Emily in Paris 2, la recensione: torna la comedy al femminile da cartolina

La nostra recensione di Emily in Paris 2, la seconda stagione della serie di Darren Star con Lily Collins dal 22 dicembre su Netflix, che perde alcune peculiarità del ciclo inaugurale.

Eip 201 Unit 01056R
Emily in Paris 2: una foto di scena

Lo diciamo subito all'inizio della nostra recensione di Emily in Paris 2, la seconda stagione della serie di Darren Star con Lily Collins dal 22 dicembre su Netflix, giusto in tempo per Natale: la comedy al femminile da cartolina torna con meno riflessioni tra le righe, pur proponendo altri spunti interessanti, e finisce quindi per essere un intrattenimento leggero e senza pretese per le Feste, ma poco di più.

Avremo sempre... Emily

Sono sempre state due le anime che hanno caratterizzato Emily Cooper, la Emily in Paris interpretata da Lily Collins nel serial: non solo quella americana di Chicago da dove proviene e quella francese a cui sta cercando di abituarsi e adattarsi per il proprio anno lavorativo all'estero, ma anche quella romantica in preda alle vibrazioni della "città dell'amore" e quella lavorativa vittima dello stacanovismo e dell'essere ligia al dovere. Un equilibrio delicato non sempre riuscito nella comedy Netflix, soprattutto in questa seconda stagione, che riparte da dove si era interrotta la storia: il cuore di Emily è diviso tra lo chef del piano di sotto Gabriel (Lucas Bravo) e Camille (Camille Razat), ex di Gabriel e amica di Emily a Parigi, dopo una notte appassionata di sesso perché erano convinti che lui stesse per partire. Ma poi il suo ristorante ha trovato un finanziamento e ora è pronto per realizzare il proprio sogno professionale a Parigi, proprio come Emily. Questo secondo ciclo di episodi parla proprio di realizzazione professionale tanto quanto di quella sentimentale e tra plot twist, baguette, porri e l'immancabile social life della protagonista, segue maggiormente i personaggi femminili rispetto a quelli maschili.

20 serie tv romantiche da guardare su Netflix

Eip 201 Unit 00013R
Emily in Paris 2: Lily Collins in una scena della serie

Se la prima stagione si concentrava sull'approccio da millennial di Emily che si scontrava con quello "vecchio stampo" di Sylvie e colleghi nella comunicazione dei propri brand e clienti, ora si perde un po' questa riflessione generazionale tra le righe per seguire più storyline, forse troppe, in modo un po' dispersivo. Si dimentica l'importanza della comunicazione social che rimane ma è meno incisiva, e avrebbe potuto raccontare ad esempio il mantenimento di uno status da influencer dopo averne mostrato la creazione nel ciclo inaugurale. Ciò che emerge dai nuovi episodi è una Emily quasi detestabile per il suo comportamento amoroso rispetto alla prima stagione. Racchiude la contraddizione statunitense per eccellenza: gli europei vengono visti come scansafatiche e libertini in amore, mentre gli americani sono fin troppo dediti al lavoro e puritani, ma poi è proprio la protagonista a combinarne di cotte e di crude! In mezzo ai soliti cliché e stereotipi franco-americani, tra le tante (troppe) storyline dispersive dei personaggi più o meno secondari, spesso improbabili, citiamo le (dis)avventure canore di Mindy (Ashley Park), unica altra amica e ora coinquilina di Emily a Parigi, che cerca di sfondare come cantante dopo la debacle che la rese virale e famosa in Cina. Partirà letteralmente "dal basso", come dame pipì ovvero la donna che prende la mancia nei locali fuori dalla toilette, senza rivelare le proprie "nobili" origini.

Emily in Paris, la recensione: tutto è possibile a Parigi

Polilinguismo comunicativo

Eip 201 Unit 00944R
Emily in Paris 2: un'immagine della serie

A dispetto della mancanza dell'evoluzione della comunicazione social, nella nuova stagione è presente - anche se sempre tra le righe - una riflessione sul polilinguismo che abbraccia molti dei personaggi. Da Emily che prende lezioni di francese e lì incontrerà un inglese, Alfie (Lucien Laviscount), new entry che proprio non riesce ad accettare la visione romantica di Emily su Parigi e sui francesi, colpa anche del proprio "monotono" lavoro di banchiere che si scontra con la professione di Emily, all'apparenza frivola e fatta di eventi, foto e colori. Fino al personaggio di Sylvie - interpretata da Philippine Leroy-Beaulieu, attrice francese nata a Roma e vissuta in Italia per un lungo periodo, che molti conosceranno da Chiami il mio agente! - che ad un certo punto dirà (in perfetto italiano): "È strano come una lingua diversa dia un'impressione diversa di una persona. In italiano io ad esempio sono molto più dolce e meno pungente". Sono proprio questi spunti narrativi ad arrivare in modo un po' troppo confuso e raffazzonato, così come alcuni outfit "bomboniera" della protagonista. La Parigi mostrata nello show è ancora una volta da cartolina, ma in modo quasi esasperato, pur nel racconto meta-narrativo dello scontro di idee con Alfie: troppo colorata, luccicante e sognante da risultare irreale piuttosto che magica come quella di Midnight in Paris. Nemmeno l'omaggio a François Truffaut in un episodio riesce a fare il miracolo. L'altro principale difetto della stagione è l'aver proposto troppo tardi alcune storyline potenzialmente interessanti, tra cui quella dedicata a Sylvie di cui nelle prime puntate gli autori sembrano dimenticarsi relegandola alla versione francese di Miranda Priestley, e quella incentrata su Madeline, il personaggio di Kate Walsh che torna in grande spolvero regalando alcuni plot twist interessanti per una potenziale terza stagione... se riusciremo ad arrivarci.

Conclusioni

Concludiamo la nostra recensione di Emily in Paris 2 dispiaciuti che, nonostante l’intrattenimento leggero che caratterizza la serie, la prima stagione aveva mostrato delle potenzialità di riflessione che vengono a mancare nella seconda, lasciando spazio ad altri possibili spunti narrativi sfruttati non fino in fondo e spesso in modo confuso per i personaggi e le loro storyline, a partire dalla protagonista e dalla sua vita amorosa che diventa quasi detestabile, rendendo la sua “scalata” lavorativa fin troppo semplicistica, in una Parigi fin troppo da cartolina. Nella seconda metà di stagione appaiono però delle possibili svolte interessanti per un’eventuale terzo ciclo di episodi.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
2.8/5

Perché ci piace

  • Le anime della protagonista, americana e francese, sentimentale e lavorativa.
  • L’essersi ricordati di avere nel cast Kate Walsh.
  • La new entry Alfie che evidenzia lo scontro culturale e il punto di vista diverso con Emily.
  • Alcune storyline potenzialmente interessanti…

Cosa non va

  • … che arrivano forse troppo tardi nella seconda metà di stagione, a discapito di altre inserite in modo spesso confuso e improbabile, come quelle di Sylvie e Madeline.
  • L’aver perso attenzione per il “mantenimento” della parte social e comunicativa.
  • La Parigi quasi esasperata da cartolina, così come alcuni outfit della protagonista.
  • Emily rischia di diventare detestabile agli occhi del pubblico a causa del suo comportamento in ambito sentimentale che è anche una contraddizione in termini.