Elvis e Marilyn: perché le loro icone continuano a parlare a noi e di noi

Elvis di Baz Luhrmann e l'imminente Blonde di Andrew Dominik sono tra i film di punta del 2022: ma cosa rappresentano ancora oggi le icone di Elvis Presley e Marilyn Monroe?

Elvis
Elvis: un'immagine di Austin Butler

In una delle prime scene del film di Baz Luhrmann, un Elvis Presley giovanissimo e ancora semi-sconosciuto si esibisce per un pubblico di provincia venuto ad assistere a un concerto country. La sua performance, corredata di ancheggiamenti e sguardi provocanti e pervasa da un'energia fuori dal comune, manda in estasi le spettatrici, travolte da una sorta di furor dionisiaco che le spinge a lanciarsi verso il palco e a urlare all'indirizzo del loro nuovo idolo. Si tratta di un momento che può apparire quasi parodistico per i toni 'estremi' con cui mostra il fanatismo verso l'interprete di Heartbreak Hotel (l'eccesso, del resto, è un marchio di fabbrica del cinema di Luhrmann); eppure, quest'enfasi spesso esasperata sembra più che mai consona a un'opera quale Elvis, che prima ancora dell'individuo punta a raccontare il mito dell'indimenticato Re del rock and roll.

Blonde
Blonde: un'immagine di Ana de Armas

E mentre le platee mondiali, a dispetto della pandemia, stanno rispondendo con discreto entusiasmo al biopic firmato dal regista australiano (oltre centoventi milioni di dollari d'incasso in tre settimane), il 23 settembre approderà su Netflix un altro film dedicato a una leggendaria star del passato: Blonde, trasposizione dell'omonima biografia romanzata scritta da Joyce Carol Oates sulla vita privata e professionale di Marilyn Monroe. Un progetto, quest'ultimo, coltivato per oltre un decennio dal regista Andrew Dominik e dalla Plan B di Brad Pitt, più volte annunciato (con tanto di nomi di prestigio, da Naomi Watts a Jessica Chastain) e poi rimandato, interrotto a causa del Covid-19 e completato infine nell'estate del 2021, con l'attrice cubana Ana de Armas, resa celebre da Cena con delitto, nel ruolo della diva di A qualcuno piace caldo.

Elvis Presley e l'invenzione del rock and roll

Elvis Presley
Un'immagine di Elvis Presley

Elvis Presley e Marilyn Monroe: due personaggi che, fra gli anni Cinquanta e Sessanta, piombarono sul mondo dello show business con l'impatto di un tornado, e che a distanza di ben sei decenni riescono ancora ad attirare un interesse vasto e trasversale. Fra coloro che stanno andando a vedere Elvis al cinema, infatti, molti sono nati dopo la scomparsa del cantante di Tupelo (il 16 agosto 1977, a quarantadue anni) e ne hanno scoperto il talento solo in seguito, attraverso canzoni oggi talmente 'classiche' che paiono appartenere a un passato lontanissimo. Ancor più remota, sul piano cronologico, è la parabola di Marilyn Monroe, morta all'improvviso il 4 agosto 1962, a trentasei anni e all'apice di una carriera che l'aveva consacrata come l'attrice più popolare del proprio tempo. Ma in qualche modo, la fama di Elvis e Marilyn trascende i dischi di lui e i film di lei, o piuttosto va oltre l'eredità artistica scolpita dal loro indiscusso talento.

Elvis Presley Promoting Jailhouse Rock
Una foto promozionale di Elvis Presley

Cosa lega precisamente queste due figure e perché, dopo così tanti decenni, le loro icone continuano a occupare un posto di primo piano nell'immaginario collettivo? Come anticipato, l'ascesa di Elvis e Marilyn avviene più o meno nello stesso periodo. Elvis incide il suo primo 45 giri, That's All Right, nell'estate del 1954, e nel 1956 diventa di colpo la voce più amata d'America, piazzando nell'arco di pochi mesi ben cinque canzoni in cima alla classifica (Heartbreak Hotel, I Want You, I Need You, I Love You, Hound Dog, Don't Be Cruel e Love Me Tender). Come ben illustrato nel film di Luhrmann, in cui il carisma di Elvis è restituito magistralmente da Austin Butler, la formula del suo successo si basò anche sulla capacità di intrecciare influenze musicali molto diverse, a partire dalla 'folgorazione' per il gospel e l'r&b (al centro di una delle scene iniziali del film), dando vita a un amalgama del tutto inedito per gli anni Cinquanta, che lo distingueva nettamente tanto dalla categoria dei crooner melodici, quanto da quella del country and western.

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Marilyn Monroe, l'atomica bionda della Hollywood classica

Marilyn Monroe Black Sweater Landscape 1953
Un ritratto di Marilyn Monroe

Se dunque Elvis era l'UFO impegnato a ridefinire il concetto stesso di pop music, nel frattempo Norma Jeane Mortenson seduceva gli spettatori di tutto il pianeta con lo pseudonimo di Marilyn Monroe. Fattasi notare all'alba degli anni Cinquanta in piccole parti in classici come Eva contro Eva e Giungla d'asfalto, Marilyn vede esplodere la propria fama nel 1953 grazie ai suoi ruoli da protagonista in un terzetto di pellicole epocali: il thriller Niagara, il musical comico Gli uomini preferiscono le bionde e la commedia Come sposare un milionario. Erede della tradizione delle vamp bionde, la Monroe riprende il modello imposto in precedenza da attrici quali Jean Harlow e Mae West e lo incarna con una tale aderenza da giocare puntualmente sul filo dell'autoparodia, pur senza rinunciare all'elemento del sex appeal, che al contrario viene potenziato come mai prima d'allora; un esempio su tutti, le gambe scoperte dal passaggio della metropolitana in Quando la moglie è in vacanza, che la consacra a emblema dell'erotismo della Hollywood classica.

Monroe New York 1957
Una foto di Marilyn Monroe

Se la fascinazione sessuale, espressa al massimo grado con la sua proverbiale frenesia sul palco, era una componente essenziale dell'icona di Elvis Presley, la Monroe disegnerà sullo schermo il "personaggio-Marilyn", oggetto del desiderio per antonomasia, con una sfrontatezza che anticipa la rivoluzione sessuale del decennio a venire e provocherà non pochi malumori tra le frange più conservatrici della società americana (e non solo). Elvis e Marilyn, insomma, contribuiscono più o meno in contemporanea a scardinare alcuni tabù di quella visione conservatrice dell'American way of life ancora imperante negli anni Cinquanta. Ma ad accomunare il Re del rock and roll e la sex symbol per eccellenza della Hollywood del Codice Hays è anche un altro aspetto, la cui valenza simbolica non può essere sottovalutata: la rapidità con cui Elvis e Marilyn sono stati consumati dal peso delle rispettive icone, fino a restarne schiacciati.

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Stelle cadenti e candele nel vento

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Una foto di Elvis Presley in concerto

La stella di Elvis comincia ad appannarsi verso la metà degli anni Sessanta: a capitanare la rivoluzione musicale, allora, sono i Beatles e i Rolling Stones, mentre lui, ad appena trent'anni, appartiene già alle vestigia del passato. E il biopic di Luhrmann si sofferma non a caso sul lento ma inarrestabile processo di autodistruzione del divo, nonché sul meccanismo spregiudicato che punterà a sfruttarne fino all'ultimo il nome e la voce: un meccanismo che nel film ha il volto dell'infido manager Tom Parker di Tom Hanks, il quale costringe Elvis a una logorante serie di spettacoli a Las Vegas, minandone la salute fisica e psicologica, ma non il talento, ancora in grado di produrre dei guizzi formidabili (la cover mozzafiato di Unchained Melody nell'epilogo). Marilyn, la "candela nel vento", brucia ancora più in fretta: la travagliata produzione di Something's Got to Give, il licenziamento da parte della Fox, i problemi personali e le pressioni incessanti dei media e dell'industria.

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Un'immagine di Marilyn Monroe

"Hollywood created a superstar/ And pain was the price you paid", avrebbe cantato Elton John in Candle in the Wind, sintetizzando nella semplicità di questi versi un tópos ineludibile ogni qual volta ci si fermi a osservare la natura intrinsecamente spietata dello show business: una "fabbrica di sogni" - che si parli di Hollywood o dell'industria discografica, poco cambia - che di regola costruisce idoli, tramuta gli individui in icone e, nei casi più funesti, spinge quegli stessi individui a soccombere. Ed Elvis e Marilyn sono stati le massime icone della propria epoca, consegnate all'immortalità dai film (con e su di loro), dai ritratti di Andy Warhol, dalla Material Girl di Madonna, dalla quantità incalcolabile di citazioni ed omaggi. Ma quelle stesse icone continuano pure a ricordarci che le dinamiche di venerazione per le star includono un lato vampiristico che riguarda tutti noi, spettatori e fan: testimoni adoranti e complici (forse) inconsapevoli della caduta degli dei.

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