Dopo Enzo Ceccotti, criminale con i superpoteri nel film Lo chiamavano Jeeg Robot, è arrivato il criminale con i poteri divini nella serie Christian. Ideata e scritta da Roberto Saku Cinardi, diretta da Stefano Lodovichi (Il cacciatore, La stanza), il nuovo titolo Sky Original in sei episodi, disponibile dal 28 gennaio su Sky Atlantic, è ispirato al graphic novel Stigmate di Claudio Piersanti e Lorenzo Mattotti. È già in cantiere una seconda stagione.
Edoardo Pesce interpreta Christian, braccio destro di Lino (Giordano De Plano), boss criminale della periferia romana. Christian lavora in copia con Davide (Antonio Bannò), figlio del capo, e si divide tra la riscossione di soldi, pestaggi, Rachele (Silvia D'Amico), tossicodipendente che vive nel suo stesso condominio, e la madre Italia (Lina Sastri), che ha problemi di salute.
Un giorno le sue mani cominciano a fargli malissimo e diventa incapace di fare del male agli altri: ha delle stigmate e con queste riesce a curare diverse cose, dalla tossicodipendenza a, forse, anche riportare in vita le persone. Questo miracolo attira l'attenzione non soltanto di Lino, ma anche di un prete, Matteo (Claudio Santamaira, sì Enzo Ceccotti in persona), che cerca di capire se Christian sia autenticamente un tramite di Dio o un impostore. Senso della vita, fede, perdono: abbiamo parlato di questi temi con gli attori Edoardo Pesce, Giordano De Plano e Antonio Bannò. Il segreto della vita a quanto pare è nella carbonara. Forse anche nella gricia.
Video intervista a Edoardo Pesce
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La video intervista a Giordano De Plano e Antonio Bannò
Christian: il segreto della vita è nella carbonara
Le metafore i Christian sono molte. Il senso della vita è davvero nella carbonara?
Edoardo Pesce: E chi lo sa. Può darsi che sia anche una gricia.
Giordano De Plano: Per quanto mi riguarda assolutamente sì. Tra l'altro la carbonara è il mio cavallo di battaglia.
Antonio Bannò: Io sono più un tipo da amatriciana. L'importante però è non metterci la panna.
Christian e la speranza
Tra i tanti temi toccati da Christian c'è quello della speranza: solo chi immagina nuovi mondi possibili ce la può dare. Quindi in questo senso scrittori, registi, attori sono un po' dei messia della nostra epoca?
Edoardo Pesce: Se fatto in un certo modo dovrebbe essere un lavoro che porta le persone da qualche parte. Diventa una sorta di guida. Una serie e un film sono fatti però da tante persone: l'attore è solo una parte dell'ingranaggio. Però sì: le storie, i libri, i film, una serie bella possono avere anche una funzione messianica. Ti portano da qualche parte e diventi seguace del racconto.
Antonio Bannò: Il verbo sperare è un verbo passivo. Chi spera sta fermo e le cose gli succedono intorno. Quindi non so se è un verbo che mi piace tanto.
Giordano De Plano: Non lo so. Primo perché i messia fanno sempre una brutta fine! Muoiono giovani e quindi preferisco non avere questa responsabilità. In realtà è più il pubblico che ci mette qualcosa. Se guardi un quadro, se ascolti una sinfonia, se vedi un film in realtà è il pubblico che fa il miracolo: credo molto nel potere che ha il pubblico di proiettare qualcosa verso l'opera d'arte. Gli artisti più che dei messia sono dei tramiti. Forse quando un artista è bravo bravo può essere un profeta. Ho letto una frase bellissima di Javier Bardem che diceva: 'non credo in Dio ma credo in Al Pacino'.
Christian e il bisogno d'amore
Lino e Davide sono i personaggi più problematici: entrambi hanno una mancanza, in fondo vorrebbero essere amati, ma invece di riempire questo vuoto con cose positive compiono il male. Come avete lavorato su questa contraddizione dei vostri personaggi?
Antonio Bannò: Credo che il bisogno d'amore sia per entrambi quello di capire chi si è. Lino da una parte e Davide dall'altra. Che ruolo hai in questa società costruita così? Chi sei? Come lo compensi? Nel momento in cui succede una determinata cosa, cambiano le priorità: se era vero che per tutta la vita abbiamo aspettato questo amore, quando questo amore arriva e non riempie il vuoto si rendono conto che ciò di cui hanno bisogno è qualcos'altro. Nel caso di Davide è l'accettazione da parte del padre: vuole dimostrare che questo padre può contare su questo figlio.
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Giordano De Plano: Hanno un vuoto da colmare: sono cresciuti entrambi con la mancanza di qualcosa a livello famigliare. Il mio personaggio, Lino, per tutta la vita ha cercato e continua a cercare questa figura. Però è anche vero che l'amore a volte può manifestarsi sotto vestiti ambigui, particolari. Entrambi compiono azioni poco ammirevoli e l'amore a volte può fare questo. Nel caso di Davide, essendo figlio di Lino, è come se ereditasse una colpa: qui siamo nella sfera della tragedia greca. Degli archetipi. C'è una colpa che si tramanda. Come in Ibsen. A volte per cercare l'amore si percorrono strade difficili, a volte anche violente. La mancanza di amore è violenta: genera violenza.