After Life 2, la recensione dei primi tre episodi: un malinconico risveglio

La recensione dei primi tre episodi della seconda stagione di After Life, la serie Netflix di e con Ricky Gervais.

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After Life: Ricky Gervais e Roisin Conaty in una scena

Anche un oggetto rotto ha il suo fascino. Lo guardiamo, lo analizziamo, lo scrutiamo alla ricerca di quella molla saltata che una volta rimessa con cura al suo posto, ne ripristina la bellezza originaria. I giapponesi hanno sviluppato una tecnica chiamata "Kintsugi" in cui a donare maggior preziosità a un oggetto precedentemente da buttare è l'impiego dell'oro come collante. L'anima di Tony nella seconda stagione di After Life è un vaso di ceramica che sta imparando ad aggiustarsi. La morte della moglie Lisa è stato il terremoto che lo ha fatto cadere, frammentandolo in mille pezzi. Tony ha tentato di ritrovare nel gusto inebriante dell'alcol, nei trip della droga, o nell'idea rassicurante di un possibile suicidio quella colata preziosa che desse di nuovo senso a una vita da gettare via. Eppure, come suggerito dall'epilogo della prima stagione (qui la recensione di After Life 1), non è una sostanza stupefacente, o un taglio netto alle vene, a fornire preziosità alle sue fratture interiori, ma un sorriso sincero, o uno sguardo complice, di chi lo circonda con affetto.

Sono colleghi di lavoro, famigliari, o semplici passanti, che da bersagli da colpire con la potenza del suo cinismo, diventano ora ancore a cui aggrapparsi per non annegare negli spazi bui del mondo, coccolato dalla solitudine. Se nel finale della prima stagione si assaporava un dolce lieto fine, ecco che il black humor di Ricky Gervais (interprete e regista della serie) ci ricorda che le fiabe sono solo sprazzi di sogni e desideri fattisi immagini, mentre la vita reale gioca su un susseguirsi di eventi inaspettati, nella buona e cattiva sorte. Ecco dunque a voi la recensione dei primi tre episodi di After Life 2 disponibile su Netflix dal 24 aprile.

PROVE DI RINASCITA PER RICKY GERVAIS

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After Life: Ricky Gervais in una scena corale

Ricky Gervais continua il saggio sull'animo umano scheggiato e messo al tappeto dalla potenza del lutto con la seconda stagione di After Life. Il suo Tony conserva aspetti caratteriali del suo io del passato. Sono zone oscure di una personalità combattuta tra la voglia di cambiare e il desiderio di restare vicino al suo passato per non perdere i ricordi e le dolci memorie di sua moglie. La seconda stagione riparte dunque nel momento in cui si è conclusa la prima. Tornano i video-messaggi lasciati da Lisa, in cui rassicura il marito di aver passato una bella vita al fianco di un uomo allegro, altruista e divertente come lui. Tornano i fantasmi della depressione e della paura di fallire e soffrire di nuovo. Eppure, qualcosa sembra essere cambiato nello spazio di tempo che separa le due stagioni. Uno iato temporale alquanto risicato, eppure abbastanza lungo per permettere al suo protagonista di attivare il proprio processo di cambiamento. Il ricordo brucia ancora. È una lama che torna ad aprire ferite che faticano a rimarginarsi.

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After Life: Ricky Gervais in una scena

Dopotutto il protagonista di After Life non è altro che l'ultimo figlio nato in grembo a una mente alacre come quella di Ricky Gervais. La sua è una galleria di uomini solitari, che trovano nel caustico sarcasmo uno scudo di protezione per non lasciarsi colpire dagli attacchi della vita e cadere nella propria voragine emotiva. Non ha paura di mostrare personaggi scomodi, problematici, Ricky Gervais. Li traccia con astuzia, ironia, rendendoli umani proprio perché imperfetti, colti dalla sfortuna o dal velo della depressione. Eppure in ognuno di loro, l'attore e regista nasconde un senso di sarcasmo e visione ironica della vita che li rende affascinanti e facili al perdono, perché per ognuno di noi spettatori è facile immedesimarsi in loro. E così avviene per Tony nella seconda stagione di After Life. Gli incontri con l'infermiera Emma (Ashley Jensen), la vedova Anne (Penelope Wilton) al cimitero, e la morte dell'eroinomane Julian nella prima stagione, sono tappe di un itinerario personale che hanno dato vita a una palingenesi compiutasi a metà. Una rinascita, la sua, in potenza ma incompiuta perché privata di quelle spinte necessarie che avrebbero permesso all'uomo di aprire gli occhi a un nuovo mondo. Troppo solidi i legami che lo tengono ancorato al ricordo della moglie. Eppure, nei suoi occhi, sottolineati da primi piani più ridotti rispetto a quelli che costellano la prima stagione, si scrutano barlumi di una voglia di rivalsa personale e un'apertura al mondo, enfatizzata da inquadrature più ampie, capaci di contenere al loro interno diversi personaggi.

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UNA MALINCONICA IRONIA

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After Life: Ricky Gervais e Penelope Wilton in una scena

In questi tre episodi iniziali, si scorge silente, eppure assordante, il contraccolpo di una bomba interiore che è esplosa nell'animo di Tony. Il lato umano prende il sopravvento. Ora che le barriere sono crollate, il cinismo trasformato in melanconia, le battute svestite del proprio cinico sarcasmo, quella portata in scena nella seconda stagione di After Life è un'esistenza che lascia spazio a una nostalgica visione della vita. Un cambiamento di toni, che permettono al protagonista di evolvere e lasciarsi alle spalle l'atteggiamento di difesa con cui allontanare gli altri con la forza delle proprie battute e di confessioni sciorinate con parole taglienti. A ogni battuta ecco dunque spuntare sul viso dello spettatore una risata fragorosa, seguita immediatamente da una lacrima che con timidezza, si tiene pronta a rigare il volto. Perché questo è After Life 2, almeno nelle sue prime tre puntate: un passo a due tra ironia e malinconia. Non più bomba a orologeria pronta a esplodere in tutto il suo sarcasmo, tra sguardi bassi e debolezze pronte a mostrarsi come ferite aperte agli occhi degli altri, Tony si fa elargitore di tenera dolcezza mostrandosi finalmente umano. Il suo cinismo era un cerotto con cui nascondere tagli dell'anima incapaci di rimarginarsi, insofferente com'era a quel disinfettate potente che è l'empatia e il calore umano. Dopo che ha riassaporato il bruciore salvifico di un abbraccio, o di un sincero "grazie", il Tony di questa nuova stagione di After Life abbraccia un nuovo livello in quel gioco a tappe che è l'accettazione del dolore e della perdita.

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NESSUNO SI SALVA DA SOLO

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After Life: Ricky Gervais e Kerry Godliman in una scena

Questa empatia ritrovata rivela un corrispettivo interessante anche a livello narrativo. Aprendosi agli altri, Tony permette un'apertura della storia verso gli altri personaggi, la cui vita domestica è maggiormente indagata e i caratteri ben più delineati. Non più semplici spalle appena abbozzate, adesso il cognato Matt, la dolce Sandy, la petulante Kath, il goloso Lenny, la saggia Anne, l'autoironica Daphne e il postino Pat si tramutano in colonne portanti su cui costruire un nuovo capitolo della propria vita, e per farlo ha bisogno di informazioni, dettagli ed eventi capaci di evolvere l'esistenza dei suoi pari. Se inizialmente il pubblico aveva bisogno di tempo per comprendere la portata di un personaggio così complesso, eppure così affascinante, nella seconda stagione Ricky Gervais dona maggior spazio ai propri comprimari, pedine indispensabili e affascinanti di una rinascita colta sul nascere e di cui non aspettiamo altro che scoprire i suoi nuovi, intriganti, risvolti nel corso degli ultimi tre episodi di questa divertente, eppure dolorosa, seconda stagione. Perché, come sembra ricordarci Gervais attraverso il personaggio di Anne, nessuno si salva da solo.