Recensione World Trade Center (2006)

Stone pare essersi addolcito tanto da incentrare la narrazione esclusivamente sul dramma umano di persone che si trovano a un passo dalla morte avendo messo la propria vita a rischio per salvarne altre.

9/11 secondo Stone

La prima pellicola fictional che ricostruisce il crollo delle Twin Towers (e la seconda, dopo United 93, a narrare i fatti accaduti l'11 settembre 2001) porta la firma di Oliver Stone, regista politicizzato e per niente tenero, nelle sue precedenti opere, coi giudizi critici sulla storia americana passata e presente che stavolta ha deciso di spiazzare tutti. Completamente assente ogni parvenza di taglio politico, Stone sceglie di affrontare la narrazione degli eventi da un punto di vista prettamente umano, la storia vera di due poliziotti newyorkesi intrappolati per ventiquattro ore sotto le macerie del World Trade Center. La vicenda si focalizza, infatti, sul sergente John McLoughlin (Nicolas Cage) e sull'agente Will Jimeno (Michael Pena), capitati nell'inferno di Ground Zero quasi per caso quando ancora non si conoscevano la natura e l'entità dell'attentato terroristico, che vengono coinvolti nel crollo delle torri restando intrappolati sotto le macerie insieme ai loro compagni. La pellicola alterna la narrazione della loro prigionia al dramma delle famiglie, mogli (interpretate da Maria Bello e Maggie Gyllenhaal), figli, madri, che attendono con ansia il loro ritorno.

Accolto positivamente dalla critica americana più conservatrice e destrorsa, e criticato dalla quasi totalità della restante, World Trade Center paga lo scotto di aver affrontato un argomento sul quale per tutto questo tempo il cinema USA ha posto l'embargo, ragione per la quale risulta quasi impossibile parlare di quest'opera prescindendo dai valori politico-sociali che esprime (o non esprime). Dal militante Stone ci si aspettava un nuovo Platoon o un nuovo JFK - un caso ancora aperto, dure denuncie delle scelte del governo americano che hanno condotto alla strage di Ground Zero o complesse analisi sulla teoria del complotto che potrebbe aver portato al molteplice dirottamento orchestrato con il beneplacito dei servizi segreti statunitensi, invece ci troviamo di fronte a un film che si incanala nella più tipica tradizione dell'eroismo quotidiano ed esalta il culto dei valori tradizionali, patria, famiglia e religione in testa (a suggellare questa ipotesi interviene la duplice apparizione del Cristo, a metà tra sogno e allucinazione, ai due agenti feriti).

Novello John Ford, Oliver Stone con l'età pare essersi addolcito tanto da incentrare la narrazione esclusivamente sul dramma umano di persone che si trovano a un passo dalla morte avendo messo la propria vita a rischio per salvarne altre. Amante del cinema virile e muscolare, il regista non ha perso il suo tocco e sul piano stilistico il film è impeccabile, classico e rigoroso, senza guizzi di originalità, ma dotato di una solida narrazione che alterna la ricostruzione della vicenda di McLoughlin e Jimeno all'attesa penosa delle due mogli, inframezzando le due linee narrative principali con brevi digressioni, flashback, allucinazioni dei due protagonisti. Riuscite e coinvolgenti soprattutto le scene notturne e claustrofobiche ambientate tra le macerie del World Trade Center, dove la mano sicura di Stone riesce a coinvolgere ed emozionare pur senza mai eccedere nel patetico, facendo risultare credibile anche l'ingessato Nicholas Cage. Unica eccezione, l'interpretazione allucinata di Michael Shannon nei panni di Dave Karnes, l'ex-marine che decide di intervenire per aiutare gli eventuali superstiti sepolti dal crollo, primo a soccorrere e salvare i due agenti.

L'ombra della vendetta si allunga sul finale di World Trade Center visto che sono le didascalie conclusive a informarci della scelta di Karnes di arruolarsi nuovamente per recarsi in Iraq. L'aderenza alla realtà dei fatti di Stone, regola in passato non sempre rispettata dal regista ma comunque encomiabile, stavolta impedisce il trasparire del vero pensiero dell'autore, esclude ogni possibile giudizio critico sulle scelte del governo statunitense altre volte avversate dal regista con maggior coraggio e non salva la pellicola dall'eccesso di retorica che a tratti la permea.

Movieplayer.it

3.0/5