American Horror Stories, la recensione: le storie dell’orrore metropolitano di Ryan Murphy

La nostra recensione di American Horror Stories, lo spin-off del fortunato franchise di Ryan Murphy e Brad Falchuk che esplora le storie dell'orrore metropolitano americano, dall'8 settembre su Disney+ Star.

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American Horror Stories: una scena tratta dall'episodio Feral

Lo diciamo subito all'inizio di questa recensione di American Horror Stories, lo spin-off del fortunato franchise horror che ha riportato in auge le serie antologiche in tv oramai 11 anni fa, che arriva dall'8 settembre su Disney+ Star con un episodio a settimana: Ryan Murphy sembra oramai girare ossessivamente su se stesso, sulle proprie tematiche e sui propri personaggi, e non sempre è un bene.

Storie dell'orrore metropolitano americano

Quello che accomuna le storie di questi sette episodi antologici (ecco perché ve li racconteremo in breve uno a uno, senza spoiler) è l'orrore metropolitano a cui si ispirano, a metà tra verità e finzione. Quello che Ryan Murphy e Brad Falchuk sembrano aver fatto con questa serie è aver creato un contenuto appendice alla serie madre per HULU, il servizio streaming USA legato a FX, che ha già rinnovato la serie per una seconda stagione, e averci inserito tutte le storie che volevano raccontare ma che era meglio condensare in un unico episodio. Lo stile eccessivo e iper patinato è quello che caratterizza le opere di Murphy e qui il duo sembra richiamare i fan della prima ora, e forse in modo ridondante, nei luoghi in cui tutto ebbe inizio, senza però portare effettivamente qualcosa di nuovo, e richiamando alcuni loro attori, senza essere riusciti a farlo con tutti. Nota a margine: in questo caso la sigla cambia di episodio in episodio (e qui Murphy e soci si sono davvero potuti sbizzarrire) e alcune sono davvero bellissime!

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American Horror Stories: una scena dell'episodio Rubber(wo)Man

La doppia premiere Rubber(wo)Man (1) e Rubber(wo)Man (2) riporta gli spettatori a Murder House, per molti la stagione più riuscita della storia di American Horror Story, complice l'effetto novità all'epoca, il cast e l'ambientazione da horror classico in una casa infestata. Qui siamo anni dopo gli eventi della prima stagione e quelli di Apocalypse (l'ottava) e una coppia gay (un ritrovato Matt Bomer e la new entry del Murphyverse Gavin Creel) con figlia problematica adolescente al seguito (Sierra McCormick) si trasferisce per trasformarla in un B&B a tema omicidi e morte, data la passione crescente delle persone per il true crime. I tre dovranno affrontare le proprie paure e i propri demoni, insieme ai fantasmi che abitano la casa, in una storia che in fin dei conti sembra una ripetizione di quanto abbiamo già visto in passato, e non bastano volti e ambienti noti per farci sciogliere. Un modo per riflettere oltre che sull'identità di genere anche sulla genesi dei serial killer come già aveva provato a fare 1984 e sul rapporto con la sessualità degli adolescenti di oggi, iper stimolati anche visivamente.

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American Horror Stories: una scena tratta dall'episodio Drive In

Un classico dell'immaginario statunitense - i Drive In cinematografici - e un omaggio agli slasher movies anni '80 in cui ritroviamo un serial killer interpretato da John Carroll Lynch. Al centro un film maledetto - Rabbit Rabbit, riferimento a Donnie Darko? - perché alla sua unica proiezione anni prima morirono tutti i presenti. Torna la maledizione legata a un film invece che a una VHS e il concetto di esperienza cinematografica visto sotto una luce portata all'estremo e decisamente horror. Che succede se viene organizzata una nuova proiezione in un recuperato drive in per rilanciarlo, come potrà finire? La risposta può essere solamente "nel sangue".

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American Horror Stories: una scena dell'episodio The Naughty List

In questo episodio natalizio quattro ragazzi (fra cui l'ex Artie di Glee Kevin McHale) mostrano la faccia più pacchiana degli influencer oggi. Quattro "bro" che nella loro "house" ovvero una villa con piscina a Los Angeles, vivono una vita al massimo riprendendo tutte le loro avventure più folli e la loro quotidianità a casa per i propri follower. Ma bisogna sempre dare nuovi e originali contenuti e quindi i tre dopo aver filmato malamente un suicidio, decidono di riprovarci con il personaggio più buono al mondo: Babbo Natale. Potrebbe però non bastare come "buona azione" e le festività potrebbero essere rovinate per sempre facendo finire il quartetto nella The Naughty List di Santa Klaus. L'uso della camera a mano che richiama Roanoke e Blair Witch non riesce a dare il risultato sperato, come gli sviluppi dell'episodio in generale. Special guest star Danny Trejo che sembra omaggiare i propri personaggi cinematografici cult, mentre la sigla omaggia quella anni '80 della nona stagione.

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American Horror Stories: una scena dell'episodio BA’AL

In questo episodio intitolato BA'AL si affronta il tema della depressione post partum attraverso la storia di una coppia che vuole a tutti i costi avere un bambino e pensa di chiamare in aiuto un Dio della fertilità attraverso una sua statuina. Le conseguenze saranno ovviamente disastrose. La coppia è interpretata da Billie Lourd e Ronen Rubinstein (9-1-1: Lone Star) in una reunion di mondi lontani del Murphyverse. Una sequela di eventi sorprendente e con una fotografia e regia claustrofobiche e fumose interessanti.

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American Horror Stories Feral
American Horror Stories: una scena dell'episodio Feral

Nella penultima puntata dal titolo Feral ritroviamo Aaron Tveit che evidentemente era piaciuto a Murphy nella premiere di American Horror Stories, nei panni di un padre che vuole ritrovare il figlio scomparso in un bosco dove erano andati a fare campeggio anni prima, e vi si reca insieme all'ex moglie (Tiffany Dupont). Il mito di Bigfoot si mescola ad altre leggende ancestrali e la foresta potrebbe nascondere più segreti di quanti si pensi. Parola del guardaboschi interpretato da Cody Fern. Un finale un po' deludente per una storia che aveva del potenziale soprattutto sul rapporto genitori-figli.

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American Horror Stories Game Over
American Horror Stories: una scena dell'episodio Game Over

Torniamo ancora una volta alla Murder House nel finale di questa stagione inaugurale, creando un fil rouge sia tra gli episodi, sia tra l'intero ciclo di American Horror Story. Se già Apocalypse ci era tornata per dare un secondo (happy) end ai personaggi, questa volta Murphy e Falchuk giocano in modo meta-televisivo col proprio universo horror e oltre a una sigla bellissima che riprende lo stile videogame, proprio come il titolo dell'episodio Game Over, riflettendo sul significato di quella fantomatica prima stagione che ha cambiato molte regole in tv e su quanto sia importante per il franchise. Ritroviamo alcuni attori della premiere e oltre alla comparsata di alcuni delle passate stagioni, come il clown di Freak Show, o Dylan McDermott nei panni di Ben Harmon, tormentato dai propri demoni. Si sente evidentemente la mancanza degli altri personaggi che evidentemente non sono riusciti a far tornare ma avrebbero voluto, così come della coppia della premiere interpretata da Bomer e Creel. E che sia davvero per l'ultima volta, perché si rischia di rovinare un'eredità perfetta.

Conclusioni

Concludiamo la recensione di American Horror Stories perplessi sull’effettiva utilità della creazione di questa serie spin-off da parte di Ryan Murphy e Brad Falchuk, che sembrano voler tornare ossessivamente sulle proprie tematiche e l’aver voluto utilizzare lo show come “discarica” per le storie che riempivano uno spazio molto più esiguo di un intera stagione della serie originale. Qualche episodio più riuscito di altri e un ritorno a volti e luoghi familiari non bastano a far vivere di rendita un serial.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • Le bellissime sigle degli episodi con cui Ryan Murphy e Brad Falchuk si sono sbizzarriti.
  • Rivedere attori del Murphyverse insieme a interessanti new entry.
  • L’avere uno spazio per raccontare altre storie dell’orrore...

Cosa non va

  • ...ma non tutte con lo stesso appeal della serie madre.
  • Il ritorno ossessivo di alcune tematiche e della Murder House rischia di rovinare l’eredità di quanto fatto in precedenza.