La Mostra del cinema numero 66 si è chiusa da pochi istanti, al termine di una snella cerimonia di premiazione conclusasi con la consegna del Leone d'oro a Samuel Maoz per il suo intenso e bellissimo Lebanon. A pochi minuti da questo momento emozionante, Maoz e gli altri vincitori incontrano brevemente la stampa per delle brevi dichiarazioni a caldo. Queste le loro parole, accanto a quelle del presidente della giuria Ang Lee, che ha voluto in qualche caso specificare in che modo sono maturate del decisioni sue e dei suoi colleghi.
Pepe Diokno (regista di Engkwentro, premiato con il Premio Luigi De Laurentiis per la migliore opera prima): Sono molto emozionato e non so bene cosa dire. Mentre eravamo al lavoro sul film stavamo quasi per mollare, e ora... sull'aereo non ci credevo e nemmeno ora sono molto convinto, per favore pizzicatemi! Voglio ringraziare la regia per questo incredibile onore, per me è davvero il paradiso. Adesso speriamo di portare il film in giro per il mondo e mi auguro che accenda un dibattito su quello che è un terribile problema nelle Filippine.
Susanna Nicchiarelli (autrice di Cosmonauta, trionfatore nell'ambito di Controcampo italiano): Sono molto contenta, tra l'altro il film è già in sale con 56 copie, sta andando bene ma questo premio può dargli una spinta ulteriore. Spero lo vada a vedere più gente possibile. Sono emozionatissima!
Sylvie Olivé (premiata con l'Osella per le scenografie di Mr. Nobody di Jaco Van Dormael): E' stata una grande sfida concretizzare un universo poetico così complesso, e lavorare al fianco di Jaco. Ma è stato un lavoro di squadra e non avrei potuto farcela senza i miei collaboratori. Speriamo di arrivare al Big Crunch, l'opposto del Big Bang, per vincere un giro gratis e rivivere questa magnifica esperienza.
Todd Solondz (vincitore dell'Osella per la migliore sceneggiatura per il suo Life During Wartime): io sono una persana che vive giorno per giorno, non so cosa abbia in serbo il futuro, non so nemmeno se e quando farò un altro film, è stato un miracolo riuscire a realizzare questo. Per me è un onore essere qui, ho iniziato scrivendo e leggendo ma credo che tutti gli sceneggiatori pensino di essere brillanti, ma poi quando giri ti rendi conto dei problemi. Lo script che esiste ora è passato attaverso questo processo, prima di meritare un premio prestigioso come questo.Ang Lee su Jasmine Trinca: Il grande sogno ci è piaciuto molto, ma i rivali erano molti e agguerriti e quindi in questo caso abbiamo scelto l'incantevole performance di Jasmine. Le facciamo le nostre congratulazioni per il brillante futuro che l'aspetta.
Jasmine Trinca (Vincitrice del premio Marcello Mastroianni per l'interprete emergente): Sono felice nel senso più profondo, non so cosa aggiungere. Solitamente avrei detto che sento il peso di un nome come quello di Marcello Mastroianni, ma visto che è di lui che si tratta, sento solo la dolcezza. Questo premio mi fa guardare avanti con grande speranza. Davanti a me c'è un lungo cammino e mi fa piacere che la giuria abbia notato una freschezza che evidentemente non ho ancora perso. Quanto al film e a Michele Placido, che è stato attaccato da un esponente governativo, normalmente non commenterei, ma sento di esprimere solidarietà non a Placido ma a un artista che esercita la propria libertà di espressione, e uno sdegno come quello del mio personaggio nel film.
Ksenia Rappoport: Questo premio è un nuovo punto di partenza. Non so cosa succederà nel mio futuro, quello che deve accadere accade e io accetto tutto con amore. Mi auguro di poter fare teatro con Filippo Timi che mi ha aiutato sempre durante le riprese de La doppia ora.
Ang Lee su Colin Firth: Questa è stata una decisione ancora più rapida. Praticamente non c'è stata nessuna discussione: dopo aver visto il film ci siamo resi conto che semplicemente Colin non aveva contendenti. La sua è una splendida performance.
Colin Firth: Tom Ford mi ha detto pochissime cose. Si è limitato a creare un ambiente in cui tutti avevamo lo stesso obiettivo. Dopo aver visto il set di A Single Man, i vestiti meticolosamente riposti e la casa di George ho capito la solitudine e le nevrosi del mio personaggio. Tom non mi ha diretto molto anche se capivo quando non era contento, dal mondo in cui si esprimeva dopo le singole riprese.
E' ancora presto per capire cosa significa per me questo premio, a parte una grandissima felicità. Il film è stato un rischio per tutti, Tom Ford ha messo nelle mie mani qualcosa di prezioso e personale, io mi sono messo nelle mani di un esordiente. Ricevere un premio così importante è un'esperienza nuova per me, speriamo che faccia fare una lunga strada ad un film che merita davvero un pubblico.
Fatih Akin: Siamo rimasti sorpresi di questo premio, io non sono certo conosciuto per la commedia e ho fatto impazzire i miei collaboratori e il mio cast con il mio nervosismo. Essere invitato a Venezia è stata una grande sospresa e ora essere premiato da questo gruppo di persone è qualcosa di incredibile... I primi film dei fratelli Lumière erano commedie, tutti sanno che è più difficile fare ridere che realizzare drammi. Ang Lee stesso è una grande ispirazione: due giorni fa abbiamo visto Taking Woodstock ad Amburgo. Possiamo farcela anche noi!
Ang Lee su Women Without Men: Questo film mi ha lasciato senza fiato e così è stato per altri giurati. Non è un film perfetto, ma ci ha conquistati il modo in cui queste donne lottavano per prendere in mano loro destino, e la regia di Shirin ci ha permesso di espandere la nostra immaginazione.
Shirin Neshat (premiata con il Leone d'argento per la regia di Women Without Men): Noi iraniani che abbiamo vissuto la dittatura per tanti anni abbiamo imparato a parlare con la poesia e per metafore. In questo senso il film è interamente iraniano. Al centro di tutto c'è coraggio delle donne che prendono chiedono i loro diritti, la democrazia e la giustizia. Anche io stessa ho corso un grosso rischio sapendo molto poco di cinema L'aspetto fondamentale, quindi, è il coraggio, e il messaggio è diretto alle donne iraniane: c'è grande valore in questa lotta.
Ang Lee su Lebanon: Crediamo sia la migliore decisione, la prima e una delle pià rapide che abbiamo preso. Eravamo emozionati, e felici di non essere stati in quel carrarmato. Siamo di fronte a un film speciale e prezioso per chiunque faccia cinema, che arriva dalla prospettiva limitata di un soldato israeliano. Non è stato in discussione questo Leone d'oro, e a Maoz posso solo chiedere, se questo è il suo primo film, cosa farà dopo...
Samuel Maoz (regista del Leone d'oro Lebanon): Sono emozionato e nervoso. La gente mi ha chiesto qual è stata idea alla base del film, l'idea era terapeutica: necessità di raccontare una storia vera nei dettagli senza eroismi e senza cliché, con la necessità di accettare la mia responsabilità. Ero lì e questo basta a farmi sentire reponsabile. Sentivo che non doveva essere un film politico per toccare il cuore e lo stomaco e vedere che il messaggio è arrivato a destinazione mi dà una enorme soddisfazione. Per le vittime della guerra in Libano mi dispiace come tutte le vittime di tutte le guerre. Non ha senso puntare il dito sul colpevole, è il mondo ad essere cattivo. Mettete un soldato in una situazione pericolosa e ucciderà anche se di norma è una persona come le altre. Questa è la formula per ottenere che le persone si uccidano, costringerle andare avanti solo grazie all'istinto di sopravvivenza. Ero io l'uomo nel carro armato, non potevo raccontare questa storia in una struttura classica, non volevo spiegare l'accaduto ma volevo che il pubblico sentisse in prima persona, perché in questo caso sentire è capire.