La terza giornata della 68esima edizione del Festival di Cannes era pervasa da una grande attesa per il film di Gus Van Sant, The Sea of Trees, un'attesa crollata miseramente al suono di fischi e commenti decisamente negativi per l'opera interpretata da Matthew McConaughey, Ken Watanabe e Naomi Watts. Lo script, firmato da Chris Sparling, racconta la storia di un uomo, Arthur, che in preda a una profonda angoscia personale, si reca in uno dei posti più celebri del Giappone, la foresta Aokigahara, nota anche con il nome di Jukai - Mare di alberi - per porre fine alla sua vita. La foresta è al secondo posto nel mondo per il numero di suicidi che ogni anno accoglie tra le sue verdi braccia e a poco servono i vari cartelli di avviso ("Ripensaci! Pensa alla famiglia!") sparsi in tutta l'area: ogni anno l'area risucchia una media di trenta vittime.
L'autore ha scoperto questa macabra meta di pellegrinaggio per caso mentre stava navigando sul web, proprio come il protagonista del film, che è in cerca del "posto perfetto per morire". Lo stesso Sparling ha ammesso che la foresta sarebbe stato uno sfondo perfetto per un film horror mentre il regista ha aggiunto "mi piacciono gli aspetti spaventosi della storia, ma c'è stata una grande cura da parte della produzione per far sì che il tono del film e la colonna sonora non virassero troppo in quella direzione". Invece lo script ha preso una direzione completamente opposta, raccontando la storia di un viaggio interiore, un viaggio inteso come nota positiva, una rinascita alla vita, il percorso di accettazione ed elaborazione del lutto di un uomo comune che parte deciso a farla finita e scopre invece di avere ancora una vita da vivere. Purtroppo quella che doveva essere un'opera introspettiva che lascia lo spettatore colmo di stupore e con un invito a perdersi nei meandri filosofici sulla contemplazione della vita e dell'amore, non ha avuto l'impatto sperato, anzi, si è frantumata contro un muro di critiche negative. Lo stupore c'è stato, ma non del genere a cui si mirava.
Leggi anche la recensione del film.
Van Sant non si è perso d'animo però e ha ribadito il suo interesse per la sceneggiatura del film "ero interessato al puzzle della storia, alla perdita del controllo da parte dello spettatore, visto che si parte dal centro della storia e non dall'inizio... arrivano dei frammenti di informazione sul passato di Arthur man mano che proseguiamo, una persona estremamente controllata che sua moglie ha sempre accusato di essere troppo rigido. Più la storia va avanti e più Arthur perde il controllo, impara a perdere il controllo e questa è la parte del film che mi ha attirato di più".
Un viaggio attraverso il purgatorio
Una delle locations utilizzate per l'ambientazione della foresta - quella vera compare soltanto poche volte nel film - è il Purgatory Chasm, un luogo formatosi dai resti di un ghiacciaio perenne in una foresta del Massachussetts, un paesaggio costellato di rocce. Ed è proprio un purgatorio quello attraversato dal protagonista, così come ha detto McConaughey "dal mio punto di vista la foresta è come un viaggio attraverso un purgatorio sovrannaturale per accettare la realtà della perdita, questo viaggio quasi di annientamento che il personaggio subisce per poter raggiungere la salvezza, deve letteralmente affrontare la morte per trovare la vita. La cosa che ti spezza il cuore, e che sembra quasi un miracolo, è quando la tragedia occorsa nella vita dei nostri personaggi, è quello che riesce a riaccedere la miccia per ritrovare l'amore, e a volte succede proprio così nella vita e trovo che sia un qualcosa di molto umano a cui ci si può relazionare. Tutto quello che succede nella foresta è lasciato all'interpretazione di chi vede, specie per quanto riguarda il personaggio di Takumi, che non viene spiegato chiaramente. Il mio personaggio non è sicuro al 100% di quello che gli sta succedendo, ha tanto da imparare ma ci sono molti modi di spiegare... ma di fatto viene quasi annientato per poter poi arrivare dall'altra parte nuovamente vivo".
Che cos'è la felicità?
Per McConaughey essere felici è avere qualcosa a cui guardare davanti a se', mentre per la Watts, oltre allo sguardo verso il futuro, c'è quello sul presente "la famiglia, i figli, vederli esplorare il mondo, la vita, capire come funzionano le cose, non c'è niente di più meraviglioso". Per il regista la risposta è immediata "di solito quello che mi rende felice è lavorare a un progetto, sono incredibilmente felice quando lavoro ed è per questo che lavoro tutto il tempo; non lavorare... creerebbe spazio per i problemi!". Certo nel film la coppia protagonista non era molto felice "si, di certo il loro rapporto non funzionava benissimo, ma nessuna relazione è perfetta" dice il protagonista "conosco molte coppie che hanno attraversato queste problematiche e come ho detto in precedenza, a volte c'è bisogno di una tragedia per far riunire le persone... e forse non si tratta nemmeno di ritrovare l'amore perduto, ma di far nascere un nuovo amore, amare l'altro non solo per le ragioni di prima, ma per ragioni nuove e questo fa parte della natura umana, lo facciamo continuamente. Tra i due personaggi c'è questa sorta di atteggiamento passivo-aggressivo, Joan vorrebbe che Arthur fosse più determinato, che dichiarasse chiaramente cosa prova, mentre lui è il tipo che si esprime 'lateralmente'. Vanno in due direzioni diverse e quando si incrociano, è in quel punto che s'innamorano, ma è anche in quel punto che si dividono".
La Watts aggiunge "la loro storia d'amore è struggente e tragica, rappresenta qualcosa che è molto umano e universale per me: il loro amore è puro, ma non sono sincronizzati, hanno perso la loro strada e sono finiti in una spirale di accuse e sensi di colpa da cui sono scaturate le conseguenze come l'alcolismo e le mille altre cose che succedono in una relazione ed è stato necessario qualcosa di enorme affinchè entrambi decidano di andare oltre e perdonare, anche se ormai è troppo tardi". Troppo tardi perchè la morte è uno degli elementi chiave di questo film, ma non necessariamente negativo "la morte è il centrotavola di tutti gli elementi, le vite, i personaggi e le emozioni rappresentati nell'opera" dice il regista "è una grande tragedia, ma non è un film sulla morte o sull'aldilà. Nei miei altri film la morte è esaminata sotto altri punti di vista, ma in realtà quando si tratta di arte, la morte diventa un ottimo spunto per raccontare diverse storie, da diverse angolazioni, non so perchè, penso che accada naturalmente".
Scienza v. spiritualità
Un viaggio spirituale quello del protagonista, ma anche fisico, in una foresta tangibile, con pericoli reali, e dunque dov'è la verità dei fatti? A cosa credere, a quello che si vede con gli occhi o a quello che si spera con il cuore? "io sono un fan della logica, amo la scienza e credo che noi siamo gli architetti della nostra vita" ha detto McConaughey "allo stesso tempo so di non essere l'autore dalla sceneggiatura della mia vita, sono consapevole che ci sono cose al di fuori del mio controllo, coincidenze, cose meravigliose che non hanno alcun senso e so che c'è qualcos'altro all'opera. Il mio personaggio si trova proprio in mezzo a un vortice creato da entrambe queste forze, il reale e il metafisico". In pratica il viaggio nel mare di alberi è stato un po' l'opposto di Interstellar per l'attore "mentre in quel caso si trattava di un viaggio verso l'esterno sconosciuto, qui è un'esplorazione interiore. In Interstellar c'era un obiettivo preciso, andare e tornare per salvare la Terra, in questo caso la storia prende vita attimo per attimo, c'è quest'uomo che non ha risposte, non sa chi è, sta cercando di capire cosa deve fare".
Fischi a gogo, ma l'entusiasmo rimane
Nonostante l'accoglienza da parte della critica sia stata raggelante per il team di The Sea of Trees, le star non perdono il loro aplomb e rispondono con eleganza e savoir-faire: "sono felice di essere qui" ha detto Matt "di essere stato invitato e di aver contribuito a questo film, mi è piaciuto molto lavorare a questo progetto e venire qui per presentarlo al mondo; al momento sto lavorando negli States ma ho fatto di tutto per poter trovare il tempo per partecipare al festival, in definitiva questa parte è come il dessert, è di certo eccitante e sono felice di trovarmi qui per dare sostegno a tutti quelli che hanno contribuito a realizzare il film e per quelli che non hanno gradito, che posso dire, ognuno ha il diritto di reagire come vuole...". Il regista ha commentato con umorismo richiamando alla memoria le "scazzottate" occorse per Elephant "c'era gente che si prendeva a pugni perchè non era d'accordo se fosse un film brutto o bello, una reazione interessante". La bella Naomi Watts ha aggiunto "è sempre un grande onore ritornare qui, essere parte di un'industria dell'intrattenimento così prestigiosa e soprattutto partecipare a questa celebrazione che accoglie film da tutto il mondo, sono davvero felice di aver partecipato a quest'opera". Purtroppo i due protagonisti non hanno avuto molto tempo per lavorare insieme sul set, poichè non sono stati previsti incontri precedenti alle riprese, per fortuna la Watts ha avuto un'idea brillante su come creare quel background necessario per rendere al meglio il feeling della coppia disfunzionale nel film "ho detto a Matt, ti dispiace se ci scriviamo in-character via e-mail? A volte scrivere è molto più semplice che parlare per telefono, specie se non hai la possibilità di trovarti faccia a faccia con quella persona e dieci minuti dopo mi è arrivata un'e-mail che diceva Scrivimi quando vuoi, con amore Arthur, un modo meraviglioso per creare la nostra storia. A volte erano brevi, altre erano lunghe tre pagine e Matthew è uno scrittore fantastico e, con le loro voci, parlavamo di come le cose erano andate male tra di loro".
Per non perdere nessuna novità sul Festival di Cannes 2015 continuate a seguirci su Twitter, Facebook e non perdete di vista il nostro speciale Cannes 2015 dedicato all'evento, costantemente aggiornato con news, approfondimenti, foto e video.