Antonin Baudry è un uomo che quando decide di fare una cosa la fa in grande: diplomatico francese per anni, ha sempre avuto la passione per la settima arte, avendo inserito nel suo corso di studi anche storia del cinema. Consigliere culturale dell'ambasciata di Francia negli Stati Uniti e consigliere del Ministero degli Interni, Baudry per anni ha accompagnato la carriera diplomatica a quella artistica, firmando sceneggiature con lo pseudonimo di Abel Lanzac. Nel 2011 ha scritto la graphic novel Quay d'Orsay, vincitrice di diversi riconoscimenti, tra cui anche l'italiano Premio Micheluzzi alla migliore opera straniera nel 2013. Per il suo primo film da regista Antonin Baudry non poteva quindi essere da meno: la scelta è ricaduta su Wolf Call - Minaccia in alto mare, successo eclatante in Francia, finalmente anche nelle sale italiane il 27 giugno, distribuito da Adler Entertainment.
Ambientata in gran parte all'interno di un sottomarino, la storia di Wolf Call - Minaccia in alto mare si concentra principalmente su Chanteraide (François Civil), giovane militare reclutato a bordo del Titanus per le sue incredibili doti di ascoltatore: soprannominato "orecchio d'oro", il suo ruolo è rimanere continuamente in ascolto, alla ricerca di suoni che possano aiutare l'equipaggio a capire se sta navigando in acque sicure o se lo aspetta una minaccia, naturale o nemica.
Anche sceneggiatore, Antonin Baudry per la sua opera d'esordio non si è posto limiti: assieme a molti dei più amati attori del panorama francese (nel cast figurano anche Omar Sy, Mathieu Kassovitz e Reda Kateb), il regista ha avuto a disposizione un grande dispendio di mezzi, riuscendo a realizzare un film spettacolare, che raramente viene realizzato in Europa. Abbiamo incontrato l'autore a Roma, durante il Festival Rendez-vous, e per prima cosa gli abbiamo chiesto proprio questo: quanto è importante per l'industria europea fare film grandi come il suo? "Penso sia molto importante. Ho fatto il mio film d'azione: questo genere non è esclusiva di Hollywood. Credo che dovremmo essere capaci di girarli anche noi, è del tutto naturale".
La video intervista ad Antonin Baudry su Wolf Call
Wolf Call: un'opera prima che lascia il segno
Senza fare spoiler, diciamo che fin dai primi minuti Wolf Call - Minaccia in alto mare mette subito in chiaro che non siamo di fronte al classico film francese: quanto è stato esaltante poter girare tutte queste scene d'azione? Per un'opera prima non è così scontato: "Credo che siamo tutti cresciuti guardando film di ogni paese: sono cresciuto con i film francesi, italiani, inglesi, americani, cinesi, di Hong Kong" ci ha detto Baudry, proseguendo "quindi quando ho voluto girare il mio film sono stato ispirato da tutti e non mi sono imposto dei limiti e quindi tutto è venuto molto naturale.Le scene di azione sono tecniche, ma non sono più difficili delle altre, la vera difficoltà del girare i film, quella principale e la più interessante, è la direzione degli attori, che è sempre la stessa. Poi c'è il lavoro tecnico e c'è l'idea di fare una scommessa, di girare dei film che non sono i soliti film: qui entra in gioco una produzione che sia in grado di seguirti in questa scommessa".
Il primo film francese mixato allo Skywalker Ranch
Oltre a un grande cast e alla bella fotografia di Pierre Cottereau, Wolf Call - Minaccia in alto mare può contare su un sound design veramente incredibile: per il sonoro anche qui il regista e sceneggiatore è andato dai migliori, allo Skywalker Ranch. E la mente va subito in galassie lontane lontane. Com'è camminare nello Skywalker Ranch? "È come essere in un monastero: è il monastero del suono. È tutta una valle costruita attorno al suono, un po' come un sottomarino è costruito attorno al suono, quindi è corrisposta perfettamente all'esperienza del film. È molto solitario, ma si incrociano delle persone che fanno i film di Francis Ford Coppola, David Lynch: è molto interessante, è un lavoro molto minuzioso. Per girare un film è necessaria un'enorme quantità di tracce sonore e il modo in cui le si usa nel mixer può dar luogo a film differenti. È un lavoro molto minuzioso, ma allo stesso tempo collegato all'intuizione e lì ci sono i migliori del mondo per quanto riguarda il suono, quindi è stato estremamente affascinante poterci lavorare. Credo sia stato il primo film francese ad essere mixato allo Skywalker Ranch".
Wolf Call: il suono al centro di tutto
A fronte di una componente visiva curatissima e spettacolare, è il sonoro il vero gioiello di Wolf Call: il regista ha fatto un lavoro magnifico, quasi sinestetico, in cui il suono è importante come, se non di più, della vista, suggerendo emozioni, ricordi, pericoli. Come mai l'autore ha deciso di mettere il suono al centro del suo film? "Quando nasciamo la prima esperienza che facciamo del mondo è il suono ed è la stessa esperienza in un sottomarino. Sono sempre stato affascinato dal suono perché contiene come una dimensione di mistero: è sempre possibile provare a spingersi più lontano quando si ascolta qualche traccia, se si approfondisce l'ascolto c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, per questo ho sempre voluto realizzare un film basato sul suono e sulla musica. Inoltre volevo realizzare un film dinamico, senza tempi morti, c'è sempre un'alternanza tra la musica, il suono e i dialoghi, in modo tale che quando ci si imbatte in un silenzio non è mai un silenzio morto, ma è come della musica. Ho sempre voluto farlo e quando ho scoperto il mondo dei sottomarini mi sono detto: ecco, è esattamente il nucleo del film che ho sempre sognato di girare".
Arte e disciplina: chi ci salverà?
In Wolf Call - Minaccia in alto mare c'è un interessante contrasto tra arte e disciplina: visto il passato da diplomatico di Baudry, è stata una scelta intenzionale? "In effetti è uno dei temi centrali del film: l'eroe è un militare molto giovane, reclutato per le sue capacità intuitive e di ascolto, non ricalca quindi esattamente il modello militare e la sua funzione, quella di orecchio d'oro, consiste nell'associare delle parole a dei suoni sconosciuti ed è esattamente la funzione di un poeta. È stato molto interessante ritrovare nel mondo militare questa dimensione della poesia, che è molto forte, effettiva, funzionale, perché è a lui che sono affidate le sorti dell'equipaggio. Questo fa porre una domanda più profonda, che riguarda il rapporto tra i sistemi, le macchine e le gerarchie e ciò che si può provare a livello di intuizione e coscienza personale. Chi, in un mondo minacciato come il nostro, sarà in grado di salvarci? I sistemi come le alleanze diplomatiche, la deterrenza nucleare, la politica o invece l'intuizione, la fiducia nelle persone, o anche un mix tra tutte queste cose? La domanda che mi hai fatto è davvero il centro del film".