Da oggi li vedremo al cinema nei panni di due fratelli diversi come la notte e il giorno. Un ruolo che Vinicio Marchioni e Michele Alhaique, protagonisti di Cavalli, film d'esordio del documentarista Michele Rho, hanno intepretato con sincero trasporto. Alessandro e Pietro, questi i nomi dei loro personaggi, sono due giovani uomini che vivono nella Toscana di fine '800. Svezzati con brutalità da un padre che li abbandona al loro destino dopo la morte prematura della madre (un'inedita Asia Argento), sanno trovare in sé stessi la forza per ricominciare, grazie al rapporto di affetto vero che li lega e al misterioso vincolo che li unisce ai rispettivi cavalli, creature indomite che li accompegneranno per tutta la vita, nei momenti tragici e in quelli più sereni. Se il passionale Alessandro, infatti, tenta la fortuna lontano dal paese natìo, e per farlo stringe amicizia con persone poco raccomandabili, Pietro, più calmo, ma non per questo meno coraggioso, vuole realizzare il sogno di diventare un allevatore e sposare Veronica (Giulia Michelini), scatenando le ire del tirapiedi di un nobile locale, abituato a spadroneggiare nel villaggio. Del film, e non solo, abbiamo parlato con i due interpreti principali.
Vinicio, uno dei tratti distintivi del suo personaggio Alessandro è l'ambizione, o meglio il desiderio un po' folle di superare i propri limiti, di cercare sempre qualcosa di nuovo, senza accontentarsi. E' un elemento che appartiene anche al suo carattere? Vinicio Marchioni: Direi proprio di sì, cerco in ogni film o spettacolo che faccio, in ogni ruolo, possibilità di sorprendermi, di mettermi in difficoltà e di esplorare territori espressivi sempre nuovi rispetto a quello che ho fatto in precedenza.
Michele, il tuo personaggio è quello che ha il rapporto più diretto con i cavalli, visto che decide di diventare un allevatore e che riesce a strapparne uno da morte sicura. E' stato difficile relazionarsi con loro? Non credo sia un aspetto così ovvio in un film che parla anche del legame misterioso che lega un cavallo al suo 'padrone'. HaI seguito un training particolare? Michele Alhaique: Lavorare con i cavalli è stata un'esperienza unica, meravigliosa. Il training è stato molto duro e in alcuni momenti magico. All'inizio hai la sensazione di non sapere come guidare un cavallo, poi all'improvviso scatta qualcosa dentro di te e inizi a galoppare, inizi ad essere una cosa sola con lui. Per entrare poi in sintonia con il cavallo mi sdraiavo dentro al tondino degli allenamenti e mi mettevi addosso le carote, le caramelle e il cavallo veniva a mangiare su di me. Ci sono stati momenti anche difficili, come quando ho avuto un infortunio alla schiena, ma insomma, sono cose che possono capitare quando si ha a che fare con qualcosa che non puoi controllare totalmente. Anche perché questi cavalli erano abituati a vivere in un maneggio sull'Appia, a Roma, e si sono trovati all'improvviso in spazi aperti, con nuovi odori, circondati da tutte le persone del set, è normale quindi che in alcuni momenti erano un po' nervosi.Hai fatto parte del cast del blockbuster di Checco Zalone, Che bella giornata, e anche in una serie culto come Boris...ti piacerebbe continuare a lavorare seguendo la traccia delle comicità, di un certo umorismo? Michele Alhaique: Credo che il bello di fare l'attore sia la possibilità di vivere vite differenti, esplorare mondi nuovi. È vero, ho avuto la possibilità di lavorare per serie TV fortunatissime come Camera Cafè e Boris, ma anche in progetti come La Prima linea e L'uomo che ama di Maria Sole Tognazzi. Credo inoltre che per interpretare ruoli così differenti, anche come Pietro in Cavalli, ogni attore attinga dalla sua propria esperienza personale per mettere qualcosa di suo nel personaggio.
Vinicio, hai legato il suo nome a un'opera cult come Romanzo Criminale - la serie e a un film di successo come 20 sigarette. Quanto è importante lavorare al film di un regista esordiente? Cioè 'aiutare' un film ad emergere grazie alla propria riconoscibilità.... Vinicio Marchioni: Finora le mie interpretazioni in opere prime sono state solo frutto di coincidenze. lavorare con un regista esordiente significa anche rischiare, mettersi al servizio di autori non ancora maturi dal punto di vista artistico, per questo è fondamentale per me l'aspetto umano e artistico delle opere prime. credo che in generale non si possa lavorare al meglio se non ci si 'incontra' profondamente con un regista, esordiente e non che sia. Se la mia presunta riconoscibilità aiuti i film che faccio non lo so, mi auguro di sì.E' un periodo bello per la tua carriera artistica: premio come miglior attore al Roma Fiction Festival, premio ad Annecy per Scialla! (Stai sereno) Ed ora Cavalli, un'opera profondamente diversa da quello che si vede normalmente al cinema. Cosa l'ha spinta ad abbracciare questo progetto e in generale cosa la conquista in un copione? Vinicio Marchioni: Tengo a precisare che il premio ad Annecy l'ho preso per Sulla strada di casa di Emiliano Corapi e per Scialla!, entrambi in concorso lì. di Cavalli mi ha colpito l'epicità della storia, l'asciuttezza dei dialoghi, l'importanza dei paesaggi e le difficoltà di recitare con i cavalli. è una storia inconsueta e bellissima, una di quelle storie che raccontano i nonni ai propri nipoti accanto al fuoco, l'antichità e l'archetipicità della storia mi hanno conquistato. in generale nelle sceneggiature cerco un aspetto di me che conosco poco ed insieme qualche particolare del ruolo che mi faccia pensare che quello che sono possa aggiungergli qualcosa. Conoscere e parlare con il regista del film fa il resto della scelta.