Napoletano d'origine e di carriera, le prime esperienze su schermo di Lorenzo Lancellotti sono state in qualche modo legate alla città partenopea. A Napoli è tornato anche per Vivi e lascia vivere, la fiction Rai diretta da Pappi Corsicato che arriva al suo finale dopo sei settimane di messa in onda. Da questa esperienza è iniziata la nostra conversazione con l'attore, facendo un salto indietro al lavoro accanto a Toni Servillo per 5 è il numero perfetto e al servizio di Rupert Everett per The Happy Prince, senza trascurare le sue aspirazioni da doppiatore e uno sguardo al prossimo futuro e l'impegno nel progetto Pompei e i suoi miti firmato ancora una volta da Corsicato.
Vivi e lascia vivere, l'autorialità nella fiction
Partiamo da Vivi e lascia vivere. Quali sono stati secondo te i punti di forza di questa serie?
Ho fatto i complimenti a Pappi subito dopo aver visto le prime puntate, per la gestione del plot, degli intrecci, ma soprattutto per la gestione della fotografia nel creare un'atmosfera cupa ma dai colori vivaci, con la presenza del blu e dell'arancione. Ma mi ha stupito anche la scelta delle musiche, che accompagnano perfettamente i mood di ogni storyline e ogni vicenda dei personaggi di Vivi e lascia vivere. È un prodotto Rai innovativo per molti aspetti. Mi ha colpito molto anche la reazione dei social: capita troppo spesso di vedere reazioni negative ai baci omosessuali, ma questa volta sono stati apprezzati e credo sia un merito del regista che ha raccontato in modo delicato le emozioni dei personaggi.
Quanto pensi che sia importante per la serialità italiana che autori affermati e con personalità come Pappi Corsicato vi si dedichino?
È la prima volta che Pappi dirigeva una serie e ne abbiamo parlato insieme. Sono sempre stato meno legato alle serie, rispetto al cinema che è un mio amore, ma è un tipo di arte che ultimamente ha acquisito un pubblico sempre più ampio ed è arrivato il momento che anche l'Italia possa fare il salto di qualità nel settore. Anche il fatto che Netflix prenderà presto sede a Roma può essere importante e sintomo di un'accelerazione di questo processo, che può solo far piacere a tutti gli addetti ai lavori ma anche al pubblico del nostro paese.
Hai avuto modo di guardare le produzioni italiane di Netflix? Che ne pensi?
Ho visto la prima stagione di Baby e non mi è dispiaciuta, ma anche Suburra e Ultras di Lettieri. Mi è sembrato che le produzioni Netflix si distinguano perché sono sempre un po' cupe e dark e mi ha fatto un piacevole effetto vedere nostre città come Roma e Napoli dipinte con questo stile. Ora è in cantiere un progetto che mi incuriosisce molto, che si chiama Wolfsburg, per cui ho fatto il provino e ho molto aspettative per quel progetto.
Tornando a Vivi e lascia vivere, nella serie interpreti uno dei personaggi da giovane, nei flashback sul passato. Che ne pensi di come la serie usi l'espediente dei flashback per portare avanti e completare la storia?
L'uso di flashback e flashforward è un modo per giocare un po' col tempo. Quando crei una storia, ne sei il padrone e hai la possibilità e il dovere di giocarci un po'. Secondo me è un modo per svelare delle situazioni chiave senza per forza ricorrere alla didascalia o al racconto degli stessi personaggi, che può appesantire la narrazione. Pappi Corsicato ha osato molto da questo punto di vista, a un certo punto mi sembrava Rapina a mano armata di Kubrick per come andava avanti e indietro nel tempo tra Tenerife e Napoli. Stiamo parlando di un autore che di cinema ne sa molto, è uno di quei registi che ha le idee chiare e sa quello che fa.
Cosa ti porti dietro di questa esperienza?
Mi dispiace solo di aver avuto pochi giorni di riprese, perché mi sono divertito tantissimo sul set. Com Emma Quartullo che interpreta Laura da giovane c'è stato un confronto importante, ci siamo aiutati a vicenda e credo che sia venuto fuori qualcosa di bello, si vede che c'è stata sintonia e che ci siamo divertiti a girare insieme.
Sul set con Toni Servillo
Hai lavorato all'esordio di Igort, 5 è il numero perfetto, in cui hai potuto recitare accanto a Toni Servillo che era anche oggetto della tua tesi. Come è stato lavorare con lui?
La tesi l'ho fatta l'anno successivo alle riprese del film. Toni Servillo è uno dei miei attori preferiti, uno di quelli che ho sulle pareti della mia camera. È un attore fantastico! Se avessi raccontato al me stesso di qualche anno fa che avrei girato con lui, mi sarei considerato pazzo. Quando mi chiedono come è stato non posso che rispondere la verità: è stato un sogno che si realizza. È come chiedere a un calciatore come sia giocare insieme a Messi o altri fenomeni del calcio.
Che regista è Igort?
Ho visto che scopriva anche lui le chicche di un set, si vedeva che era un'esperienza che viveva per la prima volta e l'emozione che provava. Ma ho avuto le impressioni di un regista con le idee chiare e che riusciva a trasmetterlo subito, senza filtri, a noi attori e al comparto tecnico. Hanno fatto un lavoro di fotografie e montaggio straordinario per 5 è il numero perfetto. Anche spettatori non italiani mi hanno detto di aver provato un'emozione diversa da altri film ambientati a Napoli, ha inquietato in modo positivo, ha riportato le suggestioni del fumetto al cinema ed è uno sforzo artistico chiaro ed evidente. Non è giusto restare legati soltanto ad alcuni generi e non osare. Molti lo stanno capendo.
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Dalla prima esperienza internazionale al futuro
Eri anche nel cast di The Happy Prince di Rupert Everett, che ricordo hai di quell'esperienza?
Una situazione speciale! Ci siamo divertiti, ma hanno tagliato tantissimo. Alla prima a Napoli, lo stesso Rupert disse a tutti noi attori napoletani che era dispiaciuto di aver dovuto tagliare tanto delle scene che avevamo girato. Sono cose che capitano nel cinema. Sono comunque soddisfatto di quel lavoro, è stata la mia primissima esperienza su un set. Sono stato anche viziato, perché un set BBC è organizzatissimo, ci trattavano con i guanti, tra un ciak e l'altro ci portavano accappatoio e pantofole col nome sopra. Rupert Everett è stato un signore, ci ha fatto trovare nelle nostre camere una bottiglia di champagne importante, un biglietto di benvenuto, un trattamento da attore affermato.
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Hai avuto qualche esperienza teatrale in passato, è qualcosa che vorresti continuare a sperimentare?
Sono un appassionato di cinema e questo rimane, infatti il mio pallino è la regia. Ho iniziato a fare l'attore perché mi ero appassionato a quel mondo, ma mi è stato fatto notare che un bravo regista deve capire gli attori e mi ci sono dedicato, mi si è accesa una fiamma incredibile. La mia ambizione è comunque di tornare alla mia prima passione, alla regia. Mi dedicherei a quei film che vengono definiti d'autore, di quelli che non si riescono a inquadrare in un genere specifico e che riescono a emozionarti nel profondo.
Stavi lavorando a Pompei e i suoi miti di Pappi Corsicato quando è iniziata questa situazione. Ci parli di questo progetto?
Da quel che so la lavorazione è terminata e da quel poco che posso dirti è che si tratta di una visione personale di miti famosi ritrovati negli affreschi di Pompei. Un misto tra un documentario e una visione personale e innovativa di queste storie. Da quel poco che ho visto, con la mano di Pappi nelle riprese e nell'uso della musica per farci entrare nel mood, è qualcosa di fantastico. È un prodotto che spero possa appassionare sia quelli che conoscono e studiano questa materia, che tutto il pubblico che ama l'arte.
Fin qui c'è sempre stata Napoli nei tuoi lavori. Vuoi qualcosa di diverso per il futuro o sei contento di essere legato alla tua terra in questa prima fase della tua carriera?
Ti dico la verità, vivo un rapporto ambiguo con la mia città. Adoro Napoli, ma come tante altre persone vivo male la quotidianità partenopea. È difficile restare ancora ancorato alla realtà napoletana, mi piacerebbe poter tornare a Napoli da turista per poterla apprezzare molto di più. E anche per quanto riguarda la carriera, penso che un attore non debba restare mai legato a un ruolo o a un contesto, come può essere quello napoletano, e mi piacerebbe poter lavorare in tante realtà. Però va anche detto che Napoli è magica e si può rappresentare in tanti modi diversi, come si è visto in 5 è il numero perfetto.
Però fin qui sei riuscito a vivere tante Napoli diverse, hai fatto una panoramica interessante della città.
Questo è vero, ora manca il poterla guardare dall'esterno. Inoltre ultimamente mi sto appassionando al mondo del doppiaggio, che può essere un'altra strada interessante da seguire. Da piccolo, oltre alla recitazione, ero appassionato al gioco di ridoppiare i film che conoscevo a memoria come la trilogia di Spider-Man di Sam Raimi. Ora che ho vinto questo contest Una voce oltre il buio di Angelo Maggi ho potuto fare un piccolo ruolo in Guns Akimbo con Daniel Radcliffe.
Se potessi scegliere dei grandi attori a cui vorresti prestare la voce?
Mi piacerebbe tantissimo Timothée Chalamet, ma ormai è preso. Poi Spider-Man: prima di morire vorrei dare la voce a uno Spider-Man, tanto ne faranno finché esisterà l'uomo. E se rifaranno Harry Potter, mi piacerebbe, perché è una saga a cui sono particolarmente affezionato.