Mulan è finita al centro della disputa tra la Cina e Hong Kong, e nel marasma generato dalle dichiarazioni di Liu Yifei, protagonista del live-action in arrivo 2020, anche la Mulan animata del 1998 è stata tirata in ballo.
Qualche giorno fa, infatti, le parole dell'attrice Liu Yifei a sostegno della polizia di Hong Kong, avevano generato parecchio scontento e online era subito nata la campagna #BoycottMulan, che invitava, quando arriverà nelle sale a marzo del 2020, a disertare le proiezioni del film Disney live-action Mulan, che avrà per protagonista proprio Liu Yifei (che, tra l'altro, pur di origini cinesi, è cittadina americana). Dall'altro lato, però, erano apparsi migliaia di post sui principali social network di tutt'altro avviso, che andavano a sostegno, Mulan o non Mulan, del governo cinese e dei provvedimenti presi per contenere le proteste non violente di Hong Kong, provvedimenti in gran parte condannati anche dalle Nazioni Unite.
Twitter e Facebook, nei giorni scorsi, hanno rimosso centinaia di account cinesi fake, creati appositamente per diffondere propaganda filo-governativa all'estero (in Cina, infatti, Twitter è oscurato), ma il regime non demorde: è stato Variety a riportare la notizia per cui sarebbero nati nuovi profili falsi con il solo scopo di screditare Hong Kong utilizzando, nemmeno a dirlo, immagini di Mulan, il film d'animazione Disney del 1998, e l'hashtag #SupportMulan, che è stato addirittura rilanciato dal canale di stato cinese CCTV. La rete televisiva si è spinta oltre, diffondendo un messaggio in lingua inglese che recita: "un malvagio gruppo di persone sta invitando al boicottaggio di un film che celebra la vita di una donna coraggiosa. È un modello per le ragazze di tutto il mondo: aiutateci con #SupportMulan. Le ragazze hanno bisogno di Mulan, il mondo ha bisogno di Mulan!".
Nel tweet in questione, per esempio, vengono utilizzati dei fotogrammi di Mulan per raccontare il caso del reporter cinese considerato un eroe nazionale dopo essere stato travolto da un gruppo di protestanti durante un sit-in pacifico che si stava svolgendo all'aeroporto internazionale di Hong Kong. Il reporter ha gridato: "Sostengo la polizia di Hong Kong, potete picchiarmi ora". Sono anche rappresentati i turisti cinesi che sarebbero stati investiti dalla folla dei manifestanti, ma la cosa più interessante sono sicuramente gli "Hong Kong radicals" rappresentati come i cattivi di Mulan. Compiendo una veloce ricerca su Twitter, si possono trovare centinaia e centinaia di post, sotto l'hashtag "SupportMulan", in cui vengono diffuse foto di Liu Yifei, diventata una vera musa ispiratrice nazionalista in Cina, e poster del nuovo Mulan in cui si invita a non boicottare il film. Poi c'è qualcuno che esagera, accostando addirittura i manifestanti di Hong Kong ai gruppi affiliati all'ISIS.
La maggior parte degli account in questione sono altamente sospetti in quanto sono tutti stati creati circa 6/7 giorni fa (quando, cioè, Facebook e Twitter ne hanno oscurato molti altri filo-cinesi) e hanno pochissimi follower. Ci sono, però, anche molti media nazionali o vicini alle posizioni della Cina che hanno condiviso non solo l'hashtag in questione ma anche messaggi, rigorosamente in lingua inglese, contro Hong Kong, come questo del People's Daily: "Il malvagio attacco a Liu Yifei e l'appello insensato al boicottaggio del remake di Mulan non sono altro che un tentativo di mettere a tacere certe voci e far precipitare la situazione a Hong Kong".
La Disney in tutto questo? L'azienda americana non ha risposto a nessuna delle richieste di commento ed evidentemente si terrà alla larga da qualunque polemica diretta. Lasciando da parte l'ironia di un regime comunista che difende l'interessa di una multinazionale americana, come sottolinea il Global Times, Disney al momento ha le mani legate: nonostante le Nazioni Unite stiano bacchettando la Cina, e nonostante il fronte dei sostenitori delle proteste e di chi chiede che l'attrice Liu Yifei venga licenziata, Disney sa bene che una piccola mossa sbagliata costerebbe all'azienda un giro d'affari superiore a 1,4 miliardi di dollari.