Si apre con un primo piano su delle fiamme Ai confini del male, il film Sky Original di Vincenzo Alifieri, in onda Il 1° novembre alle 21.15 su Sky Cinema Uno, in streaming su NOW e disponibile on demand. Nella recensione di Ai confini del male vi raccontiamo la storia di un rapimento, di due ragazzi, due famiglie ma soprattutto quella di due uomini, due carabinieri con dei traumi nel loro passato che non sono ancora sopiti. E che, prima ancora che con l'assassino, si troveranno a dover fare i conti con loro stessi. Ai confini del male è un noir diverso dal solito, inquietante e atmosferico, in cui il vero mistero non è quello su cui i due carabinieri stanno indagando, ma quello che portano dentro di loro. Curatissimo a livello visivo, lo è meno dal punto di vista dell'intreccio, dei collegamenti all'interno della trama. Ma vedere un film come questo, che ambisce alle migliori serie internazionali di questo genere, nell'attuale panorama italiano è un piacere.
Il bosco, il rave, l'acqua e due uomini
Siamo in uno sperduto paese al limite di un bosco, e circondato dalle acque. A un rave due giovani finiscono per scomparire. Sono stati sequestrati, e si dice che sia un mostro che torna dal passato, in cui aveva ucciso molte persone. Indagano i carabinieri Meda (Edoardo Pesce), un uomo sconfitto dalla vita, e Rio (Massimo Popolizio), il Capitano inflessibile e rigoroso. Risolvere il caso forse vorrà dire anche le loro vite complicate.
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Un inizio quasi subliminale
Per i primi dieci minuti, Ai confini del male va avanti in maniera quasi subliminale. Con scene brevissime, dei flash, e un montaggio serratissimo. Alfieri vuole lasciare intendere, suggerire cosa accade, per poi passare al racconto vero e proprio, che continuerà ad alternare momenti più riflessivi ad altre sferzate. Quei primi minuti sincopati sono - come ha dichiarato il regista - la volontà di dare uno schiaffo allo spettatore. Ma, in fondo, vogliono anche dirci che l'anima della storia non è il rave o il sequestro, ma quello che avviene dopo.
Immerso nella natura selvaggia
Vincenzo Alfieri è un regista che sa confezionare mondi, che sa bene come creare, nei suoi film, atmosfere ben precise. Gli uomini d'oro, il suo film precedente (una vera sorpresa) era un film urbano, in cui il grigio della città veniva ammantato da luci al neon, conferendo un'estetica tipica degli anni Ottanta a una storia che veniva dagli anni Novanta. Ai confini del male è invece extraurbano, è immerso nella natura selvaggia. Vive nel bosco, tra gli alberi e una terra umida che pare quasi di toccare, di sentire addosso. I colori dominanti sono il verde scuro e il blu delle acque del fiume su cui spesso si affaccia la storia.
Un True Detective all'italiana
Si sente abbastanza chiaramente la voglia di fare un nostro True Detective, di seguire una via poco battuta in Italia, ispirandosi a uno dei migliori prodotti crime americani degli ultimi anni. Oltre a quel calarsi profondamente nella natura, della serie di Nic Pizzolatto e Cary Fukunaga c'è quel modo di mettere in atto i delitti, ancestrale e rituale. Ma, soprattutto, c'è la scelta di focalizzarsi sui due detective, sulla loro natura ambigua, sulla loro vita tormentata, sui traumi del loro passato.
Edoardo Pesce è Cane pazzo, perfetta figura da noir
Edoardo Pesce veste i panni di Cane Pazzo, tenente dei carabinieri che non indossa la divisa, ma la giacca di pelle. Sdrucito, stanco, ferito, una perfetta figura da noir aggiornata ai nostri tempi, Cane Pazzo è manesco, iracondo, va a prostitute, e non sembra tenero nei confronti delle donne. Negli ultimi anni lo abbiamo visto in tanti film (Cuori puri, Fortunata, Dogman), dove ha sempre lasciato il segno, ma è stato spesso un comprimario, un non protagonista. Ai confini del male gli regala finalmente un ruolo da protagonista, e per uno dei migliori attori del momento è un riconoscimento importante. Edoardo Pesce è calato alla perfezione nel ruolo. Il suo fisico imponente, ma soprattutto gli occhi piccoli, taglienti, infuocati, dolenti riescono a donare un'anima al personaggio. La parlata strascicata, stanca, aggiunge un ulteriore colore al personaggio che ha subito un trauma nel suo passato.
Massimo Popolizio è Rio, l'uomo con la divisa
Massimo Popolizio è Rio, il colonnello dei Carabinieri. È a prima vista quello regolare, quello che rispetta le regole, quello che indossa la divisa e le porta rispetto. Sicuro di sé, almeno in apparenza, parla con un tono di voce basso, con lo sguardo fisso. Sembra lontano da Meda, ma qui siamo in una terra di nessuno dove bene e male si fondono, dove gli opposti si attraggono per poi magari scontrarsi. Quella divisa a cui tiene tanto, che dice di onorare, è in realtà per lui uno schermo, uno scudo, che nasconde altro.
Nel segno di Fincher e Villeneuve
La materia di cui è fatto Ai confini del male allora è suggestiva, curata, degna di un thriller internazionale. Tra i modelli di Alfieri ci sono anche Seven di David Fincher e Prisonersdi Denis Villeneuve. Ma il regista si dimostra abile nel gestire i toni e le atmosfere. Un po' meno nel gestire l'intreccio, la trama gialla che, a tratti, all'inizio si fa fatica a seguire e poi presenta qualche buco. La chiave del film però non è tanto nei fatti raccontati quanto nei caratteri dei personaggi, la loro indole, la loro identità. Per godersi questo film serve abbandonarsi al fluire della storia insieme ai personaggi. E perdersi insieme a loro tra i boschi, lungo le acque, e nel buio della loro anima.
Conclusioni
Nella recensione di Ai confini del male vi abbiamo parlato di un noir diverso dal solito, inquietante e atmosferico, in cui il vero mistero non è quello su cui i due carabinieri stanno indagando, ma quello che portano dentro di loro. Curatissimo a livello visivo, lo è meno dal punto di vista dell'intreccio. Ma vedere un film come questo, che ambisce alle migliori serie internazionali di questo genere, nell'attuale panorama italiano è un piacere.
Perché ci piace
- L'atmosfera creata, con la natura selvaggia a fare da protagonista, come in True Detective.
- La scelta di focalizzarsi su due personaggi, i due detective, con dei conflitti interiori.
- La recitazione di Edoardo Pesce e Massimo Popolizio, che danno un valore aggiunto al film.
Cosa non va
- Vincenzo Alfieri è bravissimo a creare atmosfere, un po' meno a gestire certi intrecci della trama.