Stephen Graham racconta la sorprendente accoglienza internazionale di Adolescence, la serie Netflix scritta e interpretata da lui. Con tono intimo e toccante, riflette sul ruolo della sua famiglia durante le riprese, rivelando retroscena emotivi e scelte narrative.
Stephen Graham e l'autenticità di Adolescence
Stephen Graham è il tipo di attore che si commuove mentre ti fa ridere. Con quella spontaneità tutta britannica e la consapevolezza di chi ha imparato a non prendersi mai troppo sul serio. Un esempio? "Una volta dissi a mia moglie che avevo avuto una giornata dura sul set, dopo una scena molto emotiva. Lei mi rispose: 'Davvero? Io mi sono svegliata col cane che aveva cagato in salotto, ho bucato la gomma della macchina e i bambini sono tornati da scuola perché l'edificio era allagato. Ma dimmi ancora della tua giornata pesante'". Graham affronta così anche gli argomenti più cupi con disarmante umanità.

In Adolescence, miniserie Netflix girata interamente in piano sequenza, l'attore interpreta Eddie, un padre di famiglia travolto dall'arresto del figlio quattordicenne per omicidio. La serie, cupa e minimalista, racconta in quattro episodi le conseguenze intime e sociali di un gesto inspiegabile. Eppure, dietro quel dolore trattenuto c'è un universo emotivo reale: Graham confessa che nella scena dello spogliarello forzato del figlio, quando la camera resta fissa sul volto di Eddie per oltre trenta secondi, "visualizzavo mio figlio Alfie dietro quella tenda. Era sul set quel giorno. È stato lui a darmi la forza di attraversare tutto quel dolore."
Il momento più straziante, però, arriva nell'ultima scena dell'episodio finale, quando Eddie entra nella camera di Jamie e si lascia finalmente andare al pianto. "Appena ho aperto la porta, ho visto le foto dei miei veri figli attaccate all'armadio. Mia moglie e il regista le avevano messe lì di nascosto. Ho letto 'Ti vogliamo bene, papà'... ed è uscito tutto."
Pensata come "una piccola storia britannica", Adolescence ha invece superato ogni previsione, conquistando il primo posto nella Top 10 di Netflix in tutti e 93 i Paesi in cui è disponibile. "Non ci aspettavamo questo tipo di successo", ammette Graham. "Ma forse è proprio perché è stata fatta con verità, rispetto e tanto amore." A contribuire alla forza della serie è stato anche il rifiuto consapevole di usare stereotipi drammatici. "Non volevo che Jamie venisse da una famiglia disastrata, con una madre alcolista o un padre violento. Volevo che sembrasse una famiglia normale. Perché queste cose, purtroppo, possono accadere anche lì."
Tuttavia, il successo non è stato immune da fraintendimenti. Alcuni spettatori hanno collegato la storia a un fatto di cronaca reale legato a motivazioni razziali. Graham è netto: "Non era assolutamente una storia sulla razza. Era una storia universale. Questo ragazzo poteva essere il figlio del tuo vicino, del tuo amico, o tuo." Ed è proprio questo senso di realtà - crudele, vicina, inevitabile - a rendere la serie così potente. Quanto a una seconda stagione? Graham non esclude nulla, ma solo se si cambia completamente prospettiva: "Vorrei raccontare un'altra famiglia, un'altra dinamica. Ma con lo stesso sguardo. Abbiamo già visto tante volte l'altra parte. Io volevo solo scuotere un po' la scatola e vedere cos'altro ci fosse dentro."