De Matteo, Antonio Catania e Elio Germano presentano La Bella Gente

Abbiamo incontrato il cast del primo film italiano in programmazione oggi al Torino Film Festival nella sezione Figure nel Paesaggio, diretto dal regista romano Ivano De Matteo e vincitore di un doppio importante premio al Festival del Cinema Italiano di Annecy. Presente anche la giovane bellissima protagonista, al suo secondo lavoro con De Matteo.

Sorprendentemente senza ancora distribuzione italiana, cosa di cui il regista Ivano De Matteo si è lamentato fortemente durante il nostro incontro, La bella gente viene proiettato per la prima volta oggi in anteprima nazionale al Festival di Torino 2009 dopo aver partecipato ad Annecy ed aver riscosso un grandissimo successo in tutta la Francia. Scritto dalla compagna di vita del regista Valentina Ferlan, con la quale egli lavora e vive ormai da vent'anni, il nuovo lavoro del pluripremiato cineasta romano che ha alle spalle una prestigiosa carriera di documentarista, arriva a ben sette anni di distanza da Ultimo Stadio, film che uscì nel nostro paese distribuito da Columbia Tri Star e fu lanciato come La bella gente sempre al Festival di Annecy per poi approdare nei festival di cinema italiano a New York, San Francisco, Villerupt e Siviglia. Nel cast grandi nomi del nostro cinema, che riunisce due giovani attori che avevano già lavorato in passato con De Matteo, Elio Germano e la bellissima e bravissima protagonista del film Victoria Larchenko, ventiquattrenne attrice di origini ucraine ma quasi più romana del regista, ed aggiunge un peso specifico con la presenza di Monica Guerritore, Antonio Catania e Iaia Forte.

Il titolo del film è chiaramente giocato in contrapposizione all'evidenza dei fatti, la bella gente di cui si parla alla fine non non è poi tanto bella come crede di essere...

Ivano De Matteo: Chiaramente il titolo del film è dedicato ironicamente a tutti quelli che si reputano belle persone ma che in fondo non lo sono affatto, quelli che si nascondono dietro la loro facciata di benpensanti svelando un marciume che neanche loro stessi sanno di avere dentro. E' questo ciò che a mio avviso fa più effetto di questa storia, all'inizio tutto sembra diverso, persino il loro sguardo, è la caratteristica principale dei falsi moralisti quella di partire piano piano e di arrivare tanto in basso da non crederci neanche loro stessi. E' impressionante vedere come queste due coppie facciano un percorso diverso ma arrivino alla fine nello stesso punto, raccontare questa storia è stato per me un po' come mostrare le due facce della stessa medaglia, una famiglia che si mostra subito per quel che è e l'altra, forse anche peggiore della prima, lascia invece sfiorire man mano la bellezza di quel che era stato lo spunto iniziale.

Com'è vi è venuto in mente di raccontare questa storia così forte e tagliente?

Ivano De Matteo: In un primo momento la mia idea era quella di voler essere a tutti i costi presuntuoso nell'attaccare a spada tratta quel genere di persone e di classe sociale, poi rivedendo il flim nel suo complesso mi sono chiesto cosa avrei fatto io nei panni della protagonista. In questo film si parla di ipocrisia, di quella buona e di quella malata, è un po' come il colesterolo, c'è quello buono e quello cattivo. A volte la usiamo per difenderci e per andare avanti in una società di squali devastata dall'indifferenza a volte ci rendiamo conto di essere vittime delle nostre stesse parole. Il film è nato un giorno in cui eravamo a pranzo in campagna insieme ad un po' di bella gente, mentre i camerieri ci versavano il vino di quella cantina piuttosto che dell'altra e ci mettevano il cibo nel piatto il tema di cui si parlava era quello delle prostitute nigeriane e francamente mi sono sentito molto infastidito da questi discorsi, li ho trovati di un cattivo gusto allucinante.

A proposito di ipocrisia, cosa pensa Antonio Catania del suo personaggio?

Antonio Catania: La cosa veramente interessante dal mio punto di vista di attore nei panni di un uomo obbligato dalla moglie, una donna che ha sicuramente un carattere molto più forte e impulsivo del suo, è come egli sia disposto a divenire suo complice accettando una situazione che in un altro momento non avrebbe mai accettato. Quel che mi ha sorpreso è stato scoprire che quando pensi di conoscere te stesso e di sapere che sei fatto in un certo modo arriva la situazione in cui non riesci a mettere in pratica quello che è il tuo volere ma ti lasci condizionare dagli eventi. Esiste la possiblità di scoprire che non sei veramente come hai sempre pensato di essere, maggiore è l'aspettativa che si ha di se stessi e maggiore è la mazzata che arriva quando ti rendi conto che quel che hai fatto e detto in realtà non appartiene al tuo modo di essere.

Quali sono secondo Elio Germano l'ipocrisia e la mancanza più gravi che si possono attribuire alla sua generazione?

Elio Germano: L'ipocrisia e l'individualismo sono le due malattie trasversali più gravi della nostra epoca. I personaggi di questa storia sono tutti spinti dalla necessità di appagamento di qualcosa, se li guardiamo singolarmente e li analizziamo vediamo chiaramente come nessuno di essi vuole essere disturbato dalla presenza scomoda di questa ragazza che è a tutti gli effetti una vittima. Funziona così oggi, tu dici la tua ma non condividi nulla della tua vita con chi ti sta di fronte, questo atteggiamento col tempo diventa ipocrisia per forza di cose. Possiamo avvicinare questo distacco tra l'individuo e il mondo che lo circonda al distacco che viviamo tra la politica e la vita quotidiana di ognuno di noi. Quel che personalmente mi angoscia è vedere come questo tipo di individualismo sia presente a tinte forti nella mia generazione, e fa più male ancor di più vederlo serpeggiare tra i ventenni. Giovani caricati di aspettative, visti come portatori di innovazione e di freschezza, di speranza per il futuro che si perdono in un bicchier d'acqua per il sesso e le trasgressioni, per uno stipendio più alto o per una macchina più veloce. L'ipocrisia è proprio questo, la mancanza di voglia di condividere, un male che ci sta distruggendo e che sta causando una lenta ed inesorabile decomposizione della società civile.

Non avete paura che il vostro film possa venir strumentalizzato politicamente visto che si parla chiaramente nel film di due coniugi intellettuali di sinistra?

Ivano De Matteo: Nel film si parla ovviamente di una famiglia borghese di sinistra, ma sapete tutti che io non sono di destra, anzi. Non era assolutamente nelle mie intenzioni realizzare un film che fosse una critica a questa o a quella parte politica, il mio intento era quello di mostrare brutture e contraddizioni di una classe da cui ti aspetti ben altro, la mia critica si rivolge a tutti quei liberali qualunquisti che si proclamano di sinistra ma alla fine non sono tanto diversi dai loro oppositori. La stessa storia con protagonisti due coniugi berlusconiani o leghisti non avrebbe avuto una simile forza, non sarebbe riuscita a creare lo stesso senso di fastidio nello spettatore. In tal senso vorrei citare una delle frasi che il personaggio interpretato da Monica Guerritore dice nel film: "è difficile capire come comportarsi quando la persona a cui dai tanto inizia a prendere". Mi rendo conto che abbiamo servito su un piatto d'argento questa strumentalizzazione ma voglio precisare che la mia è un'analisi profonda di una classe sociale che sbandiera un perbenismo e una generosità che non è effettivamente nelle sue corde. Non a caso si dice che chi beve solo acqua ha sempre qualcosa da nascondere.

A tratti la recitazione della Guerritore può apparire troppo enfatica e forzata. E' stato difficile per lei come regista gestire attori che hanno un passato così importante alle spalle, non c'è secondo lei il rischio che a volte il loro carisma travolga e mistifichi le intenzioni reali del regista o dell'autore?

Ivano De Matteo: Durante le riprese rivedevo man mano spezzone per spezzone, scena per scena ogni singola sequenza in cui lei era protagonista. Credo onestamente di aver fatto un buon lavoro sul suo personaggio come su di lei, sapevo che era rischioso avventurarsi in certi meandri e che era assai più facile cadere nella trappola di un'esasperazione teatrale che poteva solo nuocere al film. Analizzandolo bene il tutto non ho visto queste esagerazioni, Monica ha tentato più volte di imporre la sua recitazione e le sue intenzioni ma non c'è riuscita, di quel che avrebbe voluto impormi non è rimasto più nulla dentro al film, quello che vedete è tutta roba mia compreso il finale.

Il tuo cinema non è quello che vediamo ne La bella gente, non è quello che abbiamo visto nelle tue fiction del passato, o nel tuo cinema d'impatto sempre molto pensato e viscerale come in Ultimo Stadio, come se stavolta ti fossi preoccupato nella costruzione di una storia normale, lineare, compatta e per questo assai più distribuibile rispetto ai tuoi lavori precedenti. E' stato un cambio di direzione voluto o è stata la sceneggiatura a richiedere un lavoro diverso in questo senso?

Ivano De Matteo: La bella gente è stato realizzato unicamente con il contributo statale di 450 mila euro e girato in sole quattro settimane. Nonostante tutto credo sia venuto fuori un film dignitoso che però per uno strano caso del destino non ha una distribuzione italiana che riesca a farlo uscire nelle sale anche in poche copie. La verità è che noi un distributore lo avevamo con tanto di contratto al seguito, altrimenti non avremmo mai avuto il finanziamento pubblico, solo che poi si è dileguato e tuttora non so più nulla di lui. Il film ha avuto un grande successo in giro per la Francia, inizierò a breve un giro per i licei del paese ma per assurdo non riesco a far vedere il mio film nella mia città per esempio, viviamo in un paese assurdo in cui facciamo uscire sempre gli stessi film, come una catena di montaggio e non si da la possibilità di esprimersi a chi ha veramente qualcosa da dire.

Il trucco sul volto di una giovane donna visto come sporcizia, come metafora di una maschera e di un marciume in due citazioni presenti all'inizio e alla fine del film. Parliamo della scena della purificazione della ragazza che mostra il suo vero volto senza manipolazioni e finzioni col colore che va a finire insieme al sapone nello scarico della vasca da bagno e di quella scena nel finale in cui Nadja si rimette il suo rossetto, che sembra alludere ad un ritorno alla sua vecchia vita.

Victoria Larchenko: A mio avviso quest'ultima scena non sta a significare che lei ritorna a fare la stessa vita di prima ma è forse più un voler sottolineare come Nadja torni ad essere quella che era sulla strada, a riacquisire quella forza e quella durezza che aveva abbandonato, a mettere in campo nuovamente quella barriera difensiva che un po' aveva abbassato sentendosi protetta e al sicuro al'interno della bambagia familiare in cui Susanna e Alfredo l'avevano rinchiusa. Poi ovvio che ognuno si fa la sua idea e interrpreta le cose a modo suo. Quel che viene fuori a mio avviso da quella sequenza finale è come per i due coniugi l'avventura a contatto con Nadja sia stata in realtà solo una breve parentesi prima di tornare alla vita di sempre, mentre a portare le ferite più profonde è lei, vittima di un ulteriore tradimento ma pronta a rinforzare la sua corazza con anticorpi nuovi e a fare tesoro di questa orribile esperienza.

Cosa ci vede Ivano De Matteo in questo finale?

Ivano De Matteo: L'immagine è chiara, Nadja si intasca i soldi prendendo l'ennesima marchetta da parte di chi prova a pagare in moneta il debito con la propria coscienza. E' un po' come un cane abbandonato per strada, lo prendi lo porti a casa e lo coccoli fino a quando non ti fa la pipì sul tappeo o sul pavimento, è quello il momento in cui decidi di riportarlo al canile o di regalarlo al vicino di casa.