De Matteo, il regista disincantato che ha incantato il TFF

Abbiamo intervistato il trentottenne attore e regista romano che ci ha parlato del difficile percorso distributivo che sta attraversando il suo film La bella gente, presentato in anteprima nazionale al TFF 2009, storia di una giovane prostituta tolta dalla strada da finti perbenisti pronti a rinnegare le loro buone azioni quando la posta in gioco si fa troppo alta.

"Mi sento un pregiudicato". Con questa semplice ma durissima affermazione si può racchiudere la rabbia di un artista appassionato ma oltremodo amareggiato, cineasta consapevole di aver dato vita ad un'opera più che dignitosa che però non riesce a trovare la sua strada verso una distribuzione nelle sale. Parliamo di Ivano De Matteo, attore, sceneggiatore e regista che ha dato inizio alla sua carriera partendo dal laboratorio teatrale d'avanguardia Il Mulino di Fiora diretto da Perla Peragallo per poi esordire dietro la macchina da presa nel 1999 con il cortometraggio documentario sugli ultrà laziali Prigionieri di una Fede, andato in onda su Sky e vincitore proprio a Torino 17 della Menzione Speciale della Giuria. L'anno successivo realizza un altro documentario sul tifo calcistico, Mentalità Ultras, per poi passare a raccontare la 'sua' Roma nei corti Barricata San Calisto e Fermata Pigneto e la vita nelle carceri in Codice a Sbarre. Nel 2002 il suo primo lungometraggio di finzione Ultimo Stadio, in cui De Matteo si ritaglia anche una parte da attore, si guadagna il plauso di pubblico e critica, candidato al David di Donatello, raccontando storie di ordinaria follia da tifosi, al fianco di Valerio Mastandrea, Franco Nero e di un giovanissimo Elio Germano e dell'allora sedicenne Victoria Larchenko, splendida protagonista ora ventiquattenne del suo ultimo lavoro La bella gente.

Non solo cinema per De Matteo, perchè vedremo nel 2010 su Raidue il film-tv interpretato da Rolando Ravello e Donatella Finocchiaro, scritto da Carlo Lucarelli e diretto dal regista romano intitolato Niente di personale, uno degli otto episodi della seconda serie di Crimini, progetto ideato e curato da Giancarlo de Cataldo che vede coinvolti oltre a Lucarelli diversi altri importanti autori, da Sandrone Dazieri a Massimo Carlotto passando per Gianrico Carofiglio e Giorgio Faletti.

Ivano, cosa ti senti di dire sulla difficile situazione distributiva in cui si ritrova invischiato il tuo film, così tanto apprezzato in Francia? Quali sono i motivi che hanno spinto il distributore firmatario del contratto a fare un passo indietro e a far perdere le sue tracce?

Ivano De Matteo: Mi sono sentito dire per vie traverse cose davvero assurde, che aveva cambiato idea perchè secondo lui il mio non è un film 'commerciale' e non vendibile all'estero, tanto per capirci si aspettava un film come se ne vedono a decine ogni anno a Natale. La sceneggiatura è quella, gli attori sono quelli, il progetto gli è stato sottoposto prima della firma del contratto. La realtà cinematografica italiana è questa purtroppo, vanno per la maggiore sempre gli stessi autori e gli stessi generi, oppure lavori di questo o quell'autore coreano o filippino con i sottotitoli in turco, quelli per intederci che quando si esce dalla sala si realizza di non averci capito niente ma che proprio per questo si è portati a pensare di aver visto un capolavoro. Non chiedo molto, solo una decina di copie per far uscire un film nella mia città e nel mio paese, ho tante richieste di esercenti che non posso soddisfare ed è molto frustrante. Vorrei capire cosa ne pensa il mio pubblico di questo film, spero che prima o poi qualcosa si sblocchi.

Ti senti un po' un precario del cinema?

Peggio, mi sento un pregiudicato, uno a cui sono state tagliate le gambe ancor prima di fare i primi passi. Un aspetto da non sottovalutare poi è il risvolto economico della faccenda. Considerate che io ho avuto quindicimila euro per dirigere il film e con questi soldi ho anche collaborato per procurarmi i mezzi tecnici per la realizzazione, ho anche rinunciato alla roulotte nei periodo delle riprese. Noi siamo gente normale, che fa il proprio lavoro con passione e dedizione, ma se non ci viene neanche riconosciuto il merito o il demerito e data la possibilità di mostrare alla gente quello che abbiamo creato allora tutto perde di senso, non so dove andremo a finire.

Può in questo senso darti una mano il web come mezzo di divulgazione, promozione e discussione?

Mi auguro che in qualche modo le cose riescano a smuoversi, ho ringraziato in tal senso moltissimo la Francia e i distributori francesi, ora partirò anche per un tour nei licei delle città più importanti per discutere dell'argomento trattato nel film. In Francia ci sono tantissimi italo-francesi che hanno spinto tantissimo il mio film, in Francia va di moda il passaparola tra i cinefili, c'è molta più curiosità tra gli spettatori giovani e meno giovani, c'è la cultura del cinema, si va in sala a vedere un titolo non un autore o un nome. Sarebbe straordinario se nel web qualcuno prendesse un'iniziativa i tal senso, se uscisse fuori che so un blog in cui discutere sul film, provare a sondare il terreno per una forma alternativa di distribuzione o lanciare un appello indiretto a chi ha in mano il destino distributivo italiano de La Bella Gente.

Come hai scelto l'attrice protagonista nei panni della giovane prostituta dell'est?

Victoria Larchenko aveva già lavorato con me nel mio primo film Ultimo Stadio, storie che si intrecciavano intorno al tifo calcistico e alle domeniche allo stadio. Ricordo che quando mi parlarono di lei e venni a sapere che era di origini ucraine la scartai immediatamente, poi i responsabili casting mi dissero di guardarla e di parlarci, perchè l'avrei trovata più romana di me, e così fu. Per La bella gente mi sembrava perfetta così l'ho richiamata. E' un'attrice che ha un grande futuro davanti a sé.

Come hai lavorato con gli attori per riuscire a tenerli a freno e a far fare loro quello che tu volevi?

Venendo dal teatro sono un po' paranoico, un perfezionista, lavoro con loro da almeno un mese prima dell'inizio delle riprese cercando di portare la sceneggiatura dal cartaceo sui loro volti, nelle loro espressioni, chiedendo loro cosa pensano di questa o di quella battuta, chiedo sempre consiglio a loro, a volte basta anche una frase o una parola in più a rendere diversa una scena o una battuta. Abbiamo lavorato tutti insieme per quattro settimane nello stesso posto, abbiamo quindi vissuto insieme e fatto gruppo. In generale lascio sempre i miei attori abbastanza liberi ma le scelte vengono fatte sempre sotto la mia supervisione.

Come sei riuscito ad evitare le trappole che una sceneggiatura a dir poco spinosa poteva nascondere in ogni anfratto?

Quando abbiamo pensato il film io e la mia compagna, nonchè sceneggiatrice del film, ci siamo guardati e ci siamo detti 'ok, ci andiamo a impantanare in un terreno melmoso' ma nessuno dei due ce l'ha fatta a tirarsi indietro. Il nostro intento era di esplorare il bosco di retorica, di luoghi comuni, di tesi e antitesi che affligge la nostra società contemporanea, di raccontare la presunzione spicciola di tutta quella bella gente che pensa di sapere come va il mondo e invece alla prima difficoltà è pronta a rimettere in discussione i propri ideali. Da genitori ci siamo guardati intorno e ci siamo detti che dovevamo farlo, che dovevamo a tutti i costi raccontare con un film quello che non ci piaceva mondo ipocrita e meschino con cui avevamo a che fare ogni giorno.

Nel tuo film non accade nulla di particolarmente sconvolgente, non ci sono morti né tragedie familiari forti ma come spettatori ci siamo sentiti davvero molto scossi da quel che abbiamo visto. Secondo te perchè?

Partendo da comportamenti di persone che frequentavamo, da ipocrisie e sensazioni di fastidio che si sommano giorno dopo giorno, io e Valentina abbiamo voluto raccontare proprio una storia tranquilla, senza grossi avvenimenti, in cui a inquietare è proprio quello stato di passività e inerzia che caratterizza tutti i personaggi. E' sotto quell'alone di silenzio e quella patina di falso perbenismo che si celano in realtà le cose peggiori. Ne abbiamo avuto un esempio anche recentemente, con gli ultimi scandali sessuali che hanno travolto la nostra politica. Finchè tutto rimane sotto quella patina si vive apparentemente in pace, ma quando qualcosa riesce a filtrare di solito si tradda di qualcosa di veramente marcio.

Lo stile del tuo film è molto asciutto, l'atmosfera è tesa e molto si deve alla colonna sonora di grande importanza. Come sei riuscito a trasformare un dramma intenso in un thriller feroce con venature di grottesco?

Ho lavorato molto sulle musiche insieme a Francesco Cerasi ma già prima di iniziare a girare avevo un'idea chiarissima sul tema musicale che volevo per il film. Ogni opera è in realtà una bilancia con i pesi sui due piatti, con elementi da una parte e dall'altra che si alzano e si abbassano, fotografia, musiche, caratterizzazione dei personaggi a tutto il resto. Mi piace moltissimo poi vedere e sentire personalmente le reazioni del pubblico dopo e durante la visione, mi interessano gli effetti e i risvolti psicologici sul pubblico. Per questo spesso mi intrufolo nelle proiezioni.

Ivano, quali sono i tuoi riferimenti cinematografici?

Io adoro Luis Buñuel, ma a parte questo non sono un intellettuale del cinema, ho delle visioni, venendo dal teatro visivo credo che nei miei film ci sia un po' di tutto quello che ho studiato e visto nella mia vita. Senz'altro Bunuel è l'autore che amo di più, la sua cattiveria e la sua ironia graffiante che scava a fondo e ferisce profondamente come una lametta.

Vorremmo chiudere con una battuta chiarificatrice sui risvolti politici del tuo film e su tutte quelle eventuali strumentalizzazioni cui esso si presta e si presterà in futuro.

E' chiaro che questo non è un film fatto da una persona di destra contro la sinistra, il mio pensiero a questo proposito è che se porti in mano una bandiera allora la devi portare sempre, fino in fondo e fino alla fine.