Il grande salto del comico dalla tivù al cinema ha fatto la storia della Settima Arte in Italia. Nella recensione di Belli ciao, il nuovo film di Gennaro Nunziante con Pio e Amedeo, in uscita al cinema dal 1 gennaio, salteremo - perché si tratta di altri tempi e altro tipo di artisti - la storia più lontana, quella che hanno fatto Villaggio, Verdone, Troisi, Nuti e Benigni. Parliamo invece della storia recente che ha visto comici passare al cinema in maniera più o meno fortunata. I casi di Checco Zalone, fortunatissimo, e di Fabio Rovazzi, meno fortunato, hanno come comune denominatore un certo Gennaro Nunziante, che, dopo aver scritto la bella sceneggiatura di Casomai, si è trovato a dirigere l'esordio al cinema, e i seguenti tre film, di Checco Zalone, diventati campioni d'incassi, e poi a gestire il salto di Fabio Rovazzi. Possiamo considerare Nunziante uno specialista, un regista in grado di prendere il talento grezzo dei comici, la loro arte di far ridere, e di trasformarla in cinema, che è qualcosa di più complesso. Lo ha spiegato nella conferenza stampa di lancio del film: al cinema non si deve essere comici ma attori comici. La cosa più importante, al cinema, è la credibilità. Il risultato riesce in parte: Pio e Amedeo adattano sì il loro talento al cinema, ma perdono un po' della loro carica, in una storia che in fondo non è molto originale e ha molti echi di alte storie.
Puglia-Milano andata e ritorno
Pio è andato a Milano, si è laureato in economia e ha fondato una sua finanziaria. L'amico Amedeo, invece, è rimasto al paese, in Puglia: è nel ramo sanitario, non come medico - com'era il suo sogno - ma come venditore di articoli sanitari. Quando la finanziaria di Pio decide di fare un finanziamento al paese per la sua ristrutturazione, i due si incontrano dopo vent'anni. E Amedeo sale a Milano per seguire l'affare.
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L'uomo sbagliato nel posto sbagliato
Quando si è trattato di presentare Cado dalle nubi, il primo film al cinema di Checco Zalone, Gennaro Nunziante ci aveva confidato di essersi ispirato allo schema del Peter Sellers di Hollywood party di, l'uomo sbagliato nel posto sbagliato, il pesce fuor d'acqua. Lo schema, in parte, si ripete, perché Amedeo, che dal sud arriva a Milano, comincia a fare gaffe, come dare da mangiare il sanguinaccio alla compagna di Pio mentre sta facendo un video per i social, attirando le ire dei suoi follower vegan. Il gioco è questo, fatte ovviamente le debite proporzioni. Ma c'è molto altro del primo film di Checco Zalone: il passaggio dal sud al nord, lo stupore davanti a certe situazioni, l'innocenza che in qualche modo scardina l'ipocrisia. Ovviamente tutto questo è realizzato in duetto. Se il personaggio di Amedeo è quello che abbiamo detto, quello di Pio è un altro schema piuttosto noto: il personaggio che finge di essere un altro, che in qualche modo rinnega se stesso e la sua parlata per adeguarsi al nuovo ambiente. Così Pio parla milanese, con effetti piuttosto divertenti.
Non comici, ma attori comici
Pio e Amedeo, allora, hanno seguito il consiglio di Gennaro Nunziante, uno che evidentemente, se ne intende. In scena non hanno fatto i comici, ma gli attori comici. Anche quando sul set provavano a improvvisare, a dire qualche parolaccia, il regista li fermava, così ci hanno raccontato. E questo è allo stesso tempo il pregio e il limite del film. Belli ciao infatti tiene due cavalli imbizzarriti un po' a briglia legata. Da un lato va bene, il tono del film ne guadagna. Dall'altro si perde un po' di provocazione e divertimento. Quello tra gag e racconto, tra battuta e comicità di situazioni, tra corretto e scorretto, è un limite sottile. Con Checco Zalone - che pure nel primo film forse era ancora troppo comico e poco attore comico - l'equilibrio risultava perfetto: i vizi italiani, e non, erano messi alla berlina, la scorrettezza era quella giusta, la gag c'era, inserita nel racconto. Qualche gag c'è anche qui (Amedeo che parla con Alexa come se fosse una sua amica, è la migliore), ma tutto sembra non avere la giusta forza. Non si ride moltissimo, in fondo. E, se la storia è ben costruita, non ci sembra molto originale.
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Di nord e sud si è già detto molto
Della dialettica nord/sud si è già raccontato tanto e spesso nel cinema recente. Detto del primo film di Checco Zalone, Cado dalle nubi, abbiamo visto Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord, e anche, molto recentemente, Mollo tutto e apro un Chiringuito. Certe situazioni sono davvero simili, con il "taac" di ordinanza come parola d'ordine.
Rosa Diletta Rossi, la grande bellezza
A proposito di comici e attori comici, Nunziante contorna i due protagonisti con un cast interessante, che non può che aver fatto bene ai due. Tra tutti citiamo Giorgio Colangeli, il sindaco del paese che si riempie la bocca di parole in latino per sembrare più autorevole, e Rosa Diletta Rossi (vista nella serie Suburra e ne Il ladro di giorni), un gran bel volto, pulito e luminoso, che ha la dolcezza e la bellezza giuste per essere credibile nel ruolo di Aurora, la ragazza che fa innamorare Amedeo. E poi, nel ruolo della madre di Pio, c'è un personaggio storico, è Gegia, e ve la ricorderete accanto a Nino Manfredi negli spot Lavazza e in Professione vacanze accanto a Gerry Calà. È anche grazie a questi attori che possiamo dire che, anche se non tutto è riuscito, Belli ciao comunque non è un insieme di sketch, ma è un film.
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Conclusioni
Nella recensione di Belli ciao vi abbiamo spiegato come Pio e Amedeo, per il loro esordio al cinema, si siano affidati a Gennaro Nunziante, uno in grado di prendere la capacità di far ridere e di trasformarla in cinema, che è qualcosa di più complesso. Così hanno cercato di non essere comici ma attori comici. Il risultato riesce in parte: Pio e Amedeo adattano sì il loro talento al cinema, ma perdono un po' della loro carica, non fanno ridere molto, in una storia che non è molto originale.
Perché ci piace
- L'idea di affidarsi a Gennaro Nunziante, artefice del successo al cinema di Checco Zalone.
- Gli attori di contorno, Giorgio Colangeli, Rosa Diletta Rossi, Gegia.
- La scelta di limare la loro scorrettezza ne fa un film compiuto e non volgare...
Cosa non va
- ...ma allo stesso tempo limita un po' la loro carica dissacrante.
- Il risultato è che non si ride poi molto.
- La storia ha un suo senso, ma è già stata raccontata molte volte.