Mindhunter 2 è arrivata 3 giorni fa su Netflix affrontando, questa volta, il caso degli omicidi di Atlanta (anche conosciuto come Atlanta Child Murders), anche se non ha consultato le famiglie delle vittime.
Una dimenticanza? Assolutamente no: a motivare, in qualche modo, la decisione è stato la sceneggiatrice della nuova stagione (qui la nostra recensione di Mindhunter 2), Courtenay Miles, cresciuta in Alabama ma nata ad Atlanta, città in cui ha trascorso buona parte della propria infanzia. In un'intervista con il Los Angeles Times, Miles ha dichiarato: "Ricordo distintamente le estati del 1980 e del 1981. Avevo 14-15 anni, praticamente la stessa età di alcuni di quei ragazzini uccisi. La mia prospettiva era naturalmente quella di una ragazzina bianca ma, nonostante tutte quelle vittime appartenessero alla comunità afroamericana, c'era un'enorme paura che aleggiava in quel momento sulla città intera. Era la fine della gioventù spensierata".
Nonostante il caso degli omicidi di Atlanta sia presente nel libro di John Douglas "Mindhunter: Inside the Elite Serial Crime Unit dell'FBI", su cui si basa la serie Netflix, e nonostante reti come CBS - nel 1985 -, Showtime - nel 2000 - e Investigation Discovery se ne fossero già occupate, Miles ha voluto condurre la sua piccola indagine, trascorrendo più di un mese nella città della Georgia, analizzando notizie, visitando archivi fotografici, parlando in prima persona anche con amici delle persone coinvolte. Tuttavia è stata proprio Netflix a confermare che nessuna delle madri presenti in Mindhunter è stata intervistata, nella vita reale: nè Camille Bell, la mamma di Yusuf Bell, nè Venus Taylor, mamma di Angel Lenair, nonostante siano due personaggi di spicco nella seconda parte della seconda stagione.
Il motivo vero e proprio potrebbe essere stato suggerito dalla stessa sceneggiatrice, che ha rimarcato come abbia selezionato attentamente solo le testimonianze giudicate più obiettive: "Ciò a cui eravamo interessati, e per diretta richiesta di David Fincher, era la ricostruzione meticolosa di quel periodo, non dovevamo semplicemente generalizzare. Così quando ho intervistato alcune persone ho dovuto rimarcare che non ero alla ricerca di interpretazioni o prospettive "personali". Non ero lì per convincere nessuno, nè per sostenere una teoria. Ero lì solo per capire e per raccogliere il maggior numero possibile di dettagli".
La cautela era d'obbligo anche per un'altra ragione: il caso degli omicidi di Atlanta non è ancora chiuso. Il 21 marzo 2019 il capo della polizia di Atlanta e il maggiore Keisha Lance Bottoms hanno annunciato la riapertura delle indagini. Il sospetto che aleggia sugli Atlanta Child Murders, fin dal 1981, infatti, è che il caso sia stato archiviato con troppa fretta. Wayne Williams, l'unico arrestato, il 21 giugno del 1981, per tutti e 28 gli omicidi accertati, è stato infatti riconosciuto colpevole solo per 3 delle morti, e lui stesso dal carcere continua a professarsi innocente. Le famiglie delle vittime non hanno mai veramente nè visto processare i veri colpevoli, che fossero complici o meno di Williams, nè mai hanno smesso di seguire la pista dell'odio razziale.