Vivere non è un gioco da ragazzi, regista e interpreti: “Questa fiction parla ai giovani e anche ai genitori"

Già disponibile su RaiPlay e in onda ogni lunedì in prima serata su Rai1, Vivere non è un gioco da ragazzi è la nuova fiction Rai che vuole sensibilizzare le famiglie sul tema delle droghe leggere da divertimento, come hanno raccontato durante la conferenza stampa regista, produttori e interpreti.

Vivere non è un gioco da ragazzi, regista e interpreti: “Questa fiction parla ai giovani e anche ai genitori'

È già arrivata con tutti gli episodi su RaiPlay, per il target giovane a cui si rivolge, ma allo stesso tempo va in onda anche ogni lunedì in prima serata su Rai1, per i genitori di quello stesso target, a cui la nuova fiction Rai è altrettanto rivolta. Stiamo parlando di Vivere non è un gioco da ragazzi, in sei puntate dirette da Rolando Ravello con protagonisti Stefano Fresi e Nicole Grimaudo e con la partecipazione di Claudio Bisio. A presentare la novità, prodotta da Rai Fiction col Capostruttura Leonardo Ferrara e Picomedia di Roberto Sessa, non solo i due genitori protagonisti ma anche il regista, lo sceneggiatore Fabio Bonifacci, gli interpreti Riccardo De Rinaldis Santorelli, Matilde Benedusi, Pietro De Nova, Alessia Cosmo, Tommaso Donadoni, Luca Geminiani, Fausto Maria Sciarappa, Stefano Pesce, Samuele Sbrighi, Lucia Mascino. Ma qual è la storia di Vivere non è un gioco da ragazzi? Lele, ragazzo di umili origini, vive a Bologna e frequenta il liceo classico con i figli dell'élite bolognese. Sarà, suo malgrado, coinvolto in una vicenda legata al consumo di stupefacenti che cambierà profondamente i suoi rapporti familiari e quelli con i suoi coetanei.

Questione di responsabilità

Claudio Bisiogiulia Bertini Dsc0620 Copia
Vivere non è un gioco da ragazzi: Claudio Bisio nella serie Rai

Come hanno raccontato regista, sceneggiatore e produttori: "Al centro di questa nuova fiction c'è il grande tema della responsabilità e del ruolo dei genitori, proprio da tv di servizio pubblico qual è la Rai. Il problema della droga contemporanea, che vuole parlare anche ai genitori, non solo ai giovani". Interviene Fabio Bonifacci: "Si tratta di un family drama con delle venature scolastiche che doveva essere un mio romanzo. È un progetto a cui lavoriamo da anni e a cui teniamo particolarmente per il tema trattato, l'uso di alcune sostanze stupefacenti moderne e non solo quelle di un tempo, come le pasticche. La sfida è stata sdoganarlo sulla rete ammiraglia Rai dopo che era già stato sdoganato su Rai2. Voleva essere un racconto realistico ma mai angoscioso". Aggiunge Rolando Ravello: "Per il cast abbiamo scelto volutamente attori che avessero la capacità di utilizzare un doppio registro tra dramma e commedia. I ragazzi vivono una situazione che abbiamo creato noi e prima ancora i nostri genitori, bisogna creare un dialogo, è cambiato il mondo e sono cambiate le droghe, sono diffusissime e molto più facili da recuperare, i genitori sono in preda al senso di colpa 24 ore su 24, i ragazzi sono soli".

Alessia Cosmo Riccardo De Rinaldisgiulia Bertini Dsc7985 Copia
Vivere non è un gioco da ragazzi: Alessia Cosmo e Riccardo De Rinaldi Santorelli in una scena della serie Rai

Continuano poi: "Si può fuggire da se stessi? La risposta è no ed è il tema centrale della serie, quello più visibile e forte, della droga percepita come elemento di svago e divertimento, non quella dei tossici, un argomento forse meno trattato. Ci ha ricordato l'essere scompigliati dal vento dell'adolescenza, essere come dei cavalli imbizzarriti nonostante si sia adolescenti. La storia fa cadere le maschere di molti protagonisti e va dentro al loro problema esistenziale, c'è un disagio corale che accomuna giovani adulti, l'adolescenza estremizza tutto come l'amore e l'amicizia, anche il disagio ha una potenza che poi con l'età viene domata". Dice Bonifacci: "Gli adolescenti di oggi sono diversi da quelli di 40 anni fa, ma hanno anche qualcosa di eterno, come scriveva Adriano" e chiudono "Il personaggio di Claudio Bisio, che si chiama come il compagno di banco dello sceneggiatore, è un commissario che meriterebbe un proprio spin-off".

Genitori...

Francesco Matrorilli Stefano Fresigiulia Bertini Dsc3378 Copia
Vivere non è un gioco da ragazzi: Francesco Matrorilli e Stefano Fresi in una scena della serie Rai

A quel punto la parola passa agli interpreti, a partire da Stefano Fresi, che è il papà di Lele: "L'intento della fiction è dipingere un arcobaleno di famiglie italiane senza voler insegnare niente a nessuno e senza voler essere retorici e cadere nei clichè. La famiglia è la cosa più importante che abbiamo nella vita da adulti. Se un tempo il mio desiderio e sogno più grande era fare l'attore, oggi è salvaguardare la mia famiglia" - continua - "Il mio personaggio ha la presunzione di avere la soluzione in mano, da maschio alpha, ma è totalmente incapace di gestire la situazione. Non gli sarebbe passato per l'anticamera del cervello che il figlio che ha cresciuto avesse a che fare con le droghe. Deve imparare a fare un passo indietro e a trovare un dialogo con la famiglia e coi figli, che finora hanno trovato in lui un muro, un giudizio, una punizione piuttosto che qualcuno disposto ad ascoltare. Si tratta di un racconto molto corale con tanti punti di vista sullo stesso argomento, una macchina che si muove tutta insieme; i caratteri e le situazioni sociali dei ragazzi sono diversi, creando una bellissima tavolozza di situazioni per affrontare la vita".

Nicole Grimaudogiulia Bertini Dsc0990 Copia
Vivere non è un gioco da ragazzi: Nicole Grimaudo in una scena della serie Rai

Tocca alla mamma Nicole Grimaudo dire la propria: "Non sono personaggi ma persone quelli di Vivere non è un gioco da ragazzi. L'argomento lo affronto quotidianamente con le altre mamme nella vita reale, del resto anche fare i genitori non è un gioco da ragazzi ma direi piuttosto un gioco d'azzardo. Il mio personaggio, seminando fin da subito un dialogo, ha cercato di avere un rapporto e di complicità coi figli, sapendo bene quanto siano in preda all'irrequietezza a quell'età: un giorno sei in cima al mondo e il giorno dopo crolli". Chiosa poi: "Oggi come genitori riceviamo un delirio di input e informazioni, non abbiamo come unico modello di ruolo la nostra famiglia. Ritrovare Rolando dopo Immaturi è stato bello, è un bravissimo attore oltre che regista e quindi riesce a dirigerci al meglio, in modo autentico, sincero ed immediato. Lavorare coi ragazzi è come tornare indietro ai propri inizi".

Luca Geminiani Tommaso Donadonigiulia Bertini Dsc5213 Copia
Vivere non è un gioco da ragazzi: una scena della serie Rai

La terza adulta in campo è Lucia Mascino, che interpreta Sonia dell'altro nucleo familiare protagonista: "È una donna progressista che però non ha detto la verità a sua figlia. È una donna di successo che non sa quello che succede alla figlia, quindi per me l'argomento principale della fiction è la verità. È stata una serie meravigliosa di cui far parte, avevo accettato dopo aver letto le prime puntate in cui il mio personaggio compare poco, perché c'è poca retorica e non si giudicano le questioni da fuori ma si entra subito da dentro nella narrazione. Sarà stata anche l'ambientazione bolognese, il lavorare con Rolando, ma mi sono divertita davvero per tutto il tempo".

... e figli

Matilde Benedusigiulia Bertini Dsc2749 Copia
Vivere non è un gioco da ragazzi: una scena della serie Rai

Chiudono il discorso i due giovani protagonisti, partendo da Lele, alias Riccardo De Rinaldis Santorelli: "Lui è un ragazzo fortunato perché ha una famiglia che lo ama, è un bravo ragazzo studioso e con buoni voti, gioca a calcetto, ha tante passioni, è anche un romantico che crede nell'amore a prima vista, si innamora di Serena, ma a un certo punto prende delle decisioni sbagliate senza pensare alle conseguenze. Il suo errore più grande è non aprirsi subito con i genitori e con gli altri, perché non ha il coraggio di farlo, ha paura di finire in carcere per tutta la vita. Gli darei il consiglio di pensare diecimila volte prima di agire, prova a parlare con chi ti sta accanto". Gli fa eco l'interprete di Serena, Matilde Benedusi: "Una ragazza apparentemente perfetta ma che in realtà cova dentro un male oscuro. La serie è la dimostrazione che quando c'è comunicazione le cose possono risolversi a dispetto del nascondere la verità, che anche per me è l'argomento centrale della fiction".