Sin dal primo momento in cui il talento di M. Night Shyamalan si è rivelato al grande pubblico, Il sesto senso del 1999, si è capito subito come il twist ending fosse il suo marchio di fabbrica. La scelta di spiazzare il pubblico con quello che fino a qualche anno prima avremmo semplicemente e ingenuamente chiamato un "colpo di scena" (sì, li chiamavamo proprio così..) è diventata una scelta espressiva, parte del linguaggio cinematografico e dello stile narrativo dell'autore di origine indiana.
Il twist ending in realtà sta a sottolineare qualcosa di più di un semplice colpo di scena, ma un vero e proprio ribaltamento delle premesse con le quali il pubblico segue il film. Se vogliamo andare indietro nel tempo a cercare le origini del "twist ending", pur con qualche licenza, potremmo andare a riscoprire Paura in palcoscenico di Hitchcock. In quel film, infatti c'è un famoso plot twist, legato a un flashback che credevamo vero e invece è ingannevole, che ci permette di vedere, anzi di rivedere, la storia da una prospettiva completamente diversa. La carriera di Shyamalan è stata costruita anche su questo. E, in occasione del suo nuovo film, Bussano alla porta, al cinema dal 2 febbraio, la storia continua. Ma c'è un diverso modo di essere twist ending.
Twist ending è giocare con la percezione
Twist ending vuol dire questo: giocare con la percezione di noi spettatori. Con la sua narrazione M. Night Shyamalan manipola a piacimento, da deus ex machina quale è, i propri personaggi, i propri protagonisti. Li tiene all'oscuro della verità, e ci racconta quello che loro riescono a vedere dei fatti narrati. In questo modo, sposa il nostro punto di vista al loro, ci fa identificare: noi vediamo quello che vede il protagonista, sappiamo quello che sa lui, siamo all'oscuro se lui è all'oscuro. Quel naufragio della percezione è lo stesso che accomuna protagonista e spettatore. E in questo modo, il twist ending unisce personaggio e pubblico, ed è tanto più sconvolgente perché non viviamo solo il nostro spaesamento, ma anche quello del protagonista. Così il colpo che ci arriva è doppio.
Bussano alla porta, la recensione: M. Night Shyamalan e la tensione di una scelta impossibile
Twist ending è vivere lo spaesamento altrui
Per il Bruce Willis de Il sesto senso scoprire di non appartenere più al mondo dei vivi è sconvolgente. Il colpo di scena, per noi che guardiamo, non è solo capire che la storia come l'avevamo vista fino ad allora non era quello che avevamo immaginato. Ma anche vivere lo spaesamento, il dolore, l'incredulità negli occhi e nell'anima del protagonista. Ancora, per il Bruce Willis di Unbreakable - Il predestinato vivere una vita da disadattato, cercando il senso della propria esistenza solo alla fine, è sconvolgente per lui, quanto per noi che, insieme, abbiamo vissuto tutto il percorso del film sospesi a mezz'aria, in una sorta di attesa. Lo spaesamento della giovane protagonista di The Village, trovarsi in un'epoca diversa da quella in cui si crede di vivere, è anche il nostro.
Twist ending è riconsiderare la storia
Ma assistere al twist ending significa anche ripensare la storia, andare a ritroso a riconsiderare in modo diverso tutto quello che avevamo visto fino a quel momento. Ne Il sesto senso il protagonista era già trapassato a miglior vita, è sempre stato così in tutto il film. Per questo, poi ci abbiamo fatto caso, in fondo non lo abbiamo mai visto parlare con nessuno, se non con il bambino che "vede la gente morta". In Unbreakable, sì, David Dunn è sempre stato un supereroe, è sempre stato indistruttibile: lo sentiamo dire che non è mai stato malato, non si è mai fatto male fin da bambino, non ha mai saltato un giorno di lavoro. Ha sempre avuto i superpoteri: solo che lui non lo sapeva. Non sapeva di essere un eroe, non sapeva che, accanto a lui, c'era un cattivo a definirlo. Non sapeva che viveva in un mondo che è quello dei fumetti. O che, almeno, aveva le sue regole. E così il protagonista di Signs, e noi con lui, riesce solo alla fine a capire che tutto ha un senso: le parole della moglie scomparsa, quell'abitudine di lasciare l'acqua in giro per la casa. Il finale a sorpresa di Shyamalan è stato spesso trovare un senso.
Bussano alla porta, M. Night Shyamalan a Roma: "In un film ci vuole equilibrio tra luce e oscurità"
Il twist ending classico: un'inversione a U
È quello che accade anche in Bussano alla porta. Arrivati nel momento clou, nell'atteso finale del film (un momento che si attende in ogni opera, ma in Shyamalan un po' di più), ancora una volta troviamo un senso. Ma la svolta finale, stavolta, è leggermente diversa. Possiamo considerarlo un twist ending, e secondo noi lo è, ma anche no. Se prendiamo la traduzione letterale della parola "twist", dall'inglese, il suo significato è quello di "svolta", "rotazione", "torsione". E anche, ovviamente, "colpo di scena". Volendo rappresentare il filo narrativo di Shyamalan come una strada, il twist ending potrebbe essere considerato una curva a gomito, un'inversione a U, una rotatoria che ti fa tornare sulla stessa via, ma nel senso contrario, vedendola in modo completamente diverso. Il classico twist ending di Shyamalan, nei suoi primi film, ribalta la tesi nella sua antitesi: vita/morte (Il sesto senso), ordinario/straordinario (Unbreakable), passato/presente (The Village).
Il twist ending di Bussano alla porta: un bivio
Il twist ending, o la svolta finale, di Bussano alla porta (ne abbiamo parlato nella spiegazione del finale del film), è invece piuttosto un bivio, o un incrocio dove non ci si gira su se stessi, ma si prende una direzione decisa: a destra o sinistra. Perché per tutto il percorso del suo ultimo film Shyamalan ci fa andare dritti e ci pone davanti a una strada che potrà prendere due direzioni. Quegli strani tipi che si presentano a casa di una famiglia, e che dicono che devono "fare un lavoro molto importante, forse il più importante della storia del mondo" ti pongono proprio davanti a una scelta. Si tratta di ascoltare quello che hanno da dire, e lo faranno in modo molto convincente. E allora la strada da percorrere, fino a un certo punto, è una: ascoltare, assecondarli, provare a liberarsi. Ma, man mano che si procede, si sa che si arriverà a un bivio. A un certo punto si dovrà decidere: credere o meno. Sta accadendo davvero quello che dicono loro o sono dei pazzi?
Old: 20 anni di Shyamalan twist. La struttura narrativa e i colpi di scena dei suoi film
Un finale che rivela
Il finale di Bussano alla porta, allora, è un diverso modo di fare twist ending, ed è per questo che, letteralmente, non lo è. Il finale di Bussano alla porta non ribalta le premesse, sceglie solo una delle due vie possibili. Non c'è stata un'ipotesi che è stata ribaltata, non ci è stato presentato un mondo dove vivere per poi farci capire che era un altro. Fin dall'inizio ci è stato dato modo di dubitare, di scegliere tra due ipotesi, di credere in un dogma. Il finale del nuovo Shyamalan è solo la risposta a questo dubbio. Che sia l'ipotesi che, dall'inizio, avete sposato, o che sia quella contraria, in ogni caso colpisce. È un finale che rivela. Poi, si può essere soddisfatti dello svelamento del mistero, o meno.
È un film di M. Night Shyamalan
A un autore come M. Night Shyamalan si chiede sempre molto, anche troppo. Colpa di quell'arrivo folgorante nel cinema mainstream e di un filotto di quattro film perfetti. Questo Bussano alla porta piacerà a qualcuno, lascerà scontenti altri. Ai fan di Shyamalan, secondo noi, dovrebbe piacere. Perché, in fondo, sa creare ad arte la tensione, in modo diverso rispetto ad altri film, ma comunque tenendoci sempre in sospeso. E perché, in fondo, parla dei temi cari all'autore di origine indiana. Di persone alle prese con imprese più grandi, molto più grandi, di loro. Di scelte importanti da fare. E di personaggi che trovano, finalmente e dolorosamente, la consapevolezza di se stessi e del proprio ruolo nel mondo.