Netflix ci porta a Curon per la sua nuova serie italiana che ci è stata presentata con due doppie e ricche conferenze stampa, una prima dedicata ai protagonisti dello show soprannaturale, un'altra in cui sono stati i due registi Fabio Mollo e Lyda Patitucci, insieme agli sceneggiatori Ezio Abbate, Ivano Fachin Giovanni Galassi e Tommaso Matano, a raccontare l'ideazione e realizzazione di questa storia densa di mistero e tensione. Ad accompagnarli in questa presentazione, Ilaria Castiglioni, manager per le serie originali italiane di Netflix, che ha spiegato come si tratti di un "prodotto nuovo per l'offerta del nostro paese, anche se presenta sotto la superficie delle caratteristiche che rappresentano la nostra idea cardine: l'identità. Fondamentale per tutti i personaggi che affrontano un viaggio e per il luogo, con una propria identità locale che lo rende unico e gli permette di mettersi in connessione con il pubblico mondiale."
Ma è anche il genere, "un elemento importante della nostra storia", a permettere di entrare in sintonia con il pubblico di tutto il mondo. "È stato interessante vedere come al lancio del poster il pubblico di tutto il mondo ha risposto con la stessa emozione che abbiamo provato noi vedendola per la prima volta" ha raccontato la Castiglioni che ha sottolineato un altro elemento chiave della politica del canale streaming: "La voglia di innovare è fondamentale per Netflix!"
Questione di identità
Se però parliamo di identità, è necessario ragionare anche su quale sia quella di Curon. "È una bella domanda" ci dice Ezio Abbate, uno degli autori della serie Netflix (di cui abbiamo parlato nella nostra recensione di Curon), nel raccontare quella che è sembrata da subito una grande scommessa "potremmo definirla supernatural, thriller, horror, dramedy... è molto democratica, ognuno la vede come gli pare." Una scommessa nata nel febbraio 2018 cercando un'idea per la piattaforma streaming, quando l'attenzione è ricaduta su Curon grazie a un viaggio non fatto da Tommaso Matano: "Era in Trentino e aveva intenzione di visitarla" spiega Giovanni Galassi, "si è impigrito e non è andato, ma gli è rimasta la voglia di visitarla." È bastato un sopralluogo in paese per capire che erano nel posto giusto.
"È tutto lì: il paese nuovo che si specchia nel lago, il campanile, il sommerso..." dice ancora Galassi "Curon nasce da Curon, il luogo è tutto!" Lo conferma Ezio Abbate: "Siamo partiti dal luogo, da questa leggenda da horror puro, aggiungendo poi altri ingredienti, il thriller e la tensione, il coming of age, senza perdere di vista quello che ci stava più a cuore, ovvero l'umanità e la struttura da drama. Man mano che spezzavamo il plot in singoli episodi, abbiamo visto crescere il mondo dei personaggi."
Curon e la natura protagonista
Del ruolo chiave del luogo per lo sviluppo di Curon ha parlato anche il regista Fabio Mollo: "L'ho percepito già leggendo la prima stesura del primo episodio e ho fantasticato molto sul rapporto tra storia e natura. Niente di paragonabile a quello che abbiamo provato io e Lyda quando abbiamo visitato il luogo, lasciandoci guidare da quello che vedevamo. Era maggio e dopo il primo sopralluogo ha iniziato a nevicare. Tutto era coperto di neve e abbiamo capito quanto la natura fosse protagonista, per questo abbiamo voluto darle un aspetto forte, drammatico, violento, ma al tempo stesso dolce e pieno d'amore." Un mistero da esplorare che potesse diventare protagonista, "ricollegandosi al sentimento dei personaggi, che tendono a nascondere una parte di sé, che corrisponde spesso al nostro istinto animale, che non risponde alle regole di buono e cattivo."
"La natura ci accompagna in tutto il percorso in questa serie" ha confermato l'altra regista, Lyda Patitucci, "una natura che viene ingabbiata dall'uomo, ma spesso si ribella e vince. Ci ha messo alle strette e ci ha governato per tutta la lavorazione" con una difficoltà sempre presente, una sfida continua che è simboleggiata da un personaggio in particolare della storia: un lupo, un'ulteriore difficoltà nel corso delle riprese. "L'abbiamo fatto con consapevolezza" ha spiegato la regista, "adeguandoci ai ritmi della natura e degli animali. Quando si lavora con loro, siamo noi a doverci adeguare ai loro ritmi e abbiamo ritagliato un segmento che era come un piccolo cortometraggio sui lupi, una bolla che aveva tempi e ritmi di lavoro completamente diversi."
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Difficoltà crescente
Ma alla domanda su quale sia stata la scena più complessa da girare la risposta è diretta e semplice per Fabio Mollo: tutte. Perché tra effetti speciali, lupi e clima la produzione di Curon non si è fatta mancare niente in termini di difficoltà. "A volte abbiamo girato di notte a -10, anche per scene molto complesse" con la voglia di dare sempre il massimo in ogni situazione. Ne è convinta anche la Patitucci: "ricordo una difficoltà crescente. Cercavamo di aiutarci disperatamente e ho in mente una scena in particolare per la quale abbiamo dovuto anche cambiare piani: a volte ti ritrovi a dover cambiare tutto e non sempre la location ti offre quello che cerchi." Il tutto cercando di far convivere il lavoro più propriamente tecnico con quello sui personaggi, vero motore della storia.
Il campanile come simbolo
Il cuore dei personaggi di Curon è composto da adolescenti, molto difficile da rappresentare con fedeltà. "La narrazione teen è presente in tutte le reti oggi" ha spiegato Giovanni Galassi, "ma è anche una delle più rischiose perché rischia di essere poco sfaccettata e profonda. Abbiamo avuto la fortuna di imbroccare subito dei personaggi e conflitti base che ci hanno guidati, aiutati dal luogo: il racconto di una piccola provincia aiuta a definire gli archetipi". E questa piccola provincia si è dimostrata subito molto accogliente con la produzione, incuriosita e affascinata dal lavoro che si stava facendo e che potrebbe accrescere la natura turistica della cittadina con il suo potente simbolo del campanile che emerge dalle acque.
"È il luogo del mistero della storia" ha detto Mollo, "genera il mistero ed è centrale. È un elemento visivo molto importante che diventa personaggio vero e proprio". Una centralità non solo visiva, ma anche sonora grazie al suono delle campane che si lega alla maledizione di Curon. Gli fa eco la sua collega: "è il simbolo di una storia che ha avuto un impatto molto violento su quella comunità, di cui noi raccogliamo una sensazione. Ogni volta che vediamo il campanile, ce la ricorda. Ma in generale è altrettanto simbolico tutto il lago, con il duplice aspetto di luogo magnifico e simbolo della violenza dell'uomo che ingabbia la natura in un lago artificiale."