Il romanzo capolavoro della regina del giallo, Assassinio sull'Orient Express, è stato protagonista suo malgrado di uno dei casi di censura più eclatanti della storia editoriale italiana tanto che, fino alla metà degli anni Ottanta, è circolato in una traduzione rimaneggiata e riadattata in modo tale da compromettere in più punti quanto scritto in originale da Agatha Christie.
Il libro, infatti, fu pubblicato durante la dittatura fascista e, come è successo a tante altre opere, subì numerose modifiche per avere il nulla osta ufficiale e tale rimase sino ad una trentina di anni fa, quando si decise di riproporlo in modo integrale. Un paradosso questo, come ben spiegato anche da Francesco Spurio in un suo articolo su Rivista Tradurre in cui si sofferma proprio sulle vicissitudini di Assassinio sull'Orient Express, facendo notare come queste traduzioni siano tutt'ora in circolazione soprattutto nel mercato dell'usato. Agatha Christie scrisse il romanzo nella stanza 411 del Pera Palas Hotel di Istanbul e fu pubblicato a puntate dal settimanale statunitense The Saturday Evening Post nell'estate del 1933 per poi uscire in volume l'anno successivo per la Collins Crime Club.
Assassinio sull'Orient Express e la vera storia dell'omicidio di Maria Farcasanu
In Italia i diritti furono acquistati dalla Mondadori che lo editò nel 1935 inizialmente con il titolo di Orient Express per poi denominarlo così come lo conosciamo attualmente. La traduzione fu affidata ad Alfredo Pitta il quale, per rispettare i dettami imposti all'epoca dal fascismo, fece un adattamento che andò ad intaccare in modo profondo l'originale. Prima di passare ai particolari è però necessaria una piccola premessa storica: il genere poliziesco, salvo qualche eccezione, si radicò in Italia a partire dal 1929 grazie proprio alla creazione della collana I libri Gialli da parte dell'Arnoldo Mondadori Editore. Il successo fu travolgente grazie al formato agevole, al colore della copertina che diventò iconico al punto da ridefinire un genere letterario e al prezzo decisamente contenuto perché aveva una distribuzione nelle edicole.
Si trattò, come racconta ancora Spurio, di una vera e propria rivoluzione. E il regime ci mise subito gli occhi addosso sia perché erano per la quasi totalità autori non italiani ma anglosassoni, francesi e americani, sia perché trattava di argomenti considerati scabrosi come gli omicidi e le indagini di cui già era vietato parlarne sui giornali, figuriamoci averli al centro della narrativa di più largo consumo. A questo aspetto se ne aggiunse uno più latamente culturale che vedeva la società inglese come sostanzialmente depravata e portatrice di una moralità bieca che avrebbe potuto corrompere i lettori più impressionabili. Da qui la necessità di edulcorare il più possibile le situazioni e, nei casi più gravi, arrivare a tagli o a vere e proprie riscritture. Non fu solo la Christie a subire tale trattamento, ma buona parte della letteratura noir e hardboilled di quel periodo che comprende firme del calibro di: Erle Stanley Gardner, Ellery Queen, Rex Stout, Dashiell Hammett e S.S. Van Dine.
Assassinio sull'Orient Express rappresenta forse il caso da manuale perché Pitta modificò in modo arbitrario molte situazioni. Il 'giallo' veniva infatti visto in Italia come un tipo di letteratura che doveva illustrare i crimini e soprattutto smascherarne l'autore, o gli autori, all'interno di un meccanismo in cui alla colpa era associato un giudizio etico. Perciò quanto non risultava utile alla pura indagine poliziesca veniva letteralmente espunto o condensato. Anche le descrizioni, se troppo lunghe, venivano eliminate, per non parlare delle parole straniere. In quel caso vigeva il divieto assoluto di mantenerle sia perché non conformi alla normalizzazione linguistica attuata sotto il Fascismo, sia perché erano considerate di intralcio al lettore, poco avvezzo nella conoscenza del francese o dell'inglese.
Pitta arrivò addirittura a cambiare la nazionalità a due personaggi che nell'originale erano palesemente di origine italiana: la vittima al centro dell'indagine di Hercule Poirot, ovvero Cassetti, viene trasformata in O'Hara, così come il commesso viaggiatore Antonio Foscarelli viene ribattezzato Manuel Pereira, diventando così brasiliano. Scelte simili sono legate al fatto che, essendo il 'giallo' un genere considerato diseducativo, non dovevano comparire assolutamente personaggi che avevano avuto a che fare con il nostro Paese, peggio ancora se implicati in crimini efferati come è proprio il caso di Cassetti, un mafioso autore di un atroce infanticidio che sarà il motivo scatenante che porterà al suo assassinio sul treno più famoso del mondo, lungo la tratta da Istanbul a Calais. Altre manomissioni furono invece dettate dalla necessità di mantenere il libro entro un certo numero di pagine per venderlo ad una cifra economica, unita ad un concetto di traduzione integrale che all'epoca era ancora piuttosto labile. Occorrerà aspettare il film omonimo di Sidney Lumet del 1974 per ripristinare, almeno al cinema, la vera vulgata di molti particolari del romanzo che sarà poi ritradotto in un adattamento conforme a quando scritto dalla Christie solo nel 1987 grazie al lavoro prezioso di Lidia Zazo che da allora è continuamente ristampato con successo sempre dalla Mondadori.