Sapeva così poco del film Netflix che aveva paura che l'audizione fosse in realtà una trappola che poteva nascondere un traffico clandestino di esseri umani. A raccontare questa storia incredibile su The Hollywood Reporter è Yalitza Aparicio, riferendosi al suo provino per Roma, il film di Alfonso Cuaron premiato con il Leone d'oro all'ultima Mostra del Cinema di Venezia.
Yalitza Aparicio, che poi riuscirà ad avere il ruolo della tata, proviene da una piccola città messicana chiamata Tlaxiaco nello Stato di Oaxaca, dove lavora come insegnante in una scuola materna. Sino ad allora non aveva mai partecipato ad un casting, tanto che aveva affermato di non conoscere bene le dinamiche di un provino per il cinema. Aveva solo ricevuto alcune informazioni minime su Roma, il che aveva messo in allarme sia lei che la sua famiglia sul rischio che potesse essere in realtà qualcosa di pericoloso e illegale. "La mia famiglia era contraria all'idea di andare al casting. - così ha detto in una intervista al festival di Morelia - Avevo paura perché l'unica cosa che mi era stata raccontata era che sarebbe stato un film girato a Città del Messico e che non erano preoccupati né dell'età, né dell'aspetto fisico delle donne che stavano facendo le audizioni, quindi era tutto molto strano".
Timori di questo genere sono molto concreti in Messico; report recenti parlano infatti di un sistema complesso costituito da reclutatori che vanno in cerca di uomini, donne e bambini nelle comunità rurali per poi impiegarli abusivamente nell'agricoltura e nei lavori domestici. Una vera e propria forma di schiavismo moderno che riesce anche ad andare oltre confine negli Stati Uniti. Per questo motivo Yalitza Aparicio aveva ammesso di non aver chiuso occhio sino a quando non era stata richiamata per confermarle che era stata scelta. Così è andata a Città del Messico per leggere la sceneggiatura insieme alla sua amica Nancy Garcia che aveva ottenuto la parte della governante.
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I dettagli della produzione erano stati mantenuti così nascosti che le due donne non si erano rese conto che avrebbero lavorato con uno dei registi messicani più acclamati a Hollywood, vincitore di un Oscar per la regia di Gravity, sino a quando non lo hanno incontrato. "Durante il casting, penso che abbiano brevemente menzionato il nome del regista, io avevo anche visto Gravity ma non sapevo chi lo aveva diretto. - Racconta Nancy Garcia. - Non sapendo chi era, in realtà, mi ha aiutato molto". Anche Aparicio ha spiegato di aver iniziato a mettere a fuoco le cose dopo aver parlato con la produttrice Gabriela Rodriguez: Ci ha detto il nome del regista e ricordo di aver cercato una sua immagine su Internet, ma non ho fatto ricerche accurate. Quando poi finalmente ho avuto la possibilità di incontrarlo ha avuto un effetto calmante su di me, come se fosse un vecchio amico".
A novembre Roma ha debuttato nelle sale delle principali città messicane, tra cui Città del Messico, luogo in cui Alfonso Cuarón è nato e Netflix, che lo distribuisce, ha pubblicato un invito a Cinepolis e Cinemex, le principali catene cinematografiche del paese per proiettarlo, ma le tempistiche non lo hanno permesso. Sarebbe necessaria una finestra di 90 giorni tra il passaggio in sala e poi on demand, il che rende difficile la distribuzione. Cuaron ha espresso pertanto la sua frustrazione sottolineando che vorrebbe più proiezioni: "Abbiamo tutte le sale che siamo riusciti a ottenere e, tristemente, sono 40. - scrive su Twitter - Per mettere la situazione in prospettiva, in Polonia sarà proiettato in 57 sale e in Corea del Sud in 50".
Vero e proprio atto d'amore verso il suo Paese - ne abbiamo parlato nella nostra recensione di Roma è ispirato alle esperienze personali del regista e segue le vicende di Cleo, una giovane collaboratrice domestica di una famiglia della classe media che vive nel quartiere di Roma a Città del Messico. In Italia sarà nei cinema dal 3 al 5 dicembre, in anteprima rispetto al suo debutto sulla piattaforma di streaming Netflix, previsto per il 14 dicembre.