Per il gran finale dell'edizione numero dieci del Festival di Roma (ribattezzato quest'anno Festa del Cinema), dopo diverse giornate in cui le star internazionali sono rimaste latitanti, a dare man forte al direttore Antonio Monda è arrivata una coppia d'assi del cinema italiano: Carlo Verdone e Paola Cortellesi, fra i volti in assoluto più amati della commedia italiana contemporanea. Già fianco a fianco sullo schermo un anno fa per Sotto una buona stella, i due mattatori hanno incontrato il pubblico dell'Auditorium senza risparmiarsi giovalità, ironia e diversi aneddoti gustosi nel commentare alcune sequenze dei propri film.
A presentare l'evento lo stesso Antonio Monda, che ha moderato la conversazione con Verdone e la Cortellesi, in un'alternanza fra dichiarazioni, curiosità e battute e alcuni spezzoni tratti dai cult della carriera di Verdone e dai film che, negli scorsi anni, hanno consacrato la Cortellesi fra le attrici di maggior successo al botteghino nazionale. Ecco di seguito il resoconto del nostro pomeriggio trascorso in compagnia di questi due autentici masters of comedy...
Carlo e Paola, faccia a faccia
Per cominciare, una domanda rivolta a entrambi: qual è il vostro film preferito di sempre?
Carlo Verdone: Per me La dolce vita di Federico Fellini.
Paola Cortellesi: È difficilissimo... Risate di gioia di Mario Monicelli.
Carlo, come è nato Bianco, rosso e Verdone?
Carlo Verdone: Dopo il successo di Un sacco bello, Sergio Leone e gli altri produttori mi chiesero di fare un altro film. Leo lo trasformai nel personaggio di Mimmo, poi c'era un personaggio che Leone non amava per niente, Furio; Leone era convinto che fosse talmente insopportabile che il pubblico l'avrebbe odiato. Per la terza storia del film, ho deciso di tentare invece con la mimica e di creare un personaggio muto, Pasquale, che poi 'esplode' nel finale. Ricordo che prima di girare la scena al seggio elettorale mi presi una mezz'ora di silenzio assoluto e iniziai a provare le battute recitandole a velocità supersonica.
Paola, come hai scoperto Carlo Verdone?
Paola Cortellesi: Carlo Verdone per me è uno di famiglia: io e la mia famiglia guardavamo i suoi film, e al liceo con i miei compagni facevamo a gara a recitare a memoria le sue battute. L'ho scoperto guardando i suoi film. È un regista molto serio, ma talvolta ti lascia anche autonomia, mentre per altre scene ha una precisione scientifica. Però c'è sempre un trenta per cento del film che si improvvisa sul set.
Carlo Verdone: Con Paola è facile lavorare, abbiamo la stessa ironia e lei capisce al volo quello che voglio: siamo in grande sintonia, lavorare insieme a lei è stato molto divertente. In televisione Paola si mostra simpatica, divertente, impavida, mostra la sua faccia tosta... mi piace perché nella sua filmografia alterna film drammatici e film comici, è un'attrice a trecentosessanta gradi.
Paola, tu hai esordito come sceneggiatrice con Scusate se esisto!: come è nato questo film?
Paola Cortellesi: Ho avuto la possibilità di scrivere storie con protagoniste femminili, che al cinema si vedono in misura minore. In questo caso mi interessava parlare del mondo del lavoro, e sono particolarmente legata a questo film: perché è stato il mio esordio alla sceneggiatura, perché è stato diretto dal mio compagno, Riccardo Milani, e perché trattava un tema che mi sta molto a cuore, ovvero l'esperienza femminile nel lavoro, soprattutto da parte di donne che si affermano all'estero ma che, pur volendo tornare in Italia, non trovano possibilità professionali. Abbiamo raccontato questa storia adottando un registro umoristico. Con Riccardo abbiamo litigato moltissimo in fase di sceneggiatura, perché Riccardo voleva adottare una nota più positiva e ottimista, mentre io non la pensavo così; sul set invece siamo andati d'accordissimo, lui ti mette sempre a tuo agio.
Carlo, tu ti ritieni pessimista oppure ottimista?
Carlo Verdone: Anche se posso avere qualche momento di pessimismo sul periodo che stiamo affrontando, comunque mi sforzo di essere ottimista, e questo sforzo si esprime anche facendo commedie. Ogni giorno accadono cose assurde, ma credo che la commedia abbia un importante valore terapeutico. Comprendo coloro che al cinema cercano l'evasione, ma anche nel cinema d'evasione ci vuole il giusto equilibrio e la capacità di indurre a riflettere.
Gli alfieri della commedia
Carlo, cosa ricordi invece di Viaggi di nozze?
Carlo Verdone: La scena al ristorante fra me e Claudia Gerini abbiamo dovuto ridoppiarla perché durante le riprese era in corso un temporale e il sonoro in presa diretta non era venuto bene. La scena di Claudia che si mette una mano davanti alla bocca per coprire l'atto di mangiare una banana l'avevo vista fare ad una signora nella realtà: mi è sembrato un gesto assurdo e ho deciso di riprodurlo nel film. Lo considero uno dei film più importanti della mia carriera, ma anche uno dei più tristi: ha un retrogusto molto malinconico.
Pensate che la commedia sia considerata ancora un genere minore, soprattutto dalla critica e dai festival?
Carlo Verdone: Ci sono dei festival minori che si occupano solo di commedie, ma per il resto è sempre stato così: fra un dramma e una commedia, un dramma vincerà sempre a ogni festival importante.
Paola Cortellesi: Secondo me spesso si confonde la leggerezza con la superficialità. I nostri grandi registi hanno usato la leggerezza per raccontare temi drammaticissimi, in modo da non far calare un muro davanti agli spettatori: pensate a La grande guerra. L'umorismo è un veicolo straordinario per traghettare argomenti importanti, come accade nei film di Carlo Verdone: Carlo usa la leggerezza, non la superficialità.
Carlo Verdone: Sono d'accordo con lei: spesso la commedia ha raccontato i drammi meglio dei film drammatici.
Paola Cortellesi: Ed è un genere difficilissimo, richiede un equilibrio difficilissimo, e quando si riesce a far ridere gli altri c'è una grande soddisfazione.
Paola, in quale tipo di film ti diverti a lavorare di più?
Paola Cortellesi: Mi diverto a fare cose che mi emozionano. Nessuno mi può giudicare, il primo film diretto dal mio collega Massimiliano Bruno, è stato particolarmente coinvolgente: sul set c'era tantissimo spazio per l'improvvisazione e Massimiliano riesce a creare un clima pazzesco. Quando in una commedia anche la troupe si diverte, questo ti dà una sensazione bellissima; però amo anche girare film drammatici, come la biografia di Maria Montessori, che invece era veramente un'opera durissima.
Carlo, cosa puoi dirci della tua esperienza con Paolo Sorrentino per La grande bellezza?
Carlo Verdone: Paolo mi ha chiamato e poi è venuto a casa mia per propormi questo personaggio, e per me fare una cosa diversa dopo tanti anni è stata una boccata d'ossigeno. Ero molto ammirato da come Paolo è riuscito a mettere insieme questo film mosaico così complesso. Ora invece ho appena finito di girare una commedia, e mi sono trovato molto bene a collaborare con Antonio Albanese: si tratta di una commedia 'pura', ma con un finale a sorpresa.
Gli schiaffi (e i supplì) di Sergio Leone
Carlo, ma i personaggi che inventi si basano su individui reali?
Carlo Verdone: Tante voci reali mi sono rimaste nella testa, per poi uscire fuori al momento giusto, mentre altri personaggi sono stati inventati partendo da tonalità e tic della gente comune.
È vero invece che Sergio Leone ti prendeva a schiaffi sul set?
Carlo Verdone: Ho preso più schiaffi da Leone che da mio padre, mi riempiva di sberle, ma lo faceva perché in fondo mi voleva bene. Una volta feci un primo piano stretto tagliando parte della testa di un attore, come faceva spesso anche lui nei suoi film; ma Sergio invece voleva un primo piano pulito e allora mi diede uno schiaffone. Sul set mi riempiva di sberle, ma alla fine della giornata mi diceva sempre: "Annamose a magna' un supplì", e allora andavamo insieme a Trastevere a mangiare i supplì.
Paola, ti diverti a variare i dialetti da un film all'altro?
Paola Cortellesi: Carlo nello stesso film variava tantissimo i dialetti, così come attori quali Vittorio Gassman e Nino Manfredi. Ho sempre ammirato tanto gli attori che si trasformano, e quindi mi sono divertita ad interpetare donne di diverse regioni d'Italia: mi piace giocare con i dialetti e posso dire di averlo imparato da Carlo attraverso i suoi film.
Carlo, quali sono stati invece i tuoi modelli?
Carlo Verdone: Non mi piace essere definito l'erede di Alberto Sordi: Sordi è un grande attore e non ha eredi! I miei modelli invece sono stati i grandi caratteristi della commedia all'italiana degli anni Cinquanta, come i fratelli Carotenuto, Carletto Romano e Leopoldo Trieste. Leopoldo Trieste ne I vitelloni è sublime, e il personaggio di Furio in Bianco, rosso e Verdone è un omaggio a Leopoldo Trieste ne Lo sceicco bianco, quando elenca i dettagli della sua giornata minuto per minuto. Questi caratteristi mi hanno insegnato molto, ma anche le commedie napoletane di Eduardo De Filippo che trasmettevano in televisione. E Federico Fellini ha sempre sottolineato l'importanza dei caratteristi, perché Fellini voleva bene ai suoi personaggi. Oggi viviamo in un mondo diverso, e spesso al cinema compaiono altri tipi di caratteristi.
Come avete realizzato la scena del sesso simulato in Sotto una buona stella?
Paola Cortellesi: Lui l'ha improvvisata tutta, e mi ha suggerito di fare il gesto dell'ombrello alla fine, anche se io sono politically correct e non lo volevo fare. Lui prima ha girato la sua parte, diceva in continuazione "Yeah!" e mi faceva morire dalle risate!
Carlo, che ricordo hai di Elena Fabrizi, la sora Lella?
Carlo Verdone: Ci fu una grande litigata fra me e Sergio Leone: Leone non voleva la sora Lella in Bianco, rosso e Verdone perché aveva tre e novanta di colesterolo, e quindi secondo lui rischiava di collassare sul set. Allora dissi alla sora Lella di mettersi a dieta, ma lei mi rispose di non preoccuparmi. La sora Lella era una di quelle sagge matrone romane, e ci ha fatto prendere due o tre chili ad ogni film: la mattina cucinava il pranzo per tutta la troupe, e poi alle due e mezza, quando era ora di rimettersi a lavorare, eravamo tutti appesantiti.