Recensione 7 uomini a mollo: nuota che ti passa

7 uomini a mollo, la nostra recensione della commedia sportiva di Gilles Lellouche con Guillaume Canet, Mathieu Amalric e Benoît Poelvoorde.

7 Uomini a mollo: Mathieu Amalric e Leïla Bekhti in una scena del film
7 Uomini a mollo: Mathieu Amalric e Leïla Bekhti in una scena del film

Spesso la Francia ci regala commedie garbate, profonde, intelligenti. 7 uomini a mollo, gioiellino che fonde risata e riflessione esistenziale, porta la firma di Gilles Lellouche, attore, regista e produttore già visto in film come Adele e l'enigma del faraone e Point Blank. In 7 uomini a mollo, Lellouche si getta a capofitto in un tema che pare conoscere a fondo, la crisi del maschio.

Per sviscerare l'argomento, che sembra stargli a cuore, il regista mette in campo una varietà di uomini assai diversi, accomunati da un malessere interiore. Non contento, usa lo sport come strumento di riscatto. Niente di nuovo sotto il sole, a caratterizzare 7 uomini a mollo non è tanto l'originalità quanto la qualità di ciò che vediamo. Qualità dovuta alla presenza di un cast composto dagli attori più talentuosi d'Oltralpe: Guillaume Canet, Mathieu Amalric, Jean-Hugues Anglade e il belga Benoît Poelvoorde.

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7 Uomini a mollo: il team si allena in piscina

Se le storie di riscatto sociale o esistenziale a sfondo sportivo sono assai numerose, 7 uomini a mollo si distingue per la scelta dello sport, quantomeno curiosa. Stavolta è il nuoto sincronizzato l'attività che permetterà a un gruppo di uomini sconfitti dalla vita di rialzare la testa. Bertrand (Mathieu Amalric), in piena depressione dopo aver perso il lavoro, in seguito a un annuncio letto in piscina decide di entrare a far parte di una squadra di nuoto sincronizzato maschile. Qui incontra Laurent (Guillaume Canet), dirigente operaio con un figlio autistico e una famiglia che va in pezzi, Simone (Jean-Hugues Anglade), rocker fallito che vive in una roulotte, ma continua a nutrire il sogno di esibirsi di fronte al pubblico, il tutto sotto lo sguardo critico della figlia adolescente, e Marcus (Benoit Poelvoorde), venditore di piscine in bancarotta. Non se la cavano meglio le due allenatrici del team improvvisato, la brusca Amanda (Leïla Bekhti), finita sulla sedia a rotelle dopo un incidente, e l'alcolista Delphine (Virginie Efira).

Commedia sportiva o seduta psicanalitica per il maschio in crisi?

7 Uomini a mollo: Mathieu Amalric e Marina Foïs in una scena del film
7 Uomini a mollo: Mathieu Amalric e Marina Foïs in una scena del film

In 7 uomini a mollo il nuoto è sincronizzato come la sceneggiatura. All'interno di un film corale Gilles Lellouche riesce a creare una traiettoria individuale per ognuno dei personaggi approfondendone l'aspetto psicologico, raccontandone l'evoluzione e sfruttando al meglio le caratteristiche naturali degli interpreti che ha a disposizione. Tanto fragile e insicuro appare il Bertrand di Mathieu Amalric, nonostante il supporto (anche economico) dell'amorevole famiglia, quanto è pieno di rabbia Laurent, interpretato con impeto e dedizione da Guillaume Canet che "restituisce il favore" al collega Lellouche dopo averlo diretto in Non dirlo a nessuno e Piccole bugie tra amici. Si barcamena tra l'istrionico e il patetico il rocker appassito di Jean-Hugues Anglade, mentre nei panni del venditore spaccone, fintamente sicuro di sé, Benoît Poelvoorde sfodera il suo talento da mattatore. Basterebbero le performance di questa manciata di uomini godere appieno di un film che racconta l'intimità e l'insicurezza del maschio contemporaneo senza sotterfugi.

7 Uomini a mollo: Virginie Efra in una scena del film
7 Uomini a mollo: Virginie Efra in una scena del film

Gilles Lellouche firma un film sincero, una seduta psicoanalitica acquatica che si innesta in una struttura ben delineata. La componente psicologica si fonde con la dimensione comica, tanti i momenti in cui si ride, anche amaro, ma è interessante scoprire come un film dalla natura così intimista si riveli al tempo stesso una commedia pungente, forte di un cast capace di tempi comici perfetti. C'è chi ha definito 7 uomini a mollo il Full Monty francese, anzi, il Pool Monty per usare un gioco di parole, e in effetti qualche somiglianza tra le due pellicole si nota ma di fronte all'asciuttezza della commedia inglese qui c'è un gusto per l'immagine, per il gesto sportivo tenero, goffo, ma anche elegante e preciso, che si disvela nelle sequenze in cui il team di disperati si cimenta nel nuoto sincronizzato. Non va, infatti, dimenticata la natura di commedia a sfondo sportivo. L'occasione di riscatto, per una squadra di cinquantenni depressi, goffi e in pessima forma fisica, sarà la partecipazione al primo campionato del mondo di nuovo sincronizzato maschile, in Norvegia, dove il team rappresenterà - inspiegabilmente - la Francia.

La vittoria si nasconde dove meno la si aspetta

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7 Uomini a mollo: Mathieu Amalric, Félix Moati, Philippe Katerine, Balasingham Thamilchelvan in una scena

Pur essendo ben lontani dal canone fisico dello sportivo tipo, vedere gli improbabili sirenetti di 7 uomini a mollo cimentarsi in evoluzioni degne di Esther Williams è un piacere per lo sguardo e per l'intelletto. Con la sua comicità garbata, Gilles Lellouche è capace di infondere speranza e positività anche là dove ci sarebbe ben poco da stare allegri. Il suo film è un inno alla vita, nella sua imperfezione e negatività, ma è anche un romanzo di formazione di adulti per adulti che mostra come non sia mai troppo tardi per cambiare attitudine. Aiutarsi da soli è il primo passo perché gli altri ti aiutino. E poco importa che i personaggi di 7 uomini a mollo siano quanto di più lontano si possa immaginare dal prototipo del macho. Gli uomini tutti d'un pezzo ormai non vanno più di moda e l'astuto Lellouche fa di necessità virtù rendendo i suoi balletti acquatici virili quanto un incontro di pugilato e suggerendo che lo sport, e l'amicizia, sono il rimedio per tutti i mali.

Movieplayer.it

3.5/5