Gabriele Salvatores, ospite a Ultrapop Festival 2021, ha ricordato la genesi di uno dei suoi film più sperimentali, Nirvana, cult con Sergio Rubini, Diego Abatantuono, Stefania Rocca e Christopher Lambert che ha precorso il genere aprendo la strada a una forma di fantascienza distopica che scava dietro l'apparenza delle cose.
In un contesto produttivo come quello italiano, Gabriele Salvatores ha avuto il coraggio e la fantasia di proporre un'opera fuori dai canoni come Nirvana che, al momento dell'uscita nel 1997, ha precorso i tempi con temi poi cavalcati da Matrix. Come svela il regista napoletano, l'idea di Nirvana è nata in Messico sul set di Puerto escondido:
"Mentre giravo in Messico con Diego Abatantuono e Fabrizio Bentivoglio, nelle pause giocavamo a calcio col Nintendo. Un giorno Diego ha chiesto "Ma cosa fanno i calciatori quando spegniamo il videogame? Si fanno la doccia, escono con le le fidanzate?" Quell'idea mi ha fatto riflettere. Poco dopo Kurt Cobain, a cui volevo molto bene, si è ucciso lasciando un biglietto in cui citava una frase di Neil Young, 'È meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente', seguita da 'Non riesco più a stare in questo gioco. Nel Buddismo il Nirvana lo raggiungi quando smetti di reincarnarti, perché riaffrontare ogni volta la difficoltà dio vivere è un'impresa. L'idea di Nirvana nasce da questo".
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Nirvana è uscito nel 1997. pensando al quel periodo, Salvatore confessa: "Percepivo l'esistenza di un disegno, come se un'entità superiore ci usasse come i personaggi di un videogame. Non eravamo liberi, ma continuavamo a ripetere le azioni sbagliate. Quando nel film Diego chiede a Christopher Lambert di essere cancellato, quella era la sensazione che avevo. Oggi credo che tutto questo si sia estremizzato e ne usciremo silo se le nuove generazioni cominceranno a ridare valore ad aspetti della vita che chi ci comanda fa di tutto per farci dimenticare. I segnali positivi ci sono, c'è il ritorno alle campagne, si sta diffondendo una nuova sensibilità verso la salute del pianeta. Noi siamo il virus del pianeta, non escludo che quello che ci sta succedendo ora sia un modo della Terra per liberarsi di noi. La globalizzazione ci sta portando a una realtà più tremenda di quella che descrivo io nel film".
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