Aspettando Venezia e il debutto al cinema, Freaks Out di Gabriele Mainetti continua a far parlare di sé, questa volta con una cover su Il Venerdì di Repubblica e un'intervista con il giornale.
"Roma, 1943: Matilde, Cencio, Fulvio e Mario vivono come fratelli nel circo di Israel. Quando Israel scompare misteriosamente, i quattro "fenomeni da baraccone" restano soli nella città occupata dai nazisti. Qualcuno però ha messo gli occhi su di loro, con un piano che potrebbe cambiare i loro destini... e il corso della Storia" questa è la sinossi ufficiali di Freaks Out, la nuova fatica del regista dell'acclamato Lo chiamavano Jeeg Robot, Gabriele Mainetti.
Una pellicola che non solo il pubblico italiano attende con ansia, ma che lo stesso Mainetti ha fortemente voluto realizzare, e alla quale sta pensando da diverso tempo. "Subito dopo la proiezione di Jeeg Robot alla festa del cinema di Roma io e Nicola Guaglianone [co-sceneggiatore del film] ci siamo visti proprio in questo appartamento, dove ancora non c'erano i tavoli e le sedie. Abbiamo buttato giù delle storie. Lui aveva scritto il soggetto e la sceneggiatura di Indivisibili. Io avevo una passione per il cinema di guerra: la prima guerra mondiale, le trincee. Un'altra mia fissa era Quella sporca dozzina. E volevamo mantenere qualcosa che era in Jeeg Robot, come una specie di linea editoriale. È venuto fuori questo: i freaks nella Seconda guerra mondiale" racconta il regista ai microfoni di Repubblica, che ha dedicato la copertina del suo settimanale proprio a Freaks Out.
Una collaborazione, quella tra Mainetti e Guaglianone, che funziona e continua a funzionare alla grande, si direbbe. "Con Nicola lavoriamo insieme da quando avevamo vent'anni. Semplicemente pensiamo che l'ibridazione tra i vari generi sia il vero genere contemporaneo. Non facciamo niente di nuovo. Pensi a una serie di film come Suicide Squad" continua Mainetti, facendo riferimento anche alla recente uscita Warner Bros. e DC diretta da James Gunn - che come spiegava lo stesso regista, si può definire un war heist movie con dei supervillain - "_La cosa importante è far funzionare questo meccanismo in Italia e rimanere contemporanei. Non si può più fare il genere puro: se ti metti a fare il poliziottesco anni Settanta sei un cretino, non hai niente da dire".
Così per il suo film, Mainetti è ricorso a un'ambientazione che ha sempre molto da dire: la seconda guerra mondiale. "C'è stato un circo tedesco, il circo Krone, che negli anni Trenta ha davvero ospitato Hitler per uno dei suoi comizi. Noi ci siamo inventati tutto a partire da lì. Il freak è una creatura unica se ci pensi, calarlo in un spazio di conflitto come quello della guerra accanto ai nazisti che cercano la perfezione della razza mi sembrava interessante"
Ma non è certo facile portare sullo schermo qualcosa che si conosce solo per letto o sentito dire... Eppure, il modo c'è, e nel caso di Mainetti, oltre alle ovvie ricerche, i racconti dei nonni hanno aiutato tanto: "Onestamente non volevo fare il neorealismo, non ne sarei in grado. Di Jeeg Robot conoscevo il mondo, la seconda guerra mondiale invece mi riporta ai ricordi dei nonni. Quando ero piccolo dicevano che non riuscivo a stare fermo né ad ascoltare gli altri, e gli unici veri momenti di attenzione li avevo quando mia nonna mi raccontava la guerra vissuta nel Nord, tra Varese e Milano, dove andava a studiare in treno sotto i bombardamenti".
Per leggere l'intervista nella sua versione integrale potete recarvi sul sito di Repubblica, mentre Freaks Out vi aspetta al cinema dal 28 ottobre.