Sono passati dieci anni dall'escursione spaziale di Sandra Bullock e George Clooney in Gravity, pellicola fantascientifica firmata dal regista premio Oscar Alfonso Cuaron. Il regista messicano ha ricordato quel periodo della sua vita particolarmente difficile in cui ha scritto il film per sopravvivere.
Cuaron ha svelato a Empire che l'epoca in cui è stato concepito Gravity era un "momento molto triste" in cui ha dovuto dire a suo figlio Jonás, con cui stava collaborando, che il film a cui stavano lavorando - una pellicola d'autore in lingua francese - non sarebbe stato realizzato e avevano tempo fino alla fine del mese per mettere insieme una sceneggiatura da vendere. "Ero al verde" ricorda Alfonso Cuarón "e avevo davvero bisogno di mettere insieme qualcosa per sopravvivere". Quella sensazione di impotenza si è trasformata in un'idea: "Pensavo, 'Mi sento come se stessi cadendo nel vuoto'. Ed è lì che abbiamo ideato l'immagine di un astronauta che gira nel vuoto, nell'oscurità. In un primo momento erano solo idee astratte. Ma alla fine della notte, forse verso mezzanotte, avevamo già la prima bozza dell'intero film".
Gravity meritava l'Oscar al miglior film?
Tre settimane dopo la sceneggiatura era stata completata. Anche allora, Cuaron non era certo che Gravity funzionasse: molto dipendeva da come il regista e il suo team fossero in grado di rendere in modo convincente l'odissea nello spazio di Bullock e Clooney. "Stavamo spendendo un sacco di soldi senza sapere se avrebbe avuto senso; è stato solo quando l'abbiamo finito che ci siamo detti, 'Oh sì, funziona'. Ma potevamo fallire, è stato un salto nel vuoto".