Ci sono alcune porte che si chiudono che cambiano la traiettoria di un'intera carriera, e per Adam Scott una di queste porte l'ha chiusa Michael C. Hall. Nel podcast Good Hang di Amy Poehler, l'attore ha ripercorso uno dei momenti più critici della sua vita professionale.
Il dolore di un ruolo sfumato per Adam Scott
All'inizio degli anni Duemila, HBO preparava Six Feet Under, una delle serie più rivoluzionarie del decennio, destinata a ridefinire il linguaggio televisivo. Adam Scott arrivò vicinissimo alla parte di David Fisher, che poi sarebbe stata assegnata a Michael C. Hall. "È un bene che non l'abbia ottenuto, perché non sarebbe stato nemmeno lontanamente così buono se lo avessi interpretato io. Lui era perfetto e incredibile", ha confessato oggi l'attore, con una lucidità che all'epoca gli mancava.

Eppure, la delusione fu così devastante da farlo vacillare: "Quella volta pensai: potrei smettere di fare questo lavoro. Forse è arrivato il momento di leggere le foglie di tè, i segnali che l'universo mi stava mandando, e allontanarmi".
La ferita era resa più profonda dal contesto. Six Feet Under non era una serie qualunque: era la serie dei primi anni Duemila, un fenomeno che oscurava ogni altro titolo. Essere stato così vicino alla parte di un personaggio cardine e perderla significò per Scott un brusco risveglio.
La prova di recitazione accanto a Hall non fu solo un'audizione mancata, ma un crocevia emotivo, una sorta di rito di passaggio che lo mise di fronte alla possibilità concreta di abbandonare Hollywood.
Dal fallimento alla rinascita professionale
Eppure, anche dalle sconfitte nascono inaspettate occasioni. Scott, pur non ottenendo il ruolo principale, comparve comunque nella seconda stagione di Six Feet Under come fidanzato del fratello del giovane David Fisher. Un'esperienza che lui stesso ha definito "divertente" e che gli permise di osservare da vicino Michael C. Hall, da lui descritto come "adorabile". Una presenza, questa, che nel 2002 valse a Hall una nomination agli Emmy come miglior attore protagonista in una serie drammatica, confermando la bontà della scelta del casting.

Guardando indietro, Scott ammette che quella mancata opportunità fu anche un insegnamento: "È stato un colpo, è stato duro. Ma è importante avere esperienze del genere". Un messaggio che oggi risuona con una sfumatura quasi pedagogica, soprattutto se letto alla luce della sua successiva affermazione in serie come Parks and Recreation e soprattutto Severance, che gli ha regalato una consacrazione tardiva ma solida.
Quell'episodio, che poteva segnare la fine prematura di una carriera, si è trasformato in un capitolo fondativo, il passaggio necessario affinché Scott trovasse una propria voce, lontano dalle ombre di un ruolo che, come lui stesso ammette, non era ancora pronto a interpretare.