La gestione mulleriana della Mostra del Cinema di Venezia resterà negli annali della storia del cinema per il coraggio e l'estro dimostrati nella scelta degli autori onorati col prestigioso Leone d'Oro alla carriera. E' toccato a registi dal tocco personalissimo capaci di influenzare una nuova generazione di cineasti e di far sognare il pubblico come David Lynch, Tim Burton e Hayao Miyazaki. Visionari, eccentrici, anticonformisti, fabbricatori di sogni, talvolta anche di incubi, di celluloide. Il precedente di Miyazaki, in particolare, che coniuga le due passioni proibite del direttore Marco Muller - l'Estremo Oriente e l'animazione - ha aperto la strada al Leone d'Oro alla Carriera di quest'anno, il mago dell'animazione John Lasseter, che sbarca al Lido in buona compagnia per catturare il suo leone e portarselo al sicuro negli studi della Disney/Pixar. Con lui ci sono i collaboratori Brad Bird, Pete Docter, Lee Unkrich e Andrew Stanton, pronti a coadiuvare il loro capo nel ritiro di un leone collettivo tributato all'incredibile lavoro svolto negli ultimi dallo studio che ha sfornato capolavori come l'atteso Up, Toy Story, Alla ricerca di Nemo, Cars - Motori ruggenti e Gli Incredibili. Per consegnare il premio a Lasseter è sbarcato al Lido nientemeno che il guru della fantascienza George Lucas e si attendono bagni di folla vista la schera di fan del mitico regista. L'evento sarà, inoltre, accompagnato dalla proiezione speciale di Toy Story e Toy Story 2 in una specialissima versione 3 D.
Il concorso ufficiale ospita oggi uno dei film più interessanti visti fin'ora, il nuovo documentario di Michael Moore Capitalism: A Love Story. Difficile bissare il successo ottenuto a Cannes nel 2004 da Farenheit 9/11, ma la quantità di pubblico e stampa che è apparsa oggi sul lido per assistere alla nuova opera del sarcastico regista dimostra l'attenzione verso certe tematiche che interessano non sono gli Stati Uniti, ma tutti noi. Un reportage sulla crisi economica mondiale dall'incipit divertentissimo, ma dal contenuto tragico il cui focus è incentrato sul crollo di Wall Street e sulla dissennata politica delle corporation e del sistema bancario che hanno speculato in tutti i modi possibili sui cittadini causandone l'impoverimento progressivo. Conseguenza più immediata: gli espropri delle case e delle proprietà documentati impietosamente da Moore. That's America. Presto toccherà anche a noi?Leggi la recensione di Capitalism e l'intervista a Michael Moore.
Pellicola politicamente impegnata anche per la regista francese Claire Denis che, dopo il delicato quadro familiare 35 Rhums, si confronta con il dramma della guerra civile in Camerun nel lucido White Material. Uno dei tanti bagni di sangue fratricida che infiammano l'Africa viene filtrato attraverso il punto di vista di una famiglia francese, capitanata dalla straordinaria Isabelle Huppert, che vive da anni in Africa e gestisce una piantagione di caffé, costretta ad assistere impotente al precipitare degli eventi. Il film, girato in Camerun nel 2006 (paese che la Denis ben conosce per avervi trascorso l'infanzia), vede il gradito ritorno dell'ex icona sexy del cinema francese Christopher Lambert, attore che con qualche ruga in più ha guadagnato in espressività senza nulla perdere in fascino. Esordio di un film italiano alla settimana della critica. Tocca oggi a Good Morning Aman di Claudio Noce, dramma dell'immigrazione incentrato sulla strana amicizia tra un giovane immigrato somalo cresciuto a Roma e un ex pugile quarantenne che nasconde un passato oscuro. Valerio Mastandrea, da quando ha abbandonato i ruoli da giovane scapestrato per affrontare personaggi che richiedono maggior spessore drammatico, dimostra una crescita costante come attore e ci fa sempre piacere poter segnalare film italiani che dimostrino quanto il nostro cinema non è poi così in crisi, almeno non più di molte altre cinematografie. Lo stesso discorso, purtroppo, non può essere applicato al melò post-dannunziano Io sono l'amore diretto da Luca Guadagnino. Nostante il dispiego di forze messe in campo e un cast che comprende interpreti del calibro di Tilda Swinton, Marisa Berenson, Alba Rohrwacher, Pippo Delbono e Gabriele Ferzetti la pellicola non decolla. Quando gli viene chiesto se la vicenda narrata sia in qualche modo ispirata alla storia della dinastia Agnelli, Guadagnino nega sottolineando come l'unico punto di contatto con la famiglia Agnelli sia la scelta del costumista di metter in risalto il bel collo della Swinton, accostandola all'icona di eleganza Marella Agnelli, ma il languido dramma della sensualità che si consuma nella famiglia di industriali milanesi presenta al suo interno problemi di misura nella sceneggiatura e nella recitazione tali che probabilmente un maggior contatto con la realtà gli avrebbe indubbiamente giovato. Le sezioni collaterali del festival di Venezia riservano sorprese di ogni genere perciò è d'obbligo segnalare in Orizzonti il curiosissimo Pepperminta della videoartista svizzera Pipilotti Rist. Pepperminta, protagonista femminile androgina di una saga di videoinstallazioni, adora le fragole e vaga tutto il giorno in un mondo coloratissimo leccando tutti gli oggetti che trova sul suo cammino. Una Amelie Poulain sotto acidi immersa in un universo di Teletubbies psicopatici. Consigliato solo agli appassionati del genere. Infine le giornate degli autori ci regalano una piccola perla, l'horror francese La Horde, diretto dagli esordienti Yannick Dahan e Benjamin Rocher. Il primo horror transalpino dedicato ai morti viventi pone un ulteriore tassello nell'evoluzione degli zombie facendoli emergere dalla palude delle banlieues parigine dove non esiste etica né morale, dove gli agenti di polizia si fanno giustizia da soli al pari di volgari criminali e dove ogni alleanza viene tradita dall'opportunità del momento. Intenso, truculento, appassionato e divertentissimo, La Horde è una pellicola ad alto tasso adrenalinico sconsigliata alle anime più sensibili che, ci auguriamo, arrivi presto in Italia con un'adeguata distribuzione.