Cara nipotina, come molti tuoi coetanei in questi ultimi anni ti sei appassionata a manga e anime. Ne sono ovviamente molto contento.
Probabilmente hai anche sentito parlare di questo vecchio film d'animazione, Akira, che dopo 35 anni è ora di nuovo al cinema. E ne avrai sentito parlare bene, soprattutto da gente vecchia come me.
Magari hai deciso di andare a vederlo con i tuoi amici, o l'hai già visto, dato che questo evento speciale sta andando molto bene, aspettandoti di assistere a qualcosa di simile a Your name, One Piece: Red, Demon Slayer, o a Jujutsu Kaisen 0.
Con ogni probabilità, però, se sei andata al cinema "alla cieca", per così dire, non sapendo praticamente nulla di questo vecchio film, la reazione ad Akira sarà, o è già stata, di confusione. O anche peggio.
Non c'è nulla di strano: Akira è una storia molto complessa, criptica, a volte anche imperfetta. Ed è molto, molto diverso da quanto potresti aver visto finora. Ok, dal punto di vista tecnico è sicuramente impressionante, ma perché tutti ne parlano come se fosse un capolavoro?
Vediamo se, per quanto posso, riesco a spiegarti... e ovviamente dovrò fare un po' di spoiler ma, tranquilla, non è così importante (poi ti spiego il perché).
Di che parla Akira?
La prima cosa che vedi è Tokyo distrutta da quella che sembra un'esplosione devastante. Poi si fa un balzo nel futuro: è il 2019. Perché Akira è un film di fantascienza, tipo Blade Runner, ambientato nel 2019, e scritto quando il 2019 era ancora un futuro fantascientifico. (Sì, fa un po' ridere questa cosa...).
Siamo a Neo Tokyo, che è stata costruita dopo la Terza Guerra Mondiale sulle rovine di Tokyo, ma è una città allo sbando: i politici sono inetti e corrotti, ci sono continue rivolte e manifestazioni anche violente, ci sono fanatici religiosi che vorrebbero l'abbandono della scienza e predicano il ritorno di un essere che purifichi il mondo, Akira.
Ci sono militari che reprimono le proteste con la violenza e ci sono bande di teppisti che si scontrano per le strade, seminando il panico. Proprio due di questi teppisti sono i protagonisti della storia: Kaneda e Tetsuo (e Akira? Aspetta, ci arriviamo).
Sono amici fin da piccoli, quando si sono conosciuti in orfanotrofio. Kaneda è uno sbruffone, ma è carismatico. Tetsuo vive nella sua ombra, lo ammira, ma inizia a essere infastidito dal fatto che Kaneda è più forte e amato di lui... senza contare che ora Kaneda ha anche una moto fighissima.
Mentre la loro banda e altri motociclisti si stanno battendo per le strade, tanto per cambiare, dall'altra parte della città un uomo sta scappando con un bambino molto strano, una sorta di "bambino vecchio". Quando l'uomo viene fermato e brutalmente ucciso dai militari, questo "bambino vecchio" rimane sconvolto, scatena un'onda di distruzione psicocinetica (sì, proprio tipo Undici in Stranger Things) e si teletrasporta via, per riapparire proprio di fronte alla moto in corsa di Tetsuo. C'è un'esplosione e Tetsuo resta gravemente ferito.
Kaneda e i suoi lo raggiungono, ma proprio in quel momento arrivano i militari che recuperano il "bambino vecchio", caricano anche il corpo esanime di Tetsuo e vanno via.
A questo punto i militari, comandati dal rude Colonnello Shikishima, sottopongono Tetsuo a degli esperimenti che dovrebbero risvegliare in lui gli stessi poteri che hanno sia il "bambino vecchio" sia altri due grotteschi "bimbi vecchi" come lui.
L'obiettivo degli scienziati e dei militari è comprendere e controllare questa energia paranormale facendo esperimenti sui bambini (sì, proprio come in Stranger Things), lo stesso potere che quando era stato scatenato dal misterioso "Akira" aveva ridotto in cenere Tokyo.
L'esperimento, purtroppo per tutti, riesce: tra allucinazioni orribili e dolori atroci, Tetsuo inizia effettivamente a sviluppare fortissimi poteri extrasensoriali. Ma il ragazzo non è né fisicamente né mentalmente in grado di controllare quello che gli sta succedendo.
In preda al dolore, alla rabbia e alla frustrazione, Tetsuo scatena i suoi nuovi e terrificanti poteri in un crescendo di distruzione.
Di fronte a lui si parano i militari, i tre "bambini vecchi" e, infine, lo stesso Kaneda, che nel frattempo si è unito a un gruppo di rivoluzionari proprio per cercare di liberare Tetsuo (e, ok, anche perché tra loro c'è una ragazza che gli piace, ma non sottilizziamo).
Ma è tutto inutile: convinto che solo incontrare questo misterioso "Akira" possa aiutarlo, Tetsuo si fa strada lungo Neo Tokyo e, alla fine, raggiunge la struttura segreta sotterranea dove "Akira" è imprigionato, solo per scoprire l'atroce verità.
Akira, una volta, era un bambino.
Come altri era stato sottoposto a esperimenti che avevano risvegliato in lui un'energia e un potere eccezionali, molto superiori a quelli dei tre suoi amici (i "bambini vecchi" sopravvissuti), causando la completa distruzione di Tokyo. Dopo questo evento, il corpo di Akira era stato mutilato, sezionato ed esaminato, e i pochi resti conservati, allo zero assoluto, in alcuni barattoli di vetro che ora sono tutto ciò che resta di lui.
Ormai completamente incapace di controllarsi, Tetsuo si trasforma in un essere mostruoso, una specie di ameba tecno-organica che divora qualunque cosa abbia davanti.
Quando tutto sembra perduto, i tre "bambini vecchi" risvegliano Akira, che libera nuovamente il suo potere in una gigantesca sfera di pura energia distruttiva. Tetsuo viene inglobato in questa sfera (che, per buon contorno, devasta mezza Neo Tokyo) e scompare, assieme ad Akira e ai tre "bambini vecchi", in un'altra dimensione, trascendendo tempo e spazio nell'attesa di riuscire, un giorno, a essere in grado di comprendere e controllare il suo potere.
Akira, l'anime che ha ispirato una generazione
Ok zio, ma di che PARLA Akira?
Piccola premessa: per capire bene un'opera, devi capire il contesto in cui è stata creata.
Per capire Akira, in particolare, devi tener presente un evento storico molto importante, una ferita mentale e sociale che, quando Akira è stato scritto (nel 1988), era ancora dolorosamente aperta per il Giappone: sto parlando della distruzione, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, delle città di Hiroshima e Nagasaki con l'uso delle bombe atomiche.
Come sai le bombe atomiche non erano "solo" bombe più potenti delle altre. Erano un'arma nuova, un concetto completamente diverso e molto, molto più spaventoso.
Erano l'energia stessa del Sole, della creazione. L'energia atomica doveva essere, nelle speranze degli scienziati, la fonte energetica che avrebbe potuto risolvere tutti i problemi del mondo, che avrebbe potuto svelare tutti i misteri della natura.
Ma era stata trasformata in un'arma di distruzione di massa, capace non solo di incenerire due città e fare centinaia di migliaia di morti in un istante, ma anche di avvelenare il territorio e i sopravvissuti, causando malattie e contaminazione per i decenni a seguire.
E, quel che è peggio, queste armi potevano facilmente diventare ancora più potenti. Tanto da distruggere, e non per modo di dire, tutto.
Ora: l'energia atomica, di per sé, non è né buona né cattiva: è energia. Ma, nelle mani degli esseri umani, divenne un incubo. Perché è vero che gli esseri umani a volte possono essere generosi, altruisti, esploratori coraggiosi, studiosi o artisti, ma altre volte sono stupidi, avidi, egoisti... sono umani, insomma.
Inizi a vedere la connessione, vero?
Esatto: in qualche modo, Akira è l'atomica.
Akira è una metafora di questo potere spaventoso (che è un potere "della Natura", in un certo senso), che era stato scatenato sul Giappone, lasciando una ferita nel corpo e nello spirito di un intero popolo, per generazioni.
Quindi Katsuhiro Otomo, il geniale autore di Akira, parla di questo trauma nella sua storia. Ok, non parla solo di questo, ma diciamo che è già una chiave di lettura che ti aiuta a capire meglio tutto.
Esiste un'energia primordiale, la stessa energia che fa andare avanti l'Universo. Ma è un potere troppo grande perché i piccoli esseri umani possano usarlo impunemente.
Siamo fragili, deboli, pieni di difetti come Tetsuo.
Forse però un giorno saremo in grado di cambiare e di evolvere, acquisiremo maggior consapevolezza e ci libereremo di tutto ciò che ci limita.
Anche se Akira è un film di fantascienza profondamente cinico, perfino nichilista (facci caso: non è che ci siano "buoni" e "cattivi": ci sono... persone. Persone vere, con i loro pregi e difetti, che si muovono in uno scenario di degrado e brutture), anche se descrive una società allo sbando, alla fine di questa esperienza catartica c'è un piccolo barlume di speranza, c'è una voce che, oltre il tempo e lo spazio, prende coscienza di sé e, nel modo più gentile possibile, dice, "Io sono Tetsuo" (piccola nota: in Giappone ci sono molti modi diversi per dire "Io". In questo caso, Tetsuo usa boku, ovvero la forma più cortese per, appunto, dire "io" usata dai giovani giapponesi).
Akira è un esempio di fantascienza attuale come non mai
Tutto molto strano
Quando viene presa la decisione di far diventare Akira un lungometraggio, Otomo è nel pieno del processo creativo. In altre parole: non ha ancora finito di scrivere la storia.
Questo è il motivo per cui il film può sembrare (e, in effetti, è) un po' claudicante, dal punto di vista narrativo. Ci sono passaggi troppo rapidi, diversi punti non perfettamente chiari, molti personaggi solo abbozzati. Da questo punto di vista, Akira è un film che mostra diverse imperfezioni e, posso dirtelo, a quel punto conviene veramente recuperare il manga, che si sviluppa meglio e chiarisce moltissime cose.
Intendiamoci: la storia è quella, ed è comunque raccontata con discreta efficacia anche nel film. Che, comunque, ha dalla sua una realizzazione tecnica che già all'epoca era straordinaria, e che ancora oggi è stupefacente.
Akira è stato un vero e proprio kolossal, per gli standard: è costato quasi un miliardo di Yen, una cifra folle, tanto che per produrlo fu creato un Comitato di diversi produttori.
Vennero usate una serie di soluzioni tecniche molto innovative: i fondali sono animati per dare il senso di profondità tridimensionale, il movimento delle labbra dei protagonisti era perfettamente allineato a ciò che dicevano (il doppiaggio venne realizzato prima delle animazioni), per la primissima volta ci fu un consistente impiego della grafica computerizzata per gestire movimenti e scene.
E, anche, ci fu la scelta di seguire il design dei personaggi di Otomo, che si allontanava - e di parecchio - dagli standard in voga all'epoca privilegiando tratti e fisionomie più realistici e, allo stesso tempo, grotteschi.
Anche la colonna sonora, con un misto originale di cori mistici e passaggi sinfonici, era stata studiata per trasmettere e accompagnare al meglio la forza delle immagini e delle emozioni della storia.
Tutti questi elementi, ulteriormente amplificati dalla magia del cinema, hanno dato ad Akira uno stile unico e una potenza visiva che, posso garantirtelo, fino a quel momento non si erano mai visti.
Un film in cui si viene sopraffatti dalla pura potenza delle immagini e dei suoni che esplodono (letteralmente) dal grande schermo, tanto che arrivi a un momento in cui l'esperienza visiva prende il sopravvento e la storia diventa "solo" il contorno a un eccezionale tripudio di spettacolarità (è per questo che ti dicevo, all'inizio, che gli spoiler sulla storia non sono tanto importanti).
Perché se è vero che già 30 e passa anni fa gli anime erano un fenomeno, per quanto di nicchia, è anche vero che erano comunque "relegati" al concetto di "prodotto per ragazzi" (per bambini no... quello fu subito chiaro a chiunque avesse visto un episodio dell'Uomo Tigre, per esempio). In altre parole ci si aspettava che non si distanziassero molto dal "semplice" prodotto d'intrattenimento.
Akira, invece, era - ed è ancora - chiaramente un'altra cosa. Era la dimostrazione che con l'animazione era possibile raccontare, e farlo bene, qualunque storia, non solo fiabe e favole.
Noi occidentali ci avevamo già provato, con alterne fortune (se vuoi, prova a recuperare film come il sublime Allegro non troppo di Bruno Bozzetto), ma erano rimaste eccezioni alla regola che voleva l'animazione come sinonimo di "film per bambini/film per tutta la famiglia".
Poi arrivò Akira, e fece capire a tutti che un "cartone animato" era uno strumento eccezionale per raccontare storie di ogni genere. Anche forti, mature e complesse.
Che, come ha ribadito anche lo stesso Guillermo Del Toro fresco della vittoria agli Oscar del suo Pinocchio, l'animazione non è un genere, ma un mezzo.
L'effetto di Akira al cinema è stato dirompente, nipotina mia. E se oggi - per esempio - vedi quella frenata di moto nel film Nope di Jordan Peele, se si parla da anni di una possibile trasposizione in live action di questo capolavoro di Otomo, se oggi al cinema e in TV puoi vedere senza problemi tanti bellissimi anime, è anche perché Akira ha dimostrato al mondo che gli anime sono una cosa seria. Anzi: serissima.