1917: girare il film in piano sequenza è stata la scelta migliore?

Un approfondimento sullo stile di ripresa di 1917 e sull'incredibile lavoro del regista Sam Mendes e del direttore della fotografia Roger Deakins.

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1917: una scena del film con George MacKay, Dean-Charles Chapman

Pochi film possono risultare così incredibili alla visione come 1917, il nuovo film di Sam Mendes. Nel raccontare la corsa contro il tempo di due soldati che devono consegnare un importante messaggio per annullare un attacco imminente e salvare la vita a 1600 uomini, Mendes e il direttore della fotografia Roger Deakins hanno scelto di girare l'intero film in tempo reale dando vita a quello che sembra essere un unico piano sequenza della durata di due ore. Si tratta solamente di una dimostrazione tecnica di forza o c'è di più dietro a questa scelta?

L'impresa tecnica di 1917

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1917: George MacKay in una trincea

Semplice follia tecnica o chiave narrativa del film? dalla sorprendente visione di Birdman, il film di Iñarritu del 2014 vincitore dell'Oscar al miglior film, il piano sequenza sembra aver trovato nuova gloria. In questi ultimi anni molte opere, sia al cinema che in televisione (pensiamo a True Detective o Mr. Robot), sembrano utilizzare spesso e volentieri questa tecnica di ripresa. Vera e propria sfida per gli attori, il regista e soprattutto il direttore della fotografia, il piano sequenza deve gran parte del suo fascino all'ostentazione della bravura tecnica della troupe capace di gestire in una sola ripresa continuativa una lunghissima porzione narrativa senza stacchi al montaggio.

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Una scena del film 1917

Nel caso di 1917 la sfida era addirittura maggiore rispetto a quanto visto con Birdman. Se il film del regista messicano si svolgeva principalmente in interni, un ambiente controllato dove la luce è artificiale, il nuovo film di Sam Mendes, per sua stessa natura narrativa, è invece ambientato quasi completamente in esterni (ne abbiamo parlato nella nostra recensione di 1917). Di conseguenza, il settantenne direttore della fotografia premio Oscar Roger Deakins ha dovuto usare quanto più possibile la luce naturale, a volte dovendo aspettare per ore che una nuvola oscurasse il sole, e andando così incontro a ritardi sul piano di riprese già di per sé complicate. Grazie alle nuove cineprese ARRI, meno ingombranti e più leggere, gli operatori potevano passare da una Steadicam alla camera a mano per poi attaccare la cinepresa su un cavo per delle riprese aeree prima di riprenderla e proseguire su un furgone. Un lavoro immane che ha richiesto una vera e propria coreografia tra operatori, attori e scenografi, che dovevano gestire lo spazio in modo ottimale.

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L'immersione di un piano sequenza

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Una scena del film 1917

Più delle questioni tecniche, ciò che contraddistingue il fascino maggiore in un piano sequenza è la sensazione di immersione all'interno della storia che prova lo spettatore. Si ha la sensazione di eventi che si svolgono in tempo reale e, grazie all'assenza di un montaggio visibile, l'effetto è quello di assistere a qualcosa di più vero e reale, al di fuori della finzione cinematografica. Va sottolineato, però, che in 1917 - così come in altri celebri film girati nella stessa maniera - il montaggio esiste. Non si tratta, infatti, di un'unica ripresa lunga due ore, ma di varie riprese (la più lunga di otto minuti e mezzo) montate in maniera così perfetta e invisibile da sembrare un unico interminabile ciak. Questo effetto teatrale, in cui l'azione si svolge lì e ora, ben si sposa con l'intento narrativo di corsa contro il tempo che i protagonisti del film devono compiere.

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Una sequenza del film 1917

Lo stile di ripresa utilizzato crea una sinergia anche narrativa con la necessità dei due protagonisti di non fermarsi o guardarsi indietro aggiungendo un'inedita tensione sulla corsa contro il tempo che, con un montaggio più esplicitato, il film non avrebbe avuto.
Rispetto a Dunkirk di Christopher Nolan, in 1917 lo svolgimento del racconto in tempo reale diviene essenziale: "Il senso della distanza percorsa è molto importante - dichiara Sam Mendes - ma è anche una decisione emotiva. Volevo che il pubblico percorresse ogni passo del viaggio insieme a loro, che sentisse ogni loro respiro. La narrativa è stata costruita in modo che ogni secondo del film si collochi all'interno di una narrazione continuativa e ininterrotta". L'esperienza finale è una vera e propria immersione all'interno della Prima Guerra Mondiale che meraviglia e sconvolge lo spettatore in una maniera senza precedenti.

Una tecnica adatta al servizio della narrazione (Spoiler Alert!)

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1917: George MacKay in un'immagine del film

Torniamo alla domanda iniziale del nostro approfondimento: il piano sequenza serve solo a dare sfoggio della capacità dei filmmaker e a rendere più partecipe lo spettatore da un punto di vista dell'intrattenimento? Ovvero, 1917 poteva risultare semplicemente più noioso o un "normale" film di guerra senza il piano sequenza? A parere nostro, la migliore qualità del film è quella di mettere il piano sequenza al servizio della storia raccontata. Prendiamo l'inizio e la fine del film. 1917 si apre con una distesa d'erba, un paesaggio solare e pieno di verde. Lentamente, la macchina da presa comincia una carrellata all'indietro mostrandoci due soldati intenti a riposarsi. Un caporale entra in campo, li sveglia dicendo loro che il generale li attende. I due soldati si alzano e iniziano a camminare verso la trincea, verso la macchina da presa che li precede indietreggiando. Mentre prosegue la camminata, lo spazio intorno a loro si fa più popolato di soldati, l'erba scompare lasciando posto al fango, le distese di prati si fanno più distanti, le pareti della trincea chiudono gli spazi e imprigionano gli uomini.

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1917: Dean-Charles Chapman in una scena del film

È l'inizio della missione, l'abbandono della pace e del riposo, la scomparsa del sole (tutto il film, come abbiamo già notato, è ambientato col cielo grigio) e dei colori. Come spettatori assistiamo allo spettacolo truculento, cupo e mortifero della guerra e, con la scelta registica di non staccarci mai dai personaggi, ci viene precluso l'orrore intorno a loro rendendolo, di fatto, più forte e potente in un procedimento simile a quanto visto ne Il figlio di Saul di Lásló Nemes. Non concordiamo con quanti dicono che il film prende estetica e struttura dal videogioco. Il fine del piano sequenza è, paradossalmente, quello di togliere la patina di spettacolarità rendendo così il viaggio di Will (nomen omen di un protagonista pieno di volontà) una discesa nei gironi infernali più che una sequenza di prove e "livelli". Nel finale del film c'è un senso di pace nel vedere che la macchina da presa segue la figura umana, lasciandosi alle spalle la guerra e la trincea, ritornando nel verde dei prati e accogliendo finalmente dei timidi raggi di sole. Il film finisce con un movimento specchiato rispetto a come iniziava, con un ritorno alla pace. La missione è conclusa, il viaggio è terminato, la ripresa finisce.

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Sam Mendes sul set del suo film 1917

Il piano sequenza di 1917 non solo è un enorme esempio di tecnica sopraffina che quasi sicuramente varrà a Sam Mendes e Roger Deakins un premio Oscar, ma è uno dei migliori esempi narrativi al cinema di questa tecnica di ripresa a volte abusata, spesso interessante e quasi sempre affascinante.