Quando Balla coi lupi arrivò nelle sale di tutto il mondo, nel 1990, Kevin Costner divenne l'eroe dei Sioux, oltre che di un certo modo di fare cinema "estremo" e coraggioso, anche perchè molto lontano dalle mode del periodo.
La dedizione alla causa dei nativi americani dell'attore, che di Balla coi lupi è protagonista, regista e produttore, e l'attenzione mediatica alla loro battaglia che il film, vincitore di 7 premi Oscar, senza dubbi contribuì a rinverdire, negli Stati Uniti come nel resto del mondo, fecero sì che Kevin Costner fosse accolto come membro onorario nella tribù dei Sioux.
D'altronde, da produttore, si assicurò che sul set fosse sempre presente anche un coach di lingua Lakota, dal nome del gruppo Sioux amico di John Dunbar, che provvedesse a insegnare agli attori, anche nativi che non fossero però mai riusciti a impararlo, il linguaggio dei propri avi.
Un matrimonio felicissimo, insomma, un sogno a occhi aperti destinato però a mutare forma nel giro di 5 anni, ovvero quelli che furono necessari ai Sioux per trascinare Kevin Costner in tribunale. Il motivo? Sempre quello che rovina anche le famiglie a prova di pettegolezzo: i soldi.
Nel 1995 infatti alcuni esponenti della tribù dei Sioux fecero ricorso all'attore per via di un complesso alberghiero (350 stanze, campi da golf e addirittura un casinò) che Kevin e suo fratello Dan intendevano costruire vicino a Deadwood, in South Dakota, alle pendici di quelle Colline Nere che sono, per i Sioux, terra sacra.
Donata alla tribù di nativi dal Governo americano nel 1868, confiscata nel 1877, la zona era già stata al centro di una controversia nel 1980, quando la Corte Suprema, pur dando ragione ai Sioux, decretò che alla tribù spettasse "solo" un risarcimento monetario di 100 milioni di dollari, mentre i nativi continuavano a reclamare per sè il possesso fisico dell'area.
Così, quando, a pochi anni dal fenomeno Balla coi lupi, Kevin Costner chiese al Governo di poter utilizzare 600 acri di quella zona sacra per il proprio complesso alberghiero - a fronte di uno "scambio" di proprietà nel territorio di Deadwood -, i Sioux non poterono fare a meno di sentirsi beffati. Il volto dell'eroe di frontiera si trasfigurò di colpo in quello del solito "bianco usurpatore".
A peggiorare la situazione la caustica ironia usata da Costner e dal fratello nel denominare il progetto "Dunbar", proprio come colui che, almeno nella finzione del grande schermo, era andato dalla parte dei Sioux contro i propri interessi.
Per i Sioux non fu solo un affronto finanziario (nella zona erano infatti presenti 8 piccoli casinò di proprietà dei nativi, unica loro fonte di reddito) ma fu soprattutto una questione di rispetto: quella terra che reclamavano da oltre un secolo come propria e come inviolabile ora rischiava di finire nelle mani, e per puro profitto personale, di chi si era finto loro amico solo 5 anni prima.
"Si scambiano terre a noi sacre senza nessun rispetto. Se nel fare il film il signor Costner e suo fratello non si sono resi conto dei sentimenti reali del popolo Sioux nei confronti delle Colline Nere, allora abbiamo già perso tanto" dichiarò Mike Jandresu, capo della tribù dei Sioux Brule.
A rispondergli, con gran cinismo e poca educazione, non fu Kevin Costner, impegnato nel complesso e dispendioso divorzio dalla prima moglie, ma Terry Krantz, direttore di acquisti e sviluppi della sua società: "La Corte Suprema americana ha deciso in favore dei bianchi. La realtà è che la terra appartiene alla gente che l'ha vinta. Balla coi lupi era solo un film che non comporta obblighi morali per Costner. Solo perché Kevin è amico degli indiani dovrebbe penalizzarsi economicamente? Cosa hanno fatto gli indiani per guadagnarsi quei soldi?".
In prima battuta fu Costner a vincere la "guerra" dei 600 acri sulle Black Hills ma, forse per effetto di qualche arcana maledizione, il progetto del resort non fu mai portato a termine: negli anni successivi fece spendere alla società fondata dall'attore e dal fratello molto più di quanto riuscisse a racimolare dagli investitori e il sogno del Dunbar Casinò Resort fu definitivamente abbandonato nel 2012, quando furono messi in vendita tutti i 600 acri costati milioni di dollari e l'amicizia dei Sioux.