Siamo ancora qui a parlare di un nuovo film di Zack Snyder a breve distanza dal precedente. In questo caso, però, non si tratta di una versione alternativa di un film già uscito in sala, ma di un vero e proprio tassello inedito della filmografia del visionario regista americano. Inedito ci sembra davvero la parola chiave per iniziare la nostra recensione di Army of the Dead, un film realizzato grazie a Netflix (ma nelle idee del regista già da parecchi anni), che ha dato carta bianca assoluta al controverso regista per realizzare l'opera che aveva in mente. Il risultato si vede immediatamente: uno stile lontano da quanto siamo (stati) abituati a vedere in questi anni, una semplicità e una schiettezza tale da asciugare di molto lo stile caratteristico del regista, un ritmo elevato e un cast di personaggi che intendono stampare un appagante sorriso sulla faccia dello spettatore. Perché questo film sprigiona divertimento dall'inizio alla fine, si prende sul serio quanto basta e, ne siamo parecchio sicuri, aprirà una nuova fase nella carriera di Snyder. Come sempre, eviteremo ogni tipo di spoiler.
Fuga da Las Vegas
Scott Ward (Dave Bautista) era già riuscito a fuggire dall'inferno di Las Vegas anni fa, una fuga che ha lasciato un grosso trauma nella sua vita. Un giorno, nella piccola tavola calda che gestisce, un importante uomo d'affari di nome Tanaka gli offre l'occasione perfetta per cambiare la sua vita. Nascosta in un casinò c'è una cassaforte con 200 milioni di dollari in contanti pronta ad essere svaligiata. È una cifra troppo importante per poter rifiutare soprattutto perché Scott vorrebbe iniziare una nuova vita con la figlia, che lavora in un campo di quarantena come volontaria e con cui non ha un buon rapporto. Il nostro decide, quindi, di mettere insieme una squadra per mettere a segno con successo il colpo. Ma non sarà facile: Las Vegas è ormai una città blindata popolata da non morti, intelligenti, forti, rapidi e, come se non bastasse, il Presidente degli Stati Uniti ha deciso di spazzare via tutto con una bomba atomica pronta a essere sganciata di lì a poco. Lottando contro il tempo, contro gli zombie e contro gli stessi membri della squadra che non sembrano capaci di fidarsi reciprocamente, Scott dovrà dar prova di tutta la sua abilità per ritornare da sua figlia e garantirle un futuro migliore.
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Uno stile asciutto per una terra arida
Dura due ore e venti, Army of the Dead, una durata che, salvo qualche rallentamento nella parte centrale, è sì generosa ma essenziale alla storia. Dopo un prologo veramente esplosivo, con dei titoli di testa che sanno come aprire le danze, definendo subito l'approccio da utilizzare per godersi il viaggio, il film si concentra sul lato umano e sulla (breve) caratterizzazione dei personaggi. È un passo necessario che, benché non porti ai personaggi quella tridimensionalità piena, lasciandoli comunque un po' stereotipati, serve a costruire un legame con lo spettatore prima di dare avvio alla missione. Non si perde troppo tempo e la sensazione è quella di dare le giuste ed essenziali informazioni, quanto basta per portare a casa il risultato. Quest'essenzialità si ritrova anche nello stile di regia usato da Snyder. Siamo ben distanti da quella gravitas di stampo epico che aveva caratterizzato i suoi supereroi, dallo stile ipertrofico e spettacolare a cui il regista ci ha abituato, tanto che uno dei suoi marchi di fabbrica, lo slow motion, appare raramente e ben dosato. Girato in digitale e quasi completamente con l'utilizzo della camera a mano, Army of the Dead rimane coi personaggi, tra di loro, seguendoli come se fossimo lì nella squadra. Ambientato quasi tutto alla luce del sole, anche la fotografia desaturata tipica di Snyder lascia spazio a tonalità più naturalistiche e meno artificiali (con alcuni momenti davvero ben riusciti, vedasi il finale). Il risultato è un film che, rispetto agli standard del regista, sicuramente si fa più asciutto, come la terra di Las Vegas, pronta per essere bagnata non da acqua ma con il sangue.
Prendersi sul serio, ma con divertimento
Il che ci porta ad affrontare il vero cuore del film: come trovare una ragion d'essere a un film con gli zombie nel 2021? Non sorprende il fatto che Netflix abbia creduto così tanto nel progetto da dare via libera anche a un prequel e una serie animata per meglio approfondire tutta quella mitologia presente nel film, ma lasciata sullo sfondo. È una grande punto di forza del film che fa percepire la costruzione di un universo narrativo ragionato e organizzato: c'è una storia dietro ai personaggi non ancora raccontata, dietro alla città di Las Vegas e agli zombie che la abitano. Addirittura, quasi seguendo la lezione di George A. Romero (in particolar modo de La terra dei morti viventi), i non-morti diventano un motore politico e sociale capace di cambiare e influenzare il Paese stesso. Esiste una gerarchia tra di loro, esiste un comportamento preciso e fanno parte di una vera e propria società. In poche parole, esiste un passato. Sono tutte cose che non vengono esplicitate nel corso del film, ma si percepiscono e lasciano lo spettatore con la voglia di saperne di più di quel mondo, reso di conseguenza pieno di fascino. È una costruzione molto seria dell'universo narrativo, ma che non va confusa con la chiave di lettura del film. Army of the Dead è figlio di quelle produzioni horror che, trent'anni fa, si ergevano a cult. Distante dal diventare un'autoparodia e conscio dei propri mezzi e dei propri limiti, il film riesce a trovare un equilibrio in cui il divertimento puro non depotenzia i momenti più sentimentali. Allora ecco che, mentre ci leghiamo sempre più ai personaggi e alle loro storie, non possiamo fare a meno di esultare quando, nei momenti action, il tutto esplode in un tripudio di gore e splatter che non intende spaventare o impressionare, ma intrattenere e divertire. Se gli effetti visivi mostrano un po' il fianco (soprattutto nel finale quando l'idea è maggiore rispetto alla qualità del risultato), fa piacere, invece, da un regista che ha sempre lavorato tantissimo attraverso la post-produzione e il digitale, ritrovare alcuni effetti del "cinema di una volta", con protesi, make-up, veri litri di sangue rovesciati e non aggiunti con la CGI, che riescono a dare una dimensione tangibile al tutto con la sensazione di trovarsi di fronte a un cinema artigianale e piccolo di cui spesso sentiamo la mancanza. In questo, l'armata dei morti sembra fare l'occhiolino a un capolavoro del genere, L'armata delle tenebre di Sam Raimi. Se siete appassionati di questo cinema action-horror non potrete che rimanere pienamente soddisfatti.
Il lato umano
Ricco e variegato il cast del film su cui spicca Dave Bautista come protagonista della storia, ma che diventa solo uno dei tanti a cui legarsi. Citarli tutti trasformerebbe questa recensione in una lista di nomi, ma basti sapere che ogni membro del cast riesce, con poco, a dare personalità ai personaggi e che una coppia in particolare, quella composta da Omari Hardwick e Matthias Schweighöfer, ruba la scena. Non solo spettacolo, quindi, perché il vero collante del film è dato dal lato umano. Non parliamo solo del rapporto tra Scott Ward e sua figlia, ma anche dalla situazione sociale raccontata, messa in scena con un tempismo quasi da manuale. Non sorprende, quindi, che la squadra di protagonisti sia composta da persone di diverse etnie, età e classi sociali, dando al film un leggero, non ostentato ma naturale, significato politico. In questa emotività scaturita dalle persone, Snyder dimostra una sensibilità che spesso sembrava messa da parte all'interno della sua filmografia rendendo Army of the Dead, a dispetto del titolo fin troppo classico, un nuovo punto di partenza per quello che, ci auguriamo, sarà una seconda fase di carriera.
Conclusioni
A conclusione della nostra recensione di Army of the Dead sentiamo il dovere di riepilogare le qualità del film Netflix, spiegando il motivo del voto che abbiamo deciso di dare. Distante dal blockbuster digitale, dai supereroi di stampo divino, dagli slow motion e da quel cinema a cui ci aveva abituato, Zack Snyder realizza un film più piccolo e più artigianale. Una scelta che funziona: il lato umano è preponderante, grazie a un cast convincente, ma non manca lo spettacolo. Fiumi di sangue, adrenalina, tensione e divertimento: Army of the Dead ha l’aurea del cult movie di stampo horror d’altri tempi, che si prende sul serio quanto basta. La storia è essenziale, ma si percepisce la creazione di un universo narrativo ragionato e interessante. Non sarà un capolavoro del genere, ma arrivati ai titoli di coda l’intrattenimento ha avuto la meglio e non vediamo l’ora di vederne di più.
Perché ci piace
- La regia più asciutta di Snyder crea un piacevole effetto novità.
- Il cast funziona e dà vita a dei personaggi che danno forza al film.
- Il ritmo è molto alto e il film procede a gonfie vele regalando veri e propri momenti cult.
- Dietro alla trama del film c’è una mitologia pensata affascinante che fa venire voglia di saperne di più.
- Per gli amanti del genere, il gore e lo splatter non mancano rendendo il film davvero divertente.
Cosa non va
- Non sempre gli effetti digitali funzionano all’interno del film.
- Nella parte centrale, il film sembra rallentare un po’ troppo.