la sopravvivenza in un mondo dove non la frustrazione regna sovrana, Fantozzi è diventato il corrispettivo italiano della Legge di Murphy. Oggi, dopo quattro decadi, Fantozzi e Il secondo tragico Fantozzi tornano al cinema, in versione restaurata. Presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, la nuova versione sarà in sala dal 26 novembre.
Un ritorno che rende eterni
Che effetto vi fa il fatto di tornare in sala con Fantozzi e Il secondo tragico Fantozzi?
Paolo Villaggio: È molto gratificante, anche perché non è successo a nessuno dei grandi del passato. Totò, Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi... li rivediamo tutti in televisione, non in sala. Il ritorno dopo 50 anni in sala è un evento che mi rende felice. Tutto considerato, ritornando in sala ho riconquistato il pubblico degli attuali cinquantenni, ma mi sono anche costruito una fama di comico molto amato anche da bambini di oggi, dai 5 ai 10 anni.
Anna Mazzamauro: A me fa l'effetto "Che me so' persa per tutti questi anni!". Mi dà un senso di eternità, mi sento come un cartone animato che non muore mai, mi sento Minnie e mi sento Paperina. Quindi sono felice perché non ho bisogno di farmi le plastiche!
È contraria alla chirurgia plastica?
AM: Non è questo il punto. È che non ho il cruccio di tante mie colleghe che sono state sempre bellissime e giovanissime. Allora si tirano, si gonfiano, si rimpolpano, si rimpastano... Loro fanno bene perché sono belle e si rifanno belle. Io che faccio? Mi rifaccio brutta?
Sogni e desideri frustrati degli italiani...
Siete entrati progressivamente nel cuore degli italiani: all'inizio Fantozzi non piaceva a tutti...
PV: Ci sono delle donne che un tempo mi dicevano che i miei film facevano loro tristezza, e che preferivano i film d'amore. Poi lentamente gli italiani hanno cominciato a dirmi che il mio personaggio gli ricordava il vicino, il cugino o il fratello... poi alla fine la terapia è stata completa: tutti sono grati perché dicono che li ho curati dalla paura di essere isolati nella nostra incapacità a essere competitivi.
Secondo lei gli italiani non sono competitivi?
PV: Gli italiani lo sono molto poco, tranne 40-120 persone ricchissime, grandi ladri, categoria alla quale io vorrei appartenere nonostante tutto.
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Ma come, ci dice che vorrebbe essere ladro? PV: Sono stato un intellettuale di sinistra, ma con un'ambizione ben precisa: sono snob, voglio essere invitato a cena dalla Contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare. Nella mia vita ho rubato una sola volta una boccetta di tabasco in un supermercato - lo dico e non vorrei essere condannato oggi per questo - ma poi non ho mai avuto il coraggio di rubare veramente.
Fantozzi è anche stato simbolo di un lavoratore di un'epoca... Oggi Fantozzi che tipo di precario sarebbe?
PV: Ma come "sarebbe"? In questi giorni stanno indagando sui cosiddetti "timbratori di cartellini"! Gli italiani si organizzano, sono una categoria che odia il proprio lavoro. Cercano di evitarlo perché è noioso, è ripetitivo, non ti dà nessuna soddisfazione. Hanno messo a punto delle tattiche speciali, come dormire con gli occhi aperti in ufficio. Certo, devo dire che la situazione dell'italiano medio non è certo migliorata, anzi è peggiorata. L'italiano non vede la possibilità di andare in vacanza. Poveri, oggi dove vanno in vacanza? Vorrebbero invece essere tutti con Belén in Florida.
Signora Mazzamauro, lei pensa che oggi tutti amino Fantozzi, che ci si rivedano?
AM: Questi film rendono viva un'immagine di gioia, anche se di scontro con se stessi. Fantozzi piace a tutti, ma è un po' odiato e un po' amato. Odiato da quelli che temono di essere come lui, amato da coloro che credono di poter non essere come lui. Dicono "Non sono come lui, allora posso riderne".
Tanti ricordi dal set di Luciano Salce
Qual è stato il segreto nel vostro lavoro e quello di Luciano Salce? AM: Intanto la scrittura iniziale, perché non ci si inventa niente. Un attore può essere bravissimo, ma se non ha una sceneggiatura intelligente c'è poco da fare. Poi devo riconoscere che Villaggio ha dato un bel colpo a tutta la comicità a cui eravamo abituati. Con tutto il rispetto, intendiamoci, però era d'altro genere. Era più brigantesca, più rivistaiola. Dico sempre che lui è come uno Charlot italiano, questo omino che rimane fisso nel tempo...
Che ricordi ha della lavorazione dei film di Fantozzi? AM: Era una sorta di carrozzone familiare in cui ci incontravamo sul set circa ogni due anni, non essendo amici nella vita, ma diventandolo poi sul set. Eravamo davvero molto uniti, e ci intenerisce oggi incontrare di nuovo Paolo. Personalmente incontro Fantozzi, non Villaggio, e mi chiedo come ho fatto a non amarlo.
Signor Villaggio, cosa le piace di più di questa operazione di recupero? PV: Mi piace l'idea di essere restaurato. È inaspettato. Non osavo immaginare tanto. Mi sembra come sopravvivere alla mia morte. Credo che essere restaurati oggi sia una cosa molto rallegrante. Comincio ad avere il sospetto che sopravvivrò anche dopo la mia morte, e penso che sia meno spaventoso così che pensare di scomparire completamente. I grandissimi non avevano paura della morte, perché sapevano che avrebbero lasciato qualcosa. Ma tutti hanno paura della morte, soprattutto i cattolici, che hanno il dubbio se ci sia un aldilà. Adesso per me è quasi euforizzante.