Douglas Booth e Damian Lewis a Roma col Romeo and Juliet di Carlei

La nuova versione della più celebre tragedia sentimentale inglese ci viene raccontata dal cast, dal regista Carlo Carlei e dallo sceneggiatore inglese Julian Fellowes.

L'immortale Bardo approda in concorso al Festival di Roma grazie all'italiano Carlo Carlei che presenta il suo Romeo and Juliet. Il cineasta, di natali calabresi, ma emigrato negli USA da tempo per lavoro, si cimenta in un'impresa non facile: riproporre la più celebre tragedia shakesperiana già adattata per lo schermo decine e decine volte, reinventandola per il pubblico contemporaneo. Seguendo il percorso opposto a quello intrapreso qualche anno fa da Baz Luhrmann, Carlei reinventa l'immortale storia d'amore tra i giovani eredi di due famiglie nemiche di Verona ripartendo proprio dal testo cinquecentesco e affidandosi alla freschezza e alla spontaneità di Hailee Steinfeld, che ha quindici anni come il suo personaggio, e di Douglas Booth. Carlei approda al Festival per raccontarci la produzione di Romeo and Juliet e l'esperienza veronese on location. Con lui sono presenti Douglas Booth, Damian Lewis, padre di Giulietta sul grande schermo, Christian Cooke, che veste i panni di Mercuzio, e lo sceneggiatore Julian Fellowes, creatore della serie tv Downton Abbey.

Carlo, raccontaci come hai scelto il cast di Romeo and Juliet.
Carlo Carlei: Ogni regista sceglie gli attori pensando che siano i migliori per il ruolo richiesto. Sono un grande fan di Damian Lewis che seguo fin dall'inizio della sua carriera, mentre Douglas l'avevo visto in un paio di lavori e pensavo che fosse perfetto per il ruolo. Pensiero confermato dallo screen test.

Cosa c'è di diverso in questa versione rispetto a quelle passate? Quali sono gli aspetti su cui ti sei concentrato?
Carlo Carlei: Quando Julian mi ha consegnato il copione ho capito subito che il suo taglio mi avrebbe permesso di approfondire la sensibilità dei vari personaggi. Mi sembrava importante creare un coinvolgimento emotivo nell'azione rendendo testimoni degli eventi tutti i personaggi, anche quelli secondari. La differenza tra questo film e quelli fatti prima sta nello sgaurdo. Ho scelto un approccio realistico e lo capite vedendo come sono state trattate le figure di Frate Lorenzo o Lord Capuleti. Frate Lorenzo, in altre versioni, era una specie di ubriacone, mentre qui agisce per scopi politici. Aiuta Romeo e Giulietta perché vuole porre fine alla guerra tra le loro famiglie.
voi attori come vi siete approcciati a ruoli iconici come questi?
Douglas Booth: Interpretare Romeo e Giulietta è una responsabilità immensa perché è un'opera che appartiene alla tradizione, ma io e Hailee ci siamo concentrati nel cercare qualcosa di nuovo. Quando abbiamo girato il film io avevo 19 anni, lei 14, perciò abbiamo cercato di portare nella storia la nostra freschezza e innocenza.
Christian Cooke: Avvicinarsi a Shakespeare è sempre arduo. Se poi pensiamo che il precedente al nostro film è l'opera di Zeffirelli diventa ancora più arduo.
Damian Lewis: Ai miei tempi io ho fatto la parte di Romeo, ma devo dire che Douglas è più bravo di quanto fossi io all'epoca. Essere Lord Capuleti è liberatorio è divertente perché è un personaggio che alterna emozioni contrastanti, è sopra le righe, sanguigno. Agisce per amore e crede sempre di fare il bene della figlia.
Questo ruolo per te è stata una sfida o è stata una pausa dalle fatiche televisive di Homeland?
Damian Lewis: E' la prima volta che qualcuno mi suggerisce che Shakespeare possa essere un intervallo riposante. Volevo partecipare al progetto, mi piaceva il gruppo di lavoro, mi piaceva l'adattamento di Julian e apprezzavo il fatto che il tutto fosse rivolto a un pubblico giovane.

Ultimamente ti vengono offerti spesso ruoli di padri difficili, ma tu ami queste parti drammatiche o preferiresti cimentarti anche con la commedia?
Damian Lewis: Non trovo che ci sia una grande differenza tra ruoli comici e ruoli drammatici. E' vero che ultimamente mi capitano sempre personaggi drammatici, ma in me c'è una forte componente comica. Chiedete a mia moglie.

Possiamo dire che è Homeland è una versione moderna di tragedia shakespeariana?
Damian Lewis: E' una tragedia shakespeariana, ma anche greca. Per i ragazzi che oggi non leggono molto, serie come Homeland hanno il pregio di avvicinarli a certe tematiche e a determinate strutture drammatiche.

Fare film da un'opera teatrale è sempre difficile. Come avete trovato un punto di equilibrio?
Douglas Booth: La maggior parte della mia carriera è stata al cinema, ma vorrei tanto tornare a recitare in teatro. La tecnica è molto diversa. In questo caso il nostro copione era molto cinematografico, mentre l'originale shakespeariano è descrittivo. Il linguaggio di Shakespeare, però, è così bello che alla fine l'importante è lasciarsi andare e affidarsi al testo.
Damian Lewis: Attori come Brando, Nicholson, Meryl Streep si gettano nella realtà che il loro ruolo richiede e la vivono fino in fondo. E' questo che fa un grande attore. Il tipo di lingua non è poi così importante, se ci crediamo fino in fondo.

In che modo si riscrive un autore come Shakespeare?
Julian Fellowes: Affrontare Shakespeare mette paura, ma vorrei mettere chiaro che Shakespeare è stato riscritto dal momento in cui è morto. Nell'800 un autore l'ha riscritto dando addirittura il lieto fine alle tragedie. Quello che ho fatto io non è nuovo. Noi volevamo superare l'approccio puramente linguistico e filologico per raggiungere un pubblico più ampio. Certamente questa è la storia più bella mai scritta sul primo amore. Bisogna essere uno studioso piuttosto raffinato per capire che cosa manca nel mio script, ma quello che ho cercato di fare è riscrivere il film per un pubblico giovane, moderno, non scolastico, senza però allontanarmi dal testo originale.
Carlo Carlei: In più si pensi che Romeo and Juliet è un remake perché Giovanni Bandello aveva scritto la storia 200 prima. Shakespeare ha letto un adattamento francese di questa vicenda quindi è stato solo un anello di una lunga catena di persone che si sono tramandate la storia, la quale risale al Medioevo italiano.

Visivamente il film è sontuoso. Parlaci dei contributi tecnici.
Carlo Carlei: Le musiche, che hanno un peso importantissimo, sono tutte originali e sono composte da Abel Korzeniowski. Abel è un giovane comnpositore che ha firmato la colonna sonora di A Single Man. Il film è stato girato con una Red di ultima generazione. A livello visivo ho scelto di basarmi sui colori e sullo stile dei maestri del Rinascimento, quindi ho scelto un grande direttore della fotografia, ma fondamentale è stato il ruolo delle eccellenze italiane che hanno lavorato sul set. In Italia abbiamo professionisti di altissimo livello e questo film è un tributo a loro.

La forza del vostro film sta nell'approccio filologico, ma cosa pensate di operazioni come il Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann che parte dal Bardo per reiventare completamente un universo?
Julian Fellowes: Non mi piace criticare i colleghi perchè spero che loro parlino bene di me. Zeffirelli, prima di noi, ha realizzato due prodotti classici adattando Romeo e Giulietta e La bisbetica domata. Altre volte le versioni troppo aderenti al testo originale rischiano di diventare teatro filmato e questo non va bene. Noi abbiamo potuto sfruttare una serie di libertà che il cinema, rispetto al teatro, offre Per esempio abbiamo potuto scegliere un'attrice giovanissima come Hailee Steinfeld per dare quella qualità della giovinezza vera che Hailee ha. E' un tipo di verità che ci piace avere, ma a teatro sarebbe impossibile trovare un'attrice così giovane.
Carlo Carlei: Ogni regista ha un gusto diverso. Per me era assolutamente importante essere fedele a Shakespeare non per amor di fedeltà, ma perché ritengo che non sia stato esplorato tutto il potenziale dei suoi dialoghi. Per esempio io ho puntato sul personaggio di Benvolio, interpretato ottimamente da Kodi Smith-McPhee, ma ne ho dato una versione diametralmente opposta a quella di Baz Lurhrmann, che per altro adoro.