Con il suo accento del Sud che sa farsi seducente e profetico, Matthew McConaughey si racconta tra cinema e vita, ripercorrendo l'incontro con Paul Greengrass per The Lost Bus e riflettendo sul senso di interpretare personaggi capaci di incarnare drammi intimi e universali, come il suo Rust Cohle di True Detective.
Nicolas Cage, il ritorno di True Detective e l'eco di Rust Cohle
Se The Lost Bus segna il ritorno al cinema dopo sei anni - interrotti da una parentesi dedicata alla scrittura del suo memoir - Matthew McConaughey non smette di guardare avanti. La notizia che Nicolas Cage sarà protagonista della quinta stagione di True Detective lo entusiasma: "È un grande attore, voglio vederlo in quel mondo", confessa. Non stupisce: la serie HBO aveva inaugurato la sua "McConaissance", proiettandolo in una dimensione diversa, lontana dalla leggerezza delle commedie romantiche.

E l'idea di tornare nei panni di Rust Cohle non è esclusa. "Abbiamo centrato la prima stagione. Ma se arrivasse una sceneggiatura con quel fuoco e quella originalità, la farei", ammette. Rust, con i suoi monologhi cupi e filosofici, era un personaggio che respirava libertà, capace di parlare senza preoccuparsi di chi ascoltava.
Un'eredità che continua a vibrare nella memoria collettiva, tanto quanto nei pensieri di McConaughey. Dopo tutto, come ama ripetere, "la vita reale mi ispira. L'arte imita la vita molto più di quanto accada il contrario". E forse è proprio questa immersione nell'esperienza concreta - gioia, dolore, fallimento e riscatto - a rendere ogni suo ritorno sullo schermo un piccolo evento.
Matthew McConaughey e The Lost Bus
Quando ha letto per la prima volta la sceneggiatura di The Lost Bus, McConaughey non era convinto. La storia vera del conducente Kevin McKay, che nel 2018 durante il devastante Camp Fire salvò ventidue bambini, aveva il ritmo di un thriller reale, ma sembrava mancare di quell'anima interiore che l'attore cerca in ogni ruolo.

"Ogni personaggio che interpreto mi chiedo: qual è il suo monologo?", racconta. E in Kevin, inizialmente, non lo trovava. Poi il dialogo con Greengrass ha ribaltato la prospettiva: dietro l'uomo normale c'era un padre ferito, incapace di elaborare la morte del genitore e in difficoltà con il proprio figlio adolescente. "C'era una battuta che Paul ha inventato che mi ha fatto capire tutto - 'Sono arrivato troppo tardi come figlio e ora arrivo troppo tardi come padre' - ed ecco, l'ho sentito".
Greengrass, maestro nel trasformare la cronaca in racconto cinematografico come in Captain Phillips o United 93, vedeva in McConaughey l'unico capace di incarnare l'uomo che lotta per mantenere la famiglia a galla: "Matthew viene da un background operaio, sa cosa significa lavorare duro e non riuscire comunque a tirare avanti", spiega.

Il film, che approda al Toronto Film Festival, trova eco in un presente segnato da incendi e catastrofi ambientali sempre più frequenti, dai boschi californiani devastati fino all'Europa meridionale piegata dalle fiamme. Per il regista non si tratta solo di spettacolo visivo, ma di un richiamo al coraggio silenzioso con cui persone comuni affrontano l'imprevedibile.