Ambulance, la recensione: sirene fuori tempo massimo

La recensione di Ambulance: Michael Bay dirige un remake adrenalinico, folle e sopra le righe, sempre coerente con il suo cinema esasperato.

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Ambulance: Eiza Gonzàlez durante una scena del film

Ogni film di Michael Bay è un braccio di ferro. Prendere o lasciare. O accetti le regole del gioco oppure meglio mollare la presa. Apriamo la nostra recensione di Ambulance citando il gioco più vecchio del mondo, perché è così che ci siamo sentiti salendo a bordo del suo nuovo film sempre sopra le righe: presi per mano e sovrastati da un'esperienza cinematografica anarchica. Una valanga sempre più grande e veloce che travolge tutto e tutti. Sulla targa dell'ambulanza si legge Michael Bay, per cui si andrà di corsa e la sirena suonerà fortissimo per strada. Rimarranno a terra approfondimento psicologico e motivazioni dei personaggi, perché a prendere il volante sarà solo l'azione. Azione incessante, a volte persino assurda, che racconta tutto in pochi secondi.

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Ambulance: una scena action del film

Perché in Ambulance i protagonisti si definiscono mentre prendono scelte istintive, raccontano chi sono davvero solo quando messi alle strette. Proprio come il pubblico in sala, seduto su una poltrona che per due ore sembra il sedile di un'ambulanza. Alle prese con un braccio di ferro che se accettato può persino appassionare.

Senza frenare mai

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Ambulance: Jake Gyllenhaal e Yahya Abdul-Mateen II in una scena del film action

Al centro di Ambulance c'è un'idea forte, d'impatto, facile da raccontare. Il tipico high concept che si spiega in poche parole: due rapinatori prendono il controllo di un'ambulanza e fuggono dalla polizia tra le strade di Los Angeles con tanto di bottino tra le mani e infermiera alle prese con un poliziotto morente a carico. Una premessa che promette tensione, adrenalina e una buone dosi di immedesimazione. Alcune verranno mantenute, altre meno, perché Michael Bay spinge forte sull'acceleratore senza prima delineare come si deve il suo microcosmo chiuso in un'ambulanza alle prese con una missione quasi suicida. Remake di un omonimo film danese (in cui la persona ferita nell'ambulanza era però la padre dei fuggitivi), Ambulance si affida a un rapporto fraterno particolare. Will e Danny sono legatissimi eppure agli antipodi. Il primo ha messo su famiglia, è padre da poco e ha bisogno di 200mila dollari per pagare le cure della moglie gravemente malata. Il secondo, invece, il fuorilegge lo fa di mestiere, e l'unica cosa che sembra rimetterlo in riga è proprio l'affetto nei confronti di Will. Così i due decidono di fare un colpo in banca per motivi opposti: Will per necessità, il secondo per il gusto di farlo, e ovviamente per i 32 milioni che si metterebbe in tasca. Le cose però vanno storte e Michael Bay segue la loro fuga disperata in ambulanza passo dopo passo, a perdifiato, senza lasciarli mai.

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Ambulance: Jake Gyllenhaal e Yahya Abdul-Mateen II sequestrano un'ambulanza per la fuga

In Ambulance infatti fabula e intreccio quasi coincidono alla perfezione, con pochissimo spazio per flashback e digressioni. E infatti il film dura giusto il tempo di un lungo e roboante inseguimento, sostenuto da un ritmo forsennato. Bay procede senza freni, affidandosi a un Jake Gyllenhaal sempre sopra le righe (a tratti fastidioso), a Yahya Abdul-Mateen II più misurato e una Eiza González pronta a diventare la vera eroina della storia. Una storia che avrebbe anche qualche spunto verosimile, che Bay decide di esasperare di continuo tra sparatorie fuori di testa e una sequenza davvero assurda che chiederà alla vostra sospensione dell'incredulità di scendere subito dall'ambulanza

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Come nel Far West

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Ambulance: Jake Gyllenhaal mentre apre il fuoco con un mitragliatore contro la polizia

I fratelli banditi, il bottino e la polizia che li bracca. Sostituite l'ambulanza con una diligenza, scambiate le volanti con i cavalli, e il risultato non cambierà affatto. È evidente che con Ambulance Michael Bay voglia rispolverare il grande mito americano del western, soffermandosi sulla figura sempre affascinante del fuorilegge che vuole beffare il sistema. Un sistema che prima elegge eroi e poi li dimentica in fretta, costringeli fino alla disperazione. Bay, però, punta il dito sul problema senza affondare il colpo, preferendo rimanere in superficie a divertirsi. E se nel Far West a parlare era spesso il paesaggio, il film lascia spesso la parola al contesto urbano: una Los Angeles luminosa ma mai davvero lucente, sporcata dalla criminalità, dal sangue e abitata da loschi figuri. Una città piena di balordi, dove i pochi valorosi spiccano per lealtà e buon cuore. Un western contemporaneo che rievoca la mitologia americana, quindi. E i miti, si sa, hanno bisogno di certezze per essere tramandati. Così Bay confeziona un film che sembra uscito quasi 30 anni fa. Una via di mezzo tra Thelma & Louise e Speed stracolma di figure stereotipate, battutacce ironiche per sdrammatizzare e la solita fotografia patinata che ci regala almeno un'inquadratura iconica e potente. Questo è Ambulance. Prendere o lasciare. Salire sull'ambulanza e affidarsi alle mani non proprio delicate del chirurgo Michael Bay oppure rimanere a terra. Consapevoli che il viaggio non sarebbe poi tanto male.

Conclusioni

Due ore senza freni. Due ore esagerate in cui il piede è sempre sull’acceleratore. Nella nostra recensione di Ambulance abbiamo paragonato la nuova fatica di Michael Bay a un braccio di ferro sovrastante. Prendere o lasciare. Accettare le regole del gioco (le solite di Bay) oppure scendere dall’ambulanza. Perché questo film è una folle, lunga corsa in compagnia di due fuorilegge che rievoca i cult degli anni Novanta e i miti del western duri a tramontare.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.1/5

Perché ci piace

  • Il ritmo è forsennato e non cala mai.
  • Fabula e intreccio coincidono: una scelta che mantiene alto il coinvolgimento.
  • Interessante il parallelismo con il western...

Cosa non va

  • ...che però viene solo abbozzato in superficie.
  • La sensazione è quella di vedere un film di 30 anni fa uscito troppo in ritardo.
  • Jake Gyllenhaal è sempre bravo, ma il suo personaggio è davvero troppo sopra le righe.