Bif&st 2012: II Petruzzelli accoglie Diaz con un'ovazione

Dopo l'apprezzamento ottenuto a Berlino, Daniele Vicari e Domenico Procacci aprono ufficialmente la quarta edizione del Bif&st con il film che si prepara ad essere una delle opere più discusse di questa stagione cinematografica.

_"Credo in una cinematografia capace di porre delle domande radicali e violente. Se alla fine di una proiezione lo spettatore esce con dei dubbi, vuol dire che ho raggiunto il mio obiettivo, significa che i miei interrogativi possono avviare alla strada della conoscenza a tutti quelli che desiderano andare oltre i fatti." _In questo modo il regista Daniele Vicari ha esordito nell'incontro su Diaz organizzato dal BiF&st. Il film, dopo aver stupito favorevolmente il pubblico della Berlinale, oggi torna a far parlare di se dopo aver aperto ufficialmente la quarta edizione della manifestazione barese con una standing ovation di dieci minuti dell'intero Teatro Petruzzelli alla presenza della regista Liliana Cavani e dell'attore Max von Sydow. Una reazione che, oltre la qualità cinematografica più o meno apprezzabile, ha riconosciuto a questa storia reale raccontata fuori dai canoni del documentario un cuore emotivo capace di scuotere animi e coscienze. Certo è che, trovarsi di fronte ad un prodotto capace di sollevare discussioni e tavole rotonde tanto numerose mesi prima dell'uscita prevista per il 13 aprile, è un fatto di per sé raro per la cinematografia italiana, ma Diaz tocca una pagina recente della nostra cronaca sociale e politica ancora scottante.

I fatti del G8 di Genova e, in modo particolare, la violenza inaudita e ingiustificata espressa dalla Polizia durante il blitz notturno nella scuola Diaz, ha minato non solo l'immagine delle forze dell'ordine, ma ha aperto una frattura quasi incolmabile con l'opinione pubblica. Una ferita in cui Vicari, sostenuto dal produttore Domenico Procacci, ha ricercato gli elementi per esaminare, se non comprendere, le motivazioni culturali di quegli avvenimenti. " Volevamo realizzare un racconto che andasse oltre i fatti già ampiamente visti e che ci aprisse uno spiraglio su tutto ciò che la polizia non ci ha permesso di documentare - spiega Vicari - I pericoli da schivare in una narrazione del genere sono veramente molti, tra cui quello di cadere in un'interpretazione troppo politica. Credo, piuttosto, nella validità di rintracciare una chiave di lettura che conduca ad un racconto realmente emozionante. Per ottenere questo risultato ho visionato ogni documentario realizzato in questi dieci anni con un grande senso d'insoddisfazione.Tutti davano la netta sensazione di perseguire un punto di vista univoco, non all'altezza della complessità dell'evento. Per questo motivo, ho deciso di prendere come spunto un singolo evento per costruire un vero castello di destini incrociati. Cercando nelle storie personali e nella sistematicità delle punizioni corporali ho trovato la mia chiave di lettura."

Ad affiancare in maniera attiva il regista in quest'avventura impegnativa è stata la Fandango che, già con Gomorra di Matteo Garrone aveva dimostrato un grande interesse nel raccontare gli aspetti più nascosti del nostro paese solitamente sottoposti ad una veloce dimenticanza. Nel caso di Diaz tutto è iniziato nei giorni successivi la sentenza di primo grado che assolveva completamente i vertici della polizia. Il grido di sdegno sollevato in aula dai famigliari delle vittime ha scosso in modo particolare gli animi del regista e del produttore, tanto da indurli a sostenere il peso di un colosso composto di 126 attori e ottomila comparse. "Nell'ambiente cinematografico si dice che i film partono quando sono pronti - continua Procacci - nel caso di Diaz, invece, mi sono reso conto che non ci saremmo mai trovati in quella condizione di sicurezza, quindi era inutile aspettare ulteriormente. Ho voluto correre il rischio perché, fin dall'inizio, ho sentito il progetto come qualche cosa profondamente vicina alle mie esigenze, condividendo con Daniele l'interesse per quegli eventi. Inoltre, credo che il mio mestiere abbia veramente un senso nel momento in cui si riesce a realizzare qualche cosa di più di una pellicola gradevole esteticamente. Per questo motivo abbiamo raccontato i fatti del G8 per far in modo che nulla fosse dimenticato e per combattere quell'attività di facile oblio che caratterizza il nostro paese."

A sostenere il valore artistico e la necessità sociale di questo film è anche Ettore Scola, presidente del Bif&st e involontario testimone di quelle terribili giornate. " Con un gruppo di registi, tra cui Mario Monicelli, eravamo a Genova per girare una sorta di diario di quello che, credevamo, sarebbe stata una dimostrazione libera e pacifica. Dopo due giorni, però, tutto è cambiato sotto il nostro sguardo. La realtà ci ha consegnato di sua iniziativa una sceneggiatura drammatica. Credo che il film di Vicari sia un'opera fondamentale perché, evitando le tentazioni della cronaca, ha realizzato un percorso emotivo significativo per ogni essere umano, senza alcuna differenza di nazionalità e fazione politica. Perché ogni repressione o strategia del terrore tende a privare l'uomo di un bene universale, la sua dignità. Non perdendo mai di vista questo principio, Daniele è riuscito a portare a termine un film che modulando realtà e metafora s'inserisce di diritto nella grande tradizione cinematografica italiana fondata da autori come Rossellini e De Sica."