La Warner Bros ha ufficialmente annunciato che Beetlejuice Beetlejuice, il film di Tim Burton sequel della sua seminale e leggendaria pellicola del 1988, sarà disponibile negli Stati Uniti in Pvod e in Digital HD a partire dall'8 ottobre, a soli 33 giorni dall'uscita nei cinema.
Il tutto mentre la pellicola è diventata, ufficialmente, il miglior incasso del regista di Burbank in territorio nordamericano: con 251,435 milioni di dollari raccolti, il dato di Batman, 241,4, è stato ufficialmente superato (senza tener conto dell'inflazione, ndr.). Al primo posto, nella classifica burtoniana, resiste ancora Alice in Wonderland, con 334 milioni in America e 1,025 miliardi a livello globale.
Il 19 novembre, sempre negli Stati Uniti (siamo in attesa di conoscere i dettagli per l'Italia), Beetlejuice Beetlejuice sarà anche disponibile su supporto fisico.
Nel mentre, chi possiede un abbonamento a Disney+, potrebbe aver improvvisamente notato delle assenze importanti dal catalogo della piattaforma: quelle di ben quattro film della saga d'Indiana Jones targata Lucasfilm.
Indy e Beetlejuice: due facce della stessa medaglia
Da quando il mondo dell'intrattenimento - e noi tutti per altri, drammatici motivi - ha dovuto far fronte alle emergenze imposte dalla pandemia, si è velocizzata una dinamica che appariva già chiara dal giorno in cui abbiamo iniziato a vedere grandi e piccoli videostore delle nostre città con le saracinesche abbassate. Per sempre. Una strada che portava, e ha portato, a una più intensa focalizzazione sui mercati dello streaming in abbonamento e dell'home video digitale.
Nei giorni più bui della pandemia, siamo tutti stati spettatori di "multinazionali che facevano le multinazionali". Gruppi media che, per cercare di limitare i danni e le emorragie finanziarie causate da cinema che erano o chiusi o, nella migliore delle ipotesi, operativi a metà, hanno fatto delle scelte più o meno discutibili. Dalla Warner Bros che, per l'intero 2021, ha portato tutte le pellicole del suo listino in contemporanea al cinema e in streaming su Max (limitatamente al nordamerica), causando le ire di cineasti come Christopher Nolan e Denis Villeneuve, alla Disney con il trend, inaugurato con Black Widow, dei film disponibili anticipatamente in streaming su Disney+ tramite l'acquisto di un - costoso - VIP pass.
Un mercato, quello dello streaming, che, nei giorni dei lockdown, è stato peraltro dopato in maniera spropositata (così come accaduto a Twitch). Ora che le persone sono libere di uscire di casa, i cinema sono tornati a essere più frequentati e vivi e i vari player del settore streaming hanno iniziato a fare i conti con un contesto profondamente mutato. Il mercato theatrical, dopo due annate, il 2022 e il 2023, caratterizzate da una sensibile ripresa, si ritrova, nel 2024, a dover fare i conti con una contrazione del fatturato determinata dagli esiti e dagli slittamenti delle uscite causati dal doppio sciopero dello scorso anno, quello degli attori e degli sceneggiatori.
Proprio in relazione a ciò, vedere che Beetlejuice Beetlejuice godrà di una finestra di esclusiva cinematografica di soli 33 giorni è abbastanza spiazzante, seppur emblematico. Altre produzioni della major, come Dune - Parte Due di Denis Villeneuve, sono arrivate in Digital circa 45 giorni dopo il debutto in sala in quello che pare essere diventato uno standard minimo del post-panedmia.
Anche la Disney, dopo le tante critiche ricevute negli anni scorsi, pare aver capito la lezione dell'importanza di un passaggio in sala più duraturo che possa, da una parte, massimizzare il flusso economico generato dal botteghino e, dall'altra, rendere ancora più prestigiosa la pubblicazione di un dato blockbuster in piattaforma trasformandolo in una calamita per nuovi abbonati. Per i suoi titoli di maggior richiamo, la Casa di Topolino pare essersi attestata intorno ai tre mesi (circa) di esclusiva cinematografica.
Il paradosso dello streaming
Quando parliamo di streaming e di mercato drogato dalla pandemia, ci troviamo ora a fare i conti con un panorama molto differente rispetto a quello di una manciata di anni fa. Con la sola eccezione di Netflix, che da leader del settore ha fatto e fa tutt'ora da trend setter quando si tratta d'iniziative come l'aumento dei prezzi degli abbonamenti o dell'inserimento di sottoscrizioni a costo minimo ma con pubblicità, tutti o quasi hanno sostanzialmente dovuto avere a che fare con la necessità di archiviare nel cassetto dei ricordi il concetto di "esclusiva" in maniera quasi totale. Lo abbiamo constatato nell'ultimo anno abbondante: produzioni che, fino a poco fa, erano appannaggio unico di una data piattaforma, prendiamo ad esempio Lost (che è della ABC e quindi della Disney), sono cominciate via via ad apparire anche altrove. Perché? Perché vendere le licenze di sfruttamento di un lungometraggio o di una produzione televisiva rende fior fiore di milioni.
C'è poi il caso citato d'Indiana Jones, una saga prodotta da quella Lucasfilm che, dall'ottobre del 2012, è diventata di proprietà della Disney. Ora, a livello globale su Disney+, resta solo il più recente capitolo del franchise, Il quadrante del destino. Gli altri quattro? Scomparsi. In Italia possono essere o noleggiati in qualche store digitale oppure essere visti in streaming dagli abbonati a NOW o Sky. Nel dettaglio di questi quattro film diretti da Steven Spielberg e concepiti da George Lucas, la sparizione si deve al fatto che i diritti di distribuzione restano nelle mani della Paramount. L'accordo per portarli su Disney+ era stato siglato ai tempi dell'uscita del film di James Mangold ed è lecito supporre che, nel frattempo, sia terminato. Una ragione ulteriore, per gli amanti e le amanti del cinema e delle serie TV, per continuare a supportare l'unica cosa immune a problematiche del genere: il supporto fisico.