È un compleanno importante, quello festeggiato in questi giorni dai David di Donatello: risale infatti a settant'anni fa l'istituzione di quello che, nel tempo, sarebbe diventato il più prestigioso premio destinato al cinema italiano. Era il 1955 quando il Comitato per l'Arte e la Cultura e il Circolo Internazionale del Cinema decisero di creare un nuovo trofeo per le produzioni nostrane: nel pieno del Boom economico, in un periodo in cui la cosiddetta "commedia all'italiana" stava sperimentando un successo sempre più vasto, i David di Donatello andavano dunque a rivaleggiare con i Nastri d'Argento, creati invece nel 1946 dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani. Un anno più tardi, il 5 luglio 1956, si sarebbe svolta a Roma la prima cerimonia di premiazione dei David, subito pronta a incoronare due grandi nomi dello star system nazionale, Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida.
I David di Donatello: ieri, oggi, domani

Da allora, i David di Donatello avrebbero attraversato sette decenni di storia del cinema italiano, contribuendo talvolta alla canonizzazione di pellicole, autori e interpreti o, più semplicemente, indicando tendenze e direzioni dell'industria, ma anche l'andamento dei gusti della critica e del pubblico. Nel frattempo, il premio ha vissuto numerose trasformazioni: il progressivo aumento del numero di categorie, ormai da tempo superiori a quelle riservate dall'Academy americana ai lungometraggi; l'introduzione del sistema delle candidature, sempre sul modello degli Oscar e di altri trofei analoghi; un'intera sezione di premi per il cinema internazionale, sezione pressoché scomparsa dalla metà degli anni Novanta e ridottasi a un singolo David per il miglior film internazionale, attribuito quest'anno ad Anora di Sean Baker.

Mercoledì sera, alla settantesima edizione dei David di Donatello, vedremo se per la primissima volta negli annali dei David un'autrice donna conquisterà il premio come miglior regista (in lizza nella cinquina troviamo Francesca Comencini, Valeria Golino e la presunta favorita, Maura Delpero); se la corsa per il miglior film si risolverà in un duello fra Vermiglio e Parthenope o se a prevalere sarà invece una miniserie TV proiettata anche sul grande schermo, L'arte della gioia; e se a essere eletto miglior attore sarà uno dei beniamini dei David, come Elio Germano, Fabrizio Gifuni e Silvio Orlando, o al contrario il ventiduenne Francesco Gheghi. Intanto però, in omaggio ai settant'anni dei David, ripercorriamo i sette decenni di vita degli "Oscar italiani", e in parallelo alcuni dei grandi film che hanno scandito le varie fasi della sua esistenza.
1956-1965: l'età d'oro, nel segno di Fellini, Loren e De Sica

Il primo decennio dei David di Donatello capita in un periodo a dir poco fortunato: gli anni dal 1956 fino alla metà del decennio successivo corrispondono senz'altro all'apogeo del cinema italiano e alla sua fortuna anche al di fuori dei confini nazionali. Un apogeo segnato in primo luogo da uno dei registi più celebrati e influenti nella storia della settima arte, Federico Fellini, di cui i giurati dei David non tardano a riconoscere il talento: in edizioni in cui ancora non esiste il premio per il miglior film, ma solo quelli per il miglior regista e per il miglior produttore, Fellini viene ricompensato nel 1957 per Le notti di Cabiria e nel 1960 per l'epocale La dolce vita (resta ignorato, in compenso, il suo capolavoro del 1963, 8½).

Nel 1961 è invece un altro grande maestro, Michelangelo Antonioni, a essere insignito del premio per la regia grazie a La notte, mentre nelle edizioni a venire il David di Donatello sarà attribuito a grandi autori emergenti quali Ermanno Olmi (Il posto, 1962), Pietro Germi (Sedotta e abbandonata, 1964) e Francesco Rosi (Il momento della verità, 1965), insieme a una doppietta per Vittorio De Sica, premiato per I sequestrati di Altona (1963) e Matrimonio all'italiana (1965). Ma il decennio 1956-1965 è anche quello dei divi italiani più amati di sempre: Sophia Loren e Vittorio Gassman si aggiudicano tre statuette a testa, mentre ricevono due David attrici di fama mondiale quali Anna Magnani e Gina Lollobrigida e due colossi della commedia all'italiana, Alberto Sordi e Marcello Mastroianni.
1966-1975: Germi, Petri e la riscossa di Visconti

Nel loro secondo decennio di attività, i David di Donatello andranno incontro a ulteriori cambiamenti nella struttura del premio, con l'introduzione nel 1970 della categoria per il miglior film. L'intero periodo sarà caratterizzato inoltre dall'abitudine agli ex aequo, con una media di due vincitori per ciascuna categoria (all'edizione 1971 ci saranno addirittura tre titoli eletti a pari merito come miglior film). Insomma, si tratta per certi versi di un premio ancora in cerca d'identità e caratterizzato da scelte che continuano a incoronare i grandi nomi del panorama italiano: Vittorio De Sica con Il giardino dei Finzi Contini (1971), Pietro Germi con Signore & signori (miglior regia nel 1966) e Alfredo, Alfredo (1973), Dino Risi con Profumo di donna (miglior regia nel 1975) e ovviamente Federico Fellini, che nel 1974 mette a segno la doppietta di miglior film e regia per il suo acclamato Amarcord.

Ma gli anni Settanta sono anche il decennio in cui i David testimoniano il talento di nuove, grandi voci del cinema italiano: va in questa direzione il trionfo di Elio Petri grazie a Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) e La classe operaia va in paradiso (1972), di Bernardo Bertolucci per Il conformista (1971) e dei due premi a Franco Zeffirelli per la regia di Romeo e Giulietta (1969) e di Fratello Sole, sorella Luna (1972). Le categorie degli interpreti sono segnati dalle vittorie multiple degli immancabili Alberto Sordi, Silvana Mangano, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Claudia Cardinale, Nino Manfredi, Monica Vitti e Sophia Loren, mentre la prima metà degli anni Settanta riserva una tardiva pioggia di statuette a un maestro fino ad allora pressoché ignorato dai giurati dei David, Luchino Visconti: il regista milanese riceve in tutto quattro David fra il 1971 e il 1975 grazie a Morte a Venezia, Ludwig e Gruppo di famiglia in un interno.
1976-1985: la commedia all'italiana fra canto del cigno e nuovi talenti

Il decennio 1976-1985 sancisce un'ideale fase di passaggio sul piano dei registi e degli interpreti più rappresentativi del nostro cinema, in particolare rispetto al genere della commedia. Tuttavia, a riscuotere i maggiori consensi in questo periodo è Francesco Rosi, maestro indiscusso dei drammi d'impegno civile, che si porterà a casa ben sette statuette: miglior film e regia nel 1976 per Cadaveri eccellenti, nel 1979 per Cristo si è fermato a Eboli e nel 1985 per Carmen, oltre al premio nel 1981 per la regia di Tre fratelli. Ma sono anche anni in cui il David di Donatello rivela una natura 'schizofrenica' sul piano organizzativo. Dopo varie edizioni segnate da ex aequo a profusione (nel 1979 ben tre titoli condividono il trofeo principale) e l'assenza, nel 1980, del premio come miglior film, l'edizione 1981 apre a due importanti novità: l'inaugurazione delle nomination e l'inserimento delle categorie tecniche.

Ma al di là dei radicali cambiamenti nel regolamento, queste edizioni riflettono soprattutto una celebrazione dei grandi nomi della gloriosa commedia all'italiana in contemporanea con l'emergere di una nuova generazione. Alla categoria dei maestri già affermati appartengono Mario Monicelli, premiato fra 1976 e 1977 per Amici miei e Un borghese piccolo piccolo, Luigi Magni (In nome del Papa Re, miglior film 1978) ed Ettore Scola, ricompensato nel 1978 per Una giornata particolare e nel 1984 per Ballando ballando; nel frattempo, Monica Vitti e Mariangela Melato fanno incetta di statuette come miglior attrice. Gli anni Ottanta, in compenso, si aprono con una valanga di trofei per giovani registi-attori, alfieri di nuove tipologie di comicità: Massimo Troisi, che nel 1981 si aggiudica i premi per miglior film e miglior attore con Ricomincio da tre, Carlo Verdone, premiato nelle stesse categorie nel 1982 per Borotalco, e Francesco Nuti, eletto per due volte miglior attore.
1986-1995: il "passaggio di testimone" da Monicelli e Scola a Nanni Moretti

L'aumento del numero di categorie porta, alla metà degli anni Ottanta, a una serie di record per numero di vittorie, messi a segno da alcuni fra i veterani del cinema italiano: nel 1986 Speriamo che sia femmina di Mario Monicelli ottiene sette David di Donatello; nel 1987 è Ettore Scola a trionfare ai David grazie a La famiglia, sei premi in tutto, incluso il settimo David come miglior attore per Vittorio Gassman; nel 1988 Bernardo Bertolucci, reduce dall'en plein agli Oscar, stabilisce un ulteriore primato grazie ai nove David di Donatello per il dramma storico L'ultimo Imperatore; mentre nel 1989 a imporsi è Ermanno Olmi con La leggenda del santo bevitore. Intanto, però, si va ritagliando spazio una nuova generazione di autori, che dopo aver già raccolto i primi elogi negli anni Ottanta è ora in procinto di farsi consacrare anche dai giurati dei David.

In prima fila troviamo Gianni Amelio, che nel 1990 vede il suo Porte aperte proclamato miglior film, seguito nel 1992 dai cinque David (tra cui miglior film e regia) per Il ladro di bambini. Nel 1991 è la volta di Gabriele Salvatores con la commedia a sfondo bellico Mediterraneo, che l'anno dopo lo porterà fin sul palco degli Oscar, e di Francesca Archibugi, prima regista donna a conquistare il David di Donatello per il miglior film, fra l'altro con ben due pellicole: nel 1991 con Verso sera e nel 1993 con Il grande cocomero. Il 1994 è l'anno della vittoria del neo-quarantenne Nanni Moretti per l'autobiografico Caro diario, mentre nel 1995 i premi per film e regia sono assegnati rispettivamente a La scuola di Daniele Luchetti e L'amore molesto di Mario Martone, due registi in ascesa nel panorama degli anni Novanta.
1996-2005: La vita è bella, ma non solo...

Quella stessa generazione di cineasti arrivati alla ribalta fra gli anni Ottanta e Novanta continua a raccogliere consensi fra i giurati dei David anche nelle ultime edizioni del ventesimo secolo: dopo i premi per Amelio, Moretti e Luchetti, ora è il turno di Paolo Virzì (Ferie d'agosto, eletto miglior film del 1996) e Giuseppe Tornatore (miglior regista per L'uomo delle stelle nel 1996 e La leggenda del pianista sull'oceano nel 1999). Fra il 1997 e il 1998, invece, ai David di Donatello si impongono due opere dedicate alla Seconda Guerra Mondiale e all'atroce esperienza dei lager: nel 1997 La tregua, diretto dal veterano Francesco Rosi (al suo sesto David come miglior regista), e nel 1998 La vita è bella, fenomeno di portata mondiale firmato e interpretato da Roberto Benigni. Con il suo azzardato amalgama di comicità e tragedia, La vita è bella registra un gigantesco successo di pubblico in tutto il mondo e colleziona nove David di Donatello, a cui seguiranno poi tre premi Oscar.

Nove David di Donatello è il totale da record segnato da lì a breve anche da altre due pellicole: nel 2000 la commedia romantica Pane e tulipani di Silvio Soldini, premiata anche per i protagonisti Bruno Ganz e Licia Maglietta, e nel 2002 il dramma storico Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi. Nel 2001 viene eletto miglior film La stanza del figlio, altro apprezzatissimo lavoro di Nanni Moretti, mentre il 2003 vede il trionfo de La meglio di gioventù di Marco Tullio Giordana, cronistoria familiare realizzata come una miniserie TV. Ma all'inizio del nuovo millennio i giurati dei David mostrano notevole attenzione pure nei confronti di alcuni registi ancora ai loro primi passi nell'industria: Gabriele Muccino con L'ultimo bacio (2001), Ferzan Ozpetek con La finestra di fronte (2003) e soprattutto Paolo Sorrentino, ricompensato nel 2005 per il dramma grottesco Le conseguenze dell'amore, interpretato da quel Toni Servillo destinato a diventare il suo attore-feticcio.
2006-2015: Garrone e Sorrentino, una nuova "età d'oro"?

È ancora una volta Nanni Moretti a fare la parte del leone ai David di Donatello 2006, stavolta con l'amarissima satira politica Il caimano (sei trofei, fra cui miglior attore per Silvio Orlando). È un periodo, quello del decennio 2006-2015, in cui la maggioranza dei giurati dei David tende a "puntare sul sicuro", attribuendo un gran numero di premi ad autori già affermati della scena nostrana. Ecco dunque ben due doppiette (miglior film e regia) al 'solito' Giuseppe Tornatore, nel 2007 per La sconosciuta e nel 2013 per La migliore offerta, nonché una pioggia di trofei in favore di interpreti quali Margherita Buy (cinque statuette come miglior attrice), Valeria Bruni Tedeschi, Valerio Mastandrea ed Elio Germano. Ma l'attore più blasonato del decennio, con quattro David ottenuti fra il 2005 e il 2014, è Toni Servillo, volto-simbolo di alcuni fra i titoli di punta nella storia del premio.

Nel 2008 Servillo è il detective protagonista del giallo La ragazza del lago, opera prima di Andrea Molaioli, che con ben dieci David di Donatello stabilisce un primato tuttora insuperato; nel 2009 si cala nel ruolo di Giulio Andreotti ne Il Divo di Paolo Sorrentino e nel 2014, ancora per Sorrentino, è il cronista delle folli notti romane de La grande bellezza, che si aggiudica l'Oscar come miglior film straniero e nove premi David, ma viene clamorosamente superato come miglior film da Il capitale umano di Paolo Virzì. Sorrentino è il cineasta più rappresentativo di questa fase di 'rinascita' del cinema italiano insieme a Matteo Garrone, che nel 2009 incassa sette David di Donatello con il dramma criminale Gomorra. Risultati simili in termini di premi, ma con una visibilità di gran lunga inferiore presso il pubblico, saranno riportati in seguito da L'uomo che verrà di Giorgio Diritti (2010), Vincere di Marco Bellocchio (2010), Noi credevamo di Mario Martone (2011), Cesare deve morire di Paolo e Vittorio Taviani (2012) e Anime nere di Francesco Munzi (2015).
2016-2025: fra vecchi e nuovi maestri, ma c'è ancora domani...

Il settimo decennio di esistenza dei David di Donatello è contraddistinto dal predominio degli stessi nomi che si erano già imposti negli anni precedenti, e che conservano un posto di primissimo piano in termini di attenzione della critica e degli spettatori. A partire da Matteo Garrone, che fa nuovamente incetta ai David con il fantasy Il racconto dei racconti (sette premi nel 2016), il dramma criminale Dogman (nove premi nel 2019) e la storia sui migranti Io capitano (sette premi nel 2024). Altre "vecchie conoscenze" dei David sono Paolo Virzì, vincitore nel 2017 con la commedia La pazza gioia, e Giorgio Diritti con Volevo nascondermi, che nel 2021 vale a Elio Germano il quarto dei suoi cinque David; mentre Paolo Sorrentino, in lizza quest'anno con Parthenope, è stato il trionfatore indiscusso dell'edizione 2022 grazie alla commovente autobiografia È stata la mano di Dio.

In un decennio scandito pure da qualche vincitore più 'atipico', dalla commedia Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese nel 2016 (lo stesso anno dei sette David per il cinecomic nostrano Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti) al musical Ammore e malavita dei Manetti Bros nel 2018, uno degli autori più premiati è stato l'infaticabile Marco Bellocchio, che proprio di recente ha firmato alcuni fra i maggiori successi di una carriera pluridecennale: il 2020 è stato infatti l'anno dei sei David per il dramma sulla Mafia Il traditore, tra cui miglior film, regia e attore (Piefrancesco Favino), a cui si è aggiunto nel 2023 il premio per la regia della miniserie Esterno notte, nella stessa edizione in cui viene proclamato miglior film Le otto montagne, dei registi belgi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch. Dopo il 2024, edizione sotto il segno di Io capitano e del fenomeno C'è ancora domani di Paola Cortellesi, viene da chiedersi chi sarà a "raccogliere il testimone" da qui ai prossimi anni, e se magari fra i candidati del 2025 si celi qualcuno tra i futuri maestri del cinema di domani...